IL PROFETA GIOELE
Della persona e della vita del profeta Gioele abbiamo poche informazioni. Il nome Gioele significa “Il Signore è Dio” oppure “Dio è Dio”: è una professione di fede che costituisce un tutt’uno con la sua profezia. I versetti posti verso la conclusione del libro, confessano, infatti, che Dio è rifugio e fortezza nelle calamità perché «io sono il Signore, vostro Dio» (cfr. Gl 4,16-17). La lettura dei quattro capitoli, che compongono questo libro, mostra inoltre, che le due parti si richiamano reciprocamente nel confessare che il Signore è Dio. Alla prima parte dove si afferma: «Allora voi riconoscerete che io sono in mezzo a Israele, e che io sono il Signore, vostro Dio» (2,27), corrisponde la seconda parte che dice: «Allora voi saprete che io sono il Signore, vostro Dio che abito in Sion» (4,17). |
visita di Dio o “giorno del Signore”, che giunge inattesa. Ricordando questa particolare “visita”, il popolo si rende conto che “Dio è il Signore che libera dalle sciagure”. Nel libro di Gioele si riscontrano temi, immagini, parole chiave, frasi dei profeti che lo hanno preceduto ma inserite in un nuovo contesto. Ad esempio vi sono brani del di Sofonia 1,14-18, Geremia 4-5 e Isaia 13 e di Amos per quanto riguarda il “giorno del Signore”. Questa rilettura è un esempio biblico di interpretazione, nella storia concreta della Parola, con la Parola. La struttura del libro Si evidenziano due parti: la prima contiene i capitoli 1,1-2,17; la seconda i capitoli 2,18-4,21. In entrambe le parti emerge il tema del “giorno del Signore” che è sempre collegato con una teofania nella quale Dio manifesta il suo dominio sulla storia e giudica tutti i popoli. Egli si rende presente per punire se la teofania è provocata dalla sua ira verso il male, oppure per benedire se è suscitata dalla sua misericordia. Il dono dello Spirito a tutti Questo terzo capitolo, benché formato da soli 5 versetti, apre una prospettiva neotestamentaria importante. Sviluppa la promessa: «Voi riconoscerete che io sono in mezzo a Israele, e che io sono il Signore, vostro Dio, e non ce ne sono altri: mai più vergogna per il mio popolo» (Gl 2,27). L’oracolo contenuto in Gioele 3,1-5 presenta tre momenti: l’effusione dello Spirito (3,1-2); i segni cosmici (3,3-4); il dono della salvezza (3,5). Importante l’inizio: «dopo questo» (3,1), dopo, cioè, che il popolo si sarà convertito e avrà riconosciuto la presenza di Dio in mezzo a loro, allora, Egli potrà operare prodigi straordinari che culminano nell’effusione dello Spirito. Il libro di Gioele nella considerazione cristiana I primi cristiani, in Gioele 3,1-5, hanno riconosciuto una profezia del tempo messianico di Gesù che si compie con il dono dello Spirito, nel giorno di Pentecoste. Pietro, infatti, in quel giorno (At 2,14-41) cita Giole 3,1-5 quasi interamente, dichiarando che tale profezia si è realizzata sotto i loro occhi. La morte e risurrezione di Gesù ha inaugurato un tempo e una realtà completamente nuova. Questa novità si percepisce grazie al dono dello Spirito che ne fa capire il senso e lo collega alle parole della Scrittura. Pietro, grazie a questa profezia, colloca l’evento di Pentecoste nella storia della salvezza come un evento annunciato dai profeti e voluto da Dio; presenta lo Spirito nella sua qualità di dono escatologico per tutti i credenti. La citazione, “avverrà che chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato”, gli permette di introdurre, nella parte centrale del suo discorso, il kerygma cristologico, che riguarda Gesù, Messia e Signore (v. 36) capace di salvare chiunque lo invoca (Gerard Rossé). Pure Paolo interpreta questo testo in chiave cristologica: «Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato» (Rm 10,12-13). Echi di questo testo sono anche in 1Cor 1,2; 2Tm 2,22. Per noi cristiani il “fatto” da raccontare di “generazione in generazione” (cfr. 1,3) è lo straordinario dono dello Spirito di Dio, che compie ogni promessa. Gli anziani ai giovani devono testimoniare che in ogni fase della vita e in ogni difficoltà della storia, il dono divino della salvezza può giungere sorprendendoci ma bisogna saperlo riconoscere e accogliere con spirito di conversione e fede, vissuta anch’essa come dono di Dio. PER LA RIFLESSIONE PERSONALE 1) Rileggi Gioele 3,1-5 e Atti 2,14-41. Dopo aver notato i richiami, ringrazia il Padre perché “il giorno del Signore” si è realizzato nel mistero pasquale di Gesù che ha capovolto la storia e reso possibile la salvezza a tutti i “cercatori di Dio”. 2) Papa Francesco afferma che: «Quella che stiamo vivendo non è semplicemente un’epoca di cambiamenti, ma è un cambiamento di epoca. Da ciò siamo sollecitati a leggere i segni dei tempi con gli occhi della fede, affinché la direzione di questo cambiamento «risvegli nuove e vecchie domande con le quali è giusto e necessario confrontarsi» (cfr. Francesco, Auguri natalizi alla Curia, 21.12.2019). 3) Quali richiami noti tra le parole di Francesco e il messaggio del profeta Gioele il quale, vivendo in un “cambiamento di epoca”, afferma che soltanto il dono dello spirito profetico fa vedere Dio in azione (cioè i segni dei tempi!)? Possiamo considerare un “cambiamento di epoca” il tempo nel quale il giovane Alberione nella “notte che divise i secoli” comprese che il Signore lo chiamava a fare qualc osa per gli uomini del suo tempo? Che cosa suscita nel tuo cuore la “visione” dei segni dei tempi vissuta da Alberione? Quali i suoi sogni? Suor Filippa Castronovo, fsp
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