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La ricerca del senso è la motivazione umana fondamentale, è la questione essenziale. L’essere umano non vive del solo pane del fattibile, ma vive invece da uomo e, proprio nella configurazione più tipica della sua umanità, vive di parola, di amore, di senso della realtà. Il senso delle cose è davvero il pane di cui l’uomo si sostenta, di cui alimenta il nucleo più centrale della sua umanità. Senza la parola, senza il senso, senza l’amore, l’uomo viene messo in condizioni di non poter più nemmeno vivere, quand’anche fosse circondato in sovrabbondanza di tutti i conforts terreni immaginabili.
Robert Cheaib, nel libro “Un senso per vivere” (casa editrice Il Pozzo di Giacobbe), partendo dalla questione del senso passa poi alla questione di Dio come Colui che si fa nostro compagno nel pellegrinaggio verso un senso. Nel discernimento, nella ricerca, nell’ascolto del silenzio, nella preghiera, siamo chiamati ad essere innanzitutto presenti a noi stessi. Presenti a noi stessi per entrare in relazione con l’Altro.
Questo è l’elemento distintivo cristiano della preghiera, della meditazione e della contemplazione: il centro non sono io ma è l’Amato. In poche parole io non prego per sentirmi bene, prego perché mi scopro amato e amo Dio.
L’autore passa in rassegna le tante sfaccettature dell’animo umano: scoprire in Dio l’alleato della ricerca di senso, fare delle proprie ferite delle feritoie in cui entra la luce, risanare il proprio passato facendo memoria.
Assumersi il compito oneroso di liberare la libertà, arrivare all’eroismo dell’umorismo. Certi traumi non possono essere superati con la sola serietà. Considerati come assoluti, ci possono schiacciare. L’eroismo dell’umorismo si concretizza nella capacità di prendere le distanze e di scegliere il proprio atteggiamento verso le situazioni e soprattutto verso se stessi.
Ridendo dei propri sintomi l’uomo li trascende. C’è una certa affinità infatti tra lo spiritoso e lo spirituale, l’ironico e l’eroico, l’umore è l’amore.
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