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DALLE FINESTRE
DELLA MIA SPERANZA

 

Se nei Vangeli la parola greca “elpis/ speranza” è praticamente sconosciuta, negli altri scritti neotestamentari essa ha una ricorrenza sbalorditiva: il termine compare 53 volte, 40 delle quali nell’epistolario Paolino. La conta si allarga se facciamo riferimento anche al corrispondente verbo “sperare”: 31 sono le ricorrenze neotestamentarie, 20 delle quali nell’opera di Paolo.
Che cosa è successo improvvisamente a questo termine per diventare non solo così importante, ma forse anche così decisivo per comprendere la nuova vita a cui sono chiamati i cristiani? Guglielmo Cazzulani, docente di Teologia Spirituale presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, nel suo libro “dalle finestre della mia speranza” (Editrice Ancora), intreccia questa virtù teologale con la sua esperienza personale. Il libro è nato innanzitutto come un omaggio a don Olivo, per oltre trent’anni suo padre spirituale. Don Olivo, con una forte vocazione alla missione, ha dovuto invece fare i conti con una malattia sempre più invalidante che l’ha costretto per anni su una sedia a rotelle. Ma in lui non si è mai spenta la passione per Cristo, la disponibilità del pastore di anime. L’autore inizia il suo lungo viaggio riguardo il termine “speranza”, partendo dalla mitologia greca, sottolineando l’invidia degli dei nei confronti degli uomini e delle loro capacità di progredire. Proseguendo poi, nelle diverse culture antiche, citando scritti di autori cattolici come Sant’Agostino, citando brani della Letteratura Antica. Lo stesso apostolo Pietro ricorda di: “essere sempre pronti a render conto della speranza che è in voi...” (1Pt 3,15). Come credenti non possiamo che agire, pensare, ragionare, amare se non mossi dalla speranza. Cioè dall’intimo convincimento che Gesù è Risorto, e che le sconfitte della vita, perfino la morte che ci è così ostile, nulla possono contro la resurrezione di Gesù. Io spero... e dalle finestre della mia speranza, guardo il mondo.

Rosaria G.