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SAN GIOVANNI DAMASCENO
E LA VERGINE MARIA

 

San Giovanni – monaco, sacerdote e teologo bizantino – è considerato l’ultimo dei Padri orientali. Nasce a Damasco in Siria (da cui Damasceno) nel 676 circa da una ricca famiglia cristiana di origine araba. Da giovane ha un ruolo eminente nell’amministrazione del califfato come responsabile economico del regno. Ricordiamo che a quel tempo, i primi anni dell’8° secolo, il dominio musulmano si era esteso dalla Penisola Arabica a tutto il Medio Oriente, all’Africa Settentrionale e alla Spagna.
Giovanni, data la sua posizione, diventa così un testimone oculare del passaggio dalla cultura cristiana greca siriaca a quella dell’Islam (cfr. Benedetto XVI, Udienza Generale, 6 maggio 2009). L’incontro con il monaco siciliano Cosmo, portato come schiavo a Damasco, e l’insoddisfazione per la vita di corte lo portano a maturare una scelta monastica, entrando nella laura di San Saba, un monastero vicino a Gerusalemme. Qui si dedica all’ascesi, allo studio biblico-teologico, alla produzione letteraria ma anche ad attività pastorali come testimoniano numerose Omelie e l’incarico di predicatore titolare nella Basilica del Santo Sepolcro. Muore a San Saba nel 749 circa ed è proclamato Dottore della Chiesa universale da papa Leone XIII nel 1890.

Difensore del culto delle icone

Il Damasceno è ricordato soprattutto per il ruolo che ebbe nella lotta contro l’iconoclastia, cioè il divieto dell’uso e del culto delle immagini sacre. Questo movimento,

provocato dall’imperatore bizantino Leone III Isaurico, su istigazione di alcuni vescovi, suscitò per più di un secolo violenti lotte e divisioni nella Chiesa e nell’Impero. Nell’Antico Testamento c’è il divieto assoluto di utilizzare immagini nel culto e questa tradizione ebraica viene accolta anche nel mondo islamico e in alcuni movimenti della Riforma protestante. San Giovanni, distinguendo tra adorazione, rivolta soltanto a Dio, e venerazione, sostiene la legittimità del culto delle immagini e anche della venerazione dei santi e delle reliquie fondando la sua dottrina nel mistero dell’Incarnazione. Se «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14), la materia assume una grandissima dignità, è come divinizzata, divenendo segno e sacramento dell’incontro dell’uomo con Dio.
Egli così argomenta: «In altri tempi Dio non era mai stato rappresentato in immagine, essendo incorporeo e senza volto. Ma poiché ora Dio è stato visto nella carne ed è vissuto tra gli uomini, io rappresento ciò che è visibile in Dio. Io non venero la materia, ma il creatore della materia, che si è fatto materia per me e si è degnato abitare nella materia e operare la mia salvezza attraverso la materia. Io non cesserò perciò di venerare la materia attraverso la quale mi è giunta la salvezza…. Ma io venero e rispetto anche tutto il resto della materia che mi ha procurato la salvezza, in quanto piena di energie e di grazie sante. Non è forse materia il legno della croce tre volte beata?… E l’inchiostro e il libro santissimo dei Vangeli non sono materia? L’altare salvifico che ci dispensa il pane di vita non è materia? … E, prima di ogni altra cosa, non sono materia la carne e il sangue del mio Signore?».
Nella sua visione, il Damasceno esalta la bellezza e la bontà della creazione e ci invita «a lasciarci riempire di stupore da tutte le opere della Provvidenza». Ma, a causa della nostra colpa, era necessario che la natura umana fosse «rinforzata e rinnovata» dal Figlio di Dio disceso nella carne: «Apparve così all’orizzonte della storia il grande mare dell’amore di Dio per l’uomo».

La Vergine Tricherusa

La “Tricherusa”, cioè la Vergine dalle tre mani, è un’icona orientale molto diffusa che è legata ad un episodio della vita del santo. Secondo la tradizione, l’imperatore bizantino Leone III per eliminare il Damasceno, suo maggiore avversario, lo accusa ingiustamente di tradimento presso il califfo presentando una falsa lettera. Data l’autorevolezza della segnalazione e la gravità della denuncia, il califfo gli fa amputare la mano destra. La notte seguente, Giovanni prega la Vergine davanti ad una sua immagine, presentandole la sua mano tagliata e promettendole di continuare nella sua opera in difesa della venerazione delle icone. L’immagine prende vita, si anima e la mano tagliata si riattacca al braccio. Per riconoscenza, il santo offre una mano d’argento e l’attacca all’icona che viene così chiamata Tricherusa, la Madre di Dio delle tre mani.

Devoto e teologo di Maria

La grande devozione del santo è sostenuta da una profonda teologia mariana espressa in alcune Omelie e nella sua opera fondamentale, il trattato Sulla fede ortodossa. Questo libro costituisce la terza parte della Fonte della conoscenza, un’opera monumentale paragonata alla Summa di san Tommaso d’Aquino. Per la sua produzione letteraria davvero notevole – ricordiamo anche gli splendidi Inni liturgici – il Damasceno è soprannominato il san Tommaso d’Oriente.
Le omelie dedicate alla Vergine sono quattro: la prima sulla Natività di Maria e tre sulla sua Dormizione, pronunciate tutte durante la veglia notturna della festa del 15 agosto di un anno sconosciuto.
San Giovanni non parla direttamente dell’Immacolata Concezione ma sostiene la preservazione della Vergine dal peccato originale e da ogni altro peccato. Egli usa espressioni piene di entusiasmo e di gioia, con splendide immagini, per celebrare «le meraviglie che sono state compiute in rapporto a questa santa madre di Dio».
Nella nascita di Maria da una madre sterile «la natura è stata sconfitta dalla grazia e si è arresa tremante». La Vergine è «il tesoro della vita, l’abisso di grazia» ed «è al di sopra di tutte le creature e domina su tutte le opere divine». La Sua purezza è continuamente attestata dal Damasceno. Nella 1ª omelia si rivolge a Lei con queste parole: «cuore puro e immacolato, che vede e brama Dio l’immacolato». Nella 2ª sulla Dormizione afferma: «Oggi la Vergine immacolata che non ha assecondato passioni terrene ma ha nutrito pensieri celesti non ha fatto ritorno alla terra». Il santo ritiene che la Madre di Dio, dopo una morte serena, è stata assunta in cielo in anima e corpo: l’anima subito, il corpo dopo tre giorni come è avvenuto per suo Figlio. Dal cielo Maria continua la sua funzione di tramite tra Dio e l’umanità. «In lei Dio si è fatto uomo e l’uomo Dio» per cui la Vergine è diventata per noi mediatrice e dispensatrice universale di tutti i beni. Con un paragone audace il Damasceno afferma: «la potenza di Dio non è limitata spazialmente così come (non vi si limitano) neanche i benefici della Madre di Dio». Tra le numerose immagini bibliche che il santo applica a Maria la più frequente è la scala di Giacobbe che univa il cielo alla terra e su cui «gli angeli di Dio salivano e scendevano» (Gen 28,12). Lei è, per volontà di Dio, il canale della grazia e tutti i doni che Dio concede agli uomini passano attraverso di Lei.
Dopo il titolo “Madre di Dio”, san Giovanni si rivolge frequentemente alla Vergine chiamandola Sovrana, Regina-Madre del Re o Signora, tre termini equivalenti. Ella «quando è diventata madre del Creatore, è diventata veramente la sovrana di tutte le creature». Già Origene, cinque secoli prima, commentando l’episodio della Visitazione fa dire ad Elisabetta: «Sono io che avrei dovuto venire a te, perché sei benedetta al di sopra di tutte le donne, tu la madre del mio Signore, tu mia Signora». Maria Regina del cielo e della terra ha un affetto materno per tutti i suoi figli. Seduta alla destra di Cristo, Ella ottiene tutto ciò che chiede con la sua intercessione, come afferma un santo contemporaneo del Damasceno, san Germano vescovo di Costantinopoli. Rivolto alla Vergine così si esprime: Cristo ha voluto «avere, per così dire, la prossimità delle tue labbra e del tuo cuore; così egli acconsente a tutti i desideri che gli esprimi, quando soffri per i tuoi figli, ed egli esegue, con la sua potenza divina, tutto quello che gli chiedi». Concludiamo pregando la Vergine con le parole di san Giovanni damasceno.
Ti saluto, o Maria, Speranza dei cristiani!

Accogli la supplica di un peccatore
che ti ama teneramente,
ti onora particolarmente e ripone in te
tutta la speranza della sua salvezza.
Per merito tuo ho la vita.
Tu mi riconduci nella grazia di tuo Figlio
e sei il pegno certo della mia salvezza.
Ti supplico, dunque,
di liberarmi dal peso dei miei peccati,
distruggi le tenebre della mia mente,
scaccia i legami terreni dal mio cuore,
reprimi le tentazioni dei miei nemici
e guida la mia vita,
così che possa giungere
per tuo mezzo e sotto la tua guida,
all’eterna felicità del Paradiso.

Maria Angela S.