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MARIA
NEI DOCUMENTI DEL VATICANO II
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Il Concilio Vaticano II, aperto solennemente l’11 ottobre 1962 da Giovanni XXIII, continuato dopo la sua morte sotto la guida di Paolo VI, si conclude l’8 dicembre 1965. È stato un concilio pastorale e di aggiornamento, così come l’aveva voluto e pensato papa Giovanni. Nel celebre discorso di apertura, Gaudet Mater Ecclesia, il pontefice indica come fine principale dei lavori dei Padri conciliari la difesa e la diffusione della dottrina cristiana: che questa «sia approfondita ed esposta secondo quanto è richiesto dai nostri tempi», che «il sacro deposito sia custodito e insegnato in forma più efficace». In quest’opera di rinnovamento generale c’è anche un ripensamento sulla figura della Vergine Maria e del culto a Lei dovuto. Fin dall’inizio l’assemblea conciliare si pone il problema se trattare il tema mariano in modo autonomo, oppure inserirlo nel mistero di Cristo e del suo Corpo mistico a cui la Vergine Madre è unita in modo indissolubile. I Padri scelgono la seconda opzione e dedicano a Maria l’ultimo capitolo della Lumen Gentium a coronamento dell’insegnamento sulla Chiesa. Quest’ampia trattazione è di fondamentale importanza perché – come afferma Paolo VI nel Discorso del 21 novembre 1964, quando promulga la LG e proclama Maria Madre della Chiesa – «la conoscenza della vera dottrina cattolica su Maria costituirà sempre una chiave per l’esatta comprensione del mistero di Cristo e della Chiesa». Nel Concilio di Efeso (431), per presentare in modo completo il mistero di Cristo, vero Dio e vero uomo, i Padri proclamano la Vergine Madre di Dio, «titolo che prima di parlare di Maria parla di Colui che ella ha generato» (Corrado Maggioni). Nel Vaticano II, i Padri conciliari scelgono di parlare di Maria nella Costituzione che presenta il mistero della Chiesa. Ella non solo «cooperò con la carità alla nascita dei fedeli » (sant’Agostino) ma «è anche riconosciuta quale sovreminente e del tutto singolare membro della Chiesa, figura ed eccellentissimo modello per essa nella fede e nella carità» (LG 53). Maria nel Sacrosanctum Concilium Quasi tutti i documenti del Vaticano II, tredici su sedici, parlano della Beata Vergine Maria a partire dalla Costituzione sulla liturgia Sacrosanctum Concilium. |
Questo è il primo testo approvato dai Padri, con un’ampia maggioranza, e promulgato da papa Paolo VI il 4 dicembre 1963. Esso richiama i principi per la promozione e la riforma della liturgia (cfr. SC 3) dato il ruolo che riveste in quanto « è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia » (n. 10). Maria nella Lumen Gentium Il capitolo ottavo della Lumen Gentium espone, anche se non in modo esauriente, la funzione e il ruolo della Beata Vergine nel mistero del Verbo incarnato e della Chiesa e il culto a Lei dovuto (cfr. LG 54). Il numero 52, che fa da introduzione, presenta tre citazioni: la prima è tratta dalla Sacra Scrittura, Gal 2,4-5, la seconda dal Credo (Simbolo Costantinopolitano) e la terza Preghiera Eucaristica del Messale Romano. C’è uno schema teologico. Anzitutto cita la Parola di Dio, ciò che il Signore ci ha rivelato, poi il Credo che è la sintesi della nostra fede, e infine la Celebrazione Eucaristica, il vertice della preghiera della Chiesa. Tutte e tre le testimonianze riguardano la Madre di Dio. «Da questo dogma della divina maternità, come dal getto di un’arcana sorgente, proviene a Maria una grazia singolare: la sua dignità che è la più grande dopo Dio. Anzi come scrive egregiamente san Tommaso D’Aquino: “La Beata Vergine, per il fatto che è Madre di Dio, ha una dignità in certo qual modo infinita, per l’infinito bene che è Dio”» (Pio XI, Lux Veritatis). Per questo dobbiamo venerare con speciale amore «colei che nella Chiesa santa occupa, dopo Cristo, il posto più alto e il più vicino a noi» (LG 54). Maria Angela S. |