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IL PROFETA GIOELE

 

Della persona e della vita del profeta Gioele abbiamo poche informazioni. Il nome Gioele significa “Il Signore è Dio” oppure “Dio è Dio”: è una professione di fede che costituisce un tutt’uno con la sua profezia. I versetti posti verso la conclusione del libro, confessano, infatti, che Dio è rifugio e fortezza nelle calamità perché «io sono il Signore, vostro Dio» (cfr. Gl 4,16-17). La lettura dei quattro capitoli, che compongono questo libro, mostra inoltre, che le due parti si richiamano reciprocamente nel confessare che il Signore è Dio. Alla prima parte dove si afferma:

«Allora voi riconoscerete che io sono in mezzo a Israele, e che io sono il Signore, vostro Dio» (2,27), corrisponde la seconda parte che dice: «Allora voi saprete che io sono il Signore, vostro Dio che abito in Sion» (4,17).
Gioele svolse la sua missione in un’epoca successiva all’esilio. È il momento in cui la comunità postesilica fatica a ricostruire sé stessa e a ritrovare la propria identità intorno ad un Tempio che, sebbene ricostruito, non ha lo splendore di quello salomonico. Molti indizi lo collocano nella prima metà del secolo IV a.C.
Il capitolo quarto (Gl 4,1-3) allude alla distruzione di Gerusalemme e alla dispersione del popolo ma, di fatto, nel libro questo periodo appare distante perché si parla del Tempio in attività (Gl 1,9.14.16) e delle mura di Gerusalemme che furono costruite nel 445 a.C. Il libro dopo la presentazione del profeta: «Parola del Signore, rivolta a Gioele, figlio di Petuèl» (1,3) presenta una storia da ricordare. Sembrerebbe alludere all’invasione delle cavallette, che richiama Esodo 10.
L’allusione alle cavallette potrebbe, tuttavia, rappresentare una delle tragedie che popolano la storia e scuotono coloro che la vivono, sollecitandoli a orientare la vita personale e comunitaria attorno alla

visita di Dio o “giorno del Signore”, che giunge inattesa. Ricordando questa particolare “visita”, il popolo si rende conto che “Dio è il Signore che libera dalle sciagure”. Nel libro di Gioele si riscontrano temi, immagini, parole chiave, frasi dei profeti che lo hanno preceduto ma inserite in un nuovo contesto. Ad esempio vi sono brani del di Sofonia 1,14-18, Geremia 4-5 e Isaia 13 e di Amos per quanto riguarda il “giorno del Signore”. Questa rilettura è un esempio biblico di interpretazione, nella storia concreta della Parola, con la Parola.

La struttura del libro

Si evidenziano due parti: la prima contiene i capitoli 1,1-2,17; la seconda i capitoli 2,18-4,21. In entrambe le parti emerge il tema del “giorno del Signore” che è sempre collegato con una teofania nella quale Dio manifesta il suo dominio sulla storia e giudica tutti i popoli. Egli si rende presente per punire se la teofania è provocata dalla sua ira verso il male, oppure per benedire se è suscitata dalla sua misericordia.
Il “giorno del Signore”, nella prima parte, rappresentato dall’invasione delle cavallette, è un castigo per Giuda (Gl 1,15; 2,1; 2,15) e per le nazioni. Il castigo risiede nel peccato che offusca e deturpa la bellezza della natura e causa sofferenze indicibili sia alle persone che alle bestie dei campi. Questa sofferenza globale è poeticamente descritta in Gl 1,19-20, versetto che san Paolo richiama nella Lettera ai Romani (8,22).
Il profeta invita il popolo alla conversione e ad affidarsi a Dio la cui bontà lo porta “a ravvedersi” circa il castigo che dovrebbe infliggere: «Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male» (Gl 2,12-13).
Questi versetti vengono proclamati nella prima lettura della liturgia della Parola del Mercoledì delle Ceneri, che ci introduce nel cammino quaresimale (Gl 2,12-18). Nella seconda parte, il “giorno del Signore” riguarda il tempo di salvezza nel quale il Signore donerà lo spirito di profezia (Gl 3,1-5), grazie al quale il popolo vincerà l’idolatria che lo allontana da Lui.

Il dono dello Spirito a tutti

Questo terzo capitolo, benché formato da soli 5 versetti, apre una prospettiva neotestamentaria importante. Sviluppa la promessa: «Voi riconoscerete che io sono in mezzo a Israele, e che io sono il Signore, vostro Dio, e non ce ne sono altri: mai più vergogna per il mio popolo» (Gl 2,27). L’oracolo contenuto in Gioele 3,1-5 presenta tre momenti: l’effusione dello Spirito (3,1-2); i segni cosmici (3,3-4); il dono della salvezza (3,5). Importante l’inizio: «dopo questo» (3,1), dopo, cioè, che il popolo si sarà convertito e avrà riconosciuto la presenza di Dio in mezzo a loro, allora, Egli potrà operare prodigi straordinari che culminano nell’effusione dello Spirito.
Come un nuovo soffio vitale, lo Spirito sarà effuso su tutto il popolo. Comprenderà sia le generazioni (padri e figli) che gli strati sociali (anziani, i figli e le figlie, schiavi e schiave), realizzando una trasformazione radicale. Tutti diventeranno profeti.
Il sottofondo biblico sembra richiamare le cavallette e le tenebre descritte in Esodo (10,1-19.21-23), ma il profeta indica una nuova interpretazione. Il termine “spirito” che significa anche “vento”, richiama appunto il vento che accompagnava l’invasione delle cavallette (Es 10,13). Gioele interpreta questo “vento” come carisma profetico effuso, senza misura, su ogni persona e su tutti gli adoratori di Dio. Il desiderio dello Spirito del Signore che rende profeti i figli del popolo è testimoniato in molti testi dell’AT (Nm 11,29; Is 32,15; Ez 39,29; Gdc 11,29; 1Sam 10,10; Ez 37).
Lo Spirito è, inoltre, presentato come acqua che si riversa abbondante (Gl 2,22-23), come messaggio di Dio che si manifesta ai vecchi mediante “sogni” e ai giovani con “visioni”. Sogni e visioni indicano la conoscenza profetica, che fa vedere la realtà dal punto di vista di Dio: «Se ci sarà tra voi un profeta, io, il Signore in visione a lui mi rivelerò, in sogno parlerò a lui» (Nm 12,6). L’irruzione dello Spirito è accompagnata da altri segni cosmici: «Farò prodigi nel cielo e sulla terra, sangue e fuoco e colonne di fumo. Il sole si cambierà in tenebre e la luna in sangue, prima che venga il giorno del Signore, grande e terribile» (Gl 3,3-4).
L’interpretazione di questi segni si presta a varie letture. Se il profeta si riferisce ai prodigi legati alle piaghe d’Egitto, li interpreta come segni del giorno salvifico del Signore che porterà salvezza a tutti coloro che invocheranno il suo nome. Fuoco, tenebre e fumo accompagnano pure la teofania del Signore sul monte Sinai (Es 19,18; Dt 5,22). Il “giorno del Signore” sarà, dunque, il momento nel quale Dio interverrà nella storia umana, attuando la salvezza per gli eletti: «Chiunque invocherà il nome del Signore, sarà salvato, poiché sul monte Sion e in Gerusalemme vi sarà la salvezza, come ha detto il Signore, anche per i superstiti che il Signore avrà chiamato» (Gl 3,5).
Concludendo: Gioele, attualizzando un linguaggio del passato, descrive la salvezza che Dio realizza nel suo oggi, come se si trattasse di un nuovo esodo da una situazione di male.
Ciò che deve essere raccontata di “generazione in generazione” (1,3) è, quindi, la straordinaria salvezza che Dio opererà attraverso il suo perdono e il dono dello Spirito, la cui promessa è collegata al “giorno del Signore”. Per capire questa presenza di Dio, occorre il carisma profetico che fa vedere e leggere i segni che Dio compie nella storia per il bene del suo popolo.

Il libro di Gioele nella considerazione cristiana

I primi cristiani, in Gioele 3,1-5, hanno riconosciuto una profezia del tempo messianico di Gesù che si compie con il dono dello Spirito, nel giorno di Pentecoste. Pietro, infatti, in quel giorno (At 2,14-41) cita Giole 3,1-5 quasi interamente, dichiarando che tale profezia si è realizzata sotto i loro occhi. La morte e risurrezione di Gesù ha inaugurato un tempo e una realtà completamente nuova. Questa novità si percepisce grazie al dono dello Spirito che ne fa capire il senso e lo collega alle parole della Scrittura. Pietro, grazie a questa profezia, colloca l’evento di Pentecoste nella storia della salvezza come un evento annunciato dai profeti e voluto da Dio; presenta lo Spirito nella sua qualità di dono escatologico per tutti i credenti. La citazione, “avverrà che chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato”, gli permette di introdurre, nella parte centrale del suo discorso, il kerygma cristologico, che riguarda Gesù, Messia e Signore (v. 36) capace di salvare chiunque lo invoca (Gerard Rossé). Pure Paolo interpreta questo testo in chiave cristologica: «Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato» (Rm 10,12-13). Echi di questo testo sono anche in 1Cor 1,2; 2Tm 2,22. Per noi cristiani il “fatto” da raccontare di “generazione in generazione” (cfr. 1,3) è lo straordinario dono dello Spirito di Dio, che compie ogni promessa. Gli anziani ai giovani devono testimoniare che in ogni fase della vita e in ogni difficoltà della storia, il dono divino della salvezza può giungere sorprendendoci ma bisogna saperlo riconoscere e accogliere con spirito di conversione e fede, vissuta anch’essa come dono di Dio.

PER LA RIFLESSIONE PERSONALE

1) Rileggi Gioele 3,1-5 e Atti 2,14-41. Dopo aver notato i richiami, ringrazia il Padre perché “il giorno del Signore” si è realizzato nel mistero pasquale di Gesù che ha capovolto la storia e reso possibile la salvezza a tutti i “cercatori di Dio”.

2) Papa Francesco afferma che: «Quella che stiamo vivendo non è semplicemente un’epoca di cambiamenti, ma è un cambiamento di epoca. Da ciò siamo sollecitati a leggere i segni dei tempi con gli occhi della fede, affinché la direzione di questo cambiamento «risvegli nuove e vecchie domande con le quali è giusto e necessario confrontarsi» (cfr. Francesco, Auguri natalizi alla Curia, 21.12.2019).

3) Quali richiami noti tra le parole di Francesco e il messaggio del profeta Gioele il quale, vivendo in un “cambiamento di epoca”, afferma che soltanto il dono dello spirito profetico fa vedere Dio in azione (cioè i segni dei tempi!)? Possiamo considerare un “cambiamento di epoca” il tempo nel quale il giovane Alberione nella “notte che divise i secoli” comprese che il Signore lo chiamava a fare qualc

osa per gli uomini del suo tempo? Che cosa suscita nel tuo cuore la “visione” dei segni dei tempi vissuta da Alberione? Quali i suoi sogni?

Suor Filippa Castronovo, fsp