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ORIGINE E SVILUPPO
DELL’APOSTOLATO DELLA STAMPA
l’apostolato della stampa con l’assistenza che prodigò alla Sinagoga e poi alla Chiesa perché il Libro divino si conservasse integro attraverso i secoli e non si corrompesse quanto al contenuto. Adottato dalla Chiesa La storia sta a dimostrare che la Chiesa in ogni tempo conobbe ed esercitò l’apostolato della stampa, sia pure nelle forme e nella quantità permessa dai tempi e dalle circostanze. Ed ecco come: Che cosa sono i Vangeli e le lettere degli Apostoli, se non la registrazione della prima catechesi della Chiesa? I Pontefici poi, sull’esempio di San Pietro, nell’esercizio del loro magistero pastorale, usarono ugualmente e abbondantemente e della parola e dello scritto. Così fin dai primordi della Chiesa San Clemente scrisse ai fedeli di Corinto; San Marcello dal carcere governò le parrocchie di Roma con lettere; San Sotero, San Vittore e Santo Stefano usarono dello scritto per divulgare e difendere la dottrina cattolica. Nei secoli seguenti San Leone Magno, San Gregorio Magno e successivamente tutti i Sommi Pontefici, servendosi di tal mezzo, arricchirono la Chiesa di costituzioni pontificie, rescritti, bolle, brevi e specialmente di Lettere Apostoliche. I Concili ecumenici – assemblee di pastori della Chiesa adunati per decidere questioni di fede, di costumi, di disciplina – ci hanno lasciato per iscritto le loro definizioni ed atti, curandone la maggior diffusione, volgarizzazione e applicazione. La Chiesa, pur lasciando libera la stampa civile, ha avocato a sé il diritto di regolare quanto riguarda l’apostolato della stampa, poiché ne ha la medesima cura che dell’apostolato della parola. Lo dimostrano i vari canoni riguardanti la stampa (1395, 1396, 1397, 1398, 1399, 1400, 1401, 1402, 1403, 1404, 1405). [ndr.: Questi canoni si riferiscono ovviamente al Codice di Diritto Canonico (C.J.C.) del 1917, allora in uso]. Il canone 1385 regola, in particolare, la stampa della Sacra Scrittura, della Teologia e delle Scienze ecclesiastiche; in generale, quanto riguarda la fede, i costumi e il culto. Il canone 1386 comprende regole particolari per il clero, i religiosi e laici circa la stampa di libri, periodici e fogli. Speciali disposizioni regolano gli scritti riguardanti la canonizzazione dei Santi, i libri liturgici, le collezioni dei decreti delle Congregazioni, le versioni della Sacra Scrittura, l’approvazione dei libri presso le Curie vescovili. La Chiesa decora i santi Scrittori dello speciale titolo di Dottori, li onora con ufficiatura propria e, di molti, inserisce gli scritti nel Breviario. Praticato universalmente L’apostolato della stampa, come l’apostolato della parola, fu usato sempre. Dagli Apostoli coi Vangeli, gli Atti, le Epistole, l’Apocalisse. Dai Santi Padri e dai Dottori della Chiesa i quali con scritti, vari e profondissimi, affermarono il pensiero cristiano contro gli assalti del giudaismo, del paganesimo, degli eretici; lo giustificarono di fronte all’Impero e ci diedero l’esatta interpretazione dei Sacri Testi. Colossale è la raccolta delle loro opere fatta dal Migne in grossi volumi; raccolta che è un monumento ed un’apologia dell’apostolato della stampa. [ndr.: È la celebre Patrologia, distinta in due serie: Patrologia Greca (PG) e Patrologia Latina (PL)]. Dello scritto si servirono in genere i Santi, i quali, piena l’anima di amor di Dio e degli uomini, fecero non meno uso della penna che della parola, quando le necessità o le occasioni lo richiedevano. La stampa è un mezzo usato in tutti gli apostolati. Come non vi è scienza che non venga diffusa con la parola e insieme con la penna, così è di ogni apostolato ed opera pia. L’azione cattolica, le missioni, le opere pontificie, le opere di beneficenza, l’apostolato della preghiera e ogni buona iniziativa ricevono dall’apostolato della stampa sostegno, collaborazione, fermenti di vita. In ogni luogo, in ogni tempo, qualunque sia il pensiero che si vuol conoscere, si ricorre alla stampa. La S. Sede ha il suo giornale, la sua tipografia. Ogni Vescovo, si può dire, ha la tipografia e il periodico proprio; il Parroco ha il bollettino o diffonde stampe comuni, completando così la parola viva. I Religiosi usano questo mezzo; quasi tutti gli ordini, le congregazioni e le famiglie religiose hanno la propria stampa. La usarono i cattolici. Ovunque sulla terra vi sono cattolici organizzati, ivi esistono pure tipografie, periodici, associazioni diocesane per la stampa, biblioteche cattoliche, librerie. E per esse si compiono sacrifici immensi. Più ancora, e tecnicamente meglio, si servono della stampa gli avversari. È lecito impararne la tattica. La maggior parte della stampa è nelle mani di ebrei, di protestanti, di atei, di massoni, di socialisti sovietici, di mussulmani e infedeli [ndr.: Queste espressioni, come quelle che seguono, rispecchiano la mentalità e la cultura dei decenni anteriori al Concilio Vaticano II]. Dello scritto si fa adunque un uso veramente universale. La redazione nell’apostolato della stampa L’apostolato della stampa comprende tre parti: redazione, tecnica e diffusione. La redazione è la preparazione degli scritti che dovranno essere stampati e moltiplicati dalle macchine. Perché la redazione possa ottenere il suo fine, oltre le qualità proprie del redattore apostolo (vocazione, preparazione idonea e spirito soprannaturale), ne richiede altre nell’opera redatta che si possono ridurre a tre: il vero nella dottrina, il bene nella morale, il bello nella forma. Il vero nella dottrina La mente umana è stata creata da Dio per la verità. Vi tende come a suo oggetto formale; e solo nel possesso di essa trova il suo appagamento. Perciò, se la redazione intralcia ed ostacola la verità, è contraria alla natura ed al fine dell’apostolato che ha, anzitutto, il compito di continuare la missione di Gesù Verità. Riguardo quindi alla verità, le opere dell’apostolato hanno un duplice ufficio: 1. Smascherare l’errore propagato in modo particolare dalle stampe apertamente irreligiose ed empie, che gettano il dubbio e il sarcasmo sulle verità cattoliche, e delle stampe che le combattono con arte velata, con fini sofismi, con giudizi ostili. Il bene nella morale Il bene è l’oggetto della nostra volontà, al quale essa tende per impulso naturale. E solo nel possesso assoluto e definitivo di Dio, il Sommo Bene, le nostre facoltà appetitive possono trovare il pieno appagamento delle aspirazioni, le quali non possono essere soddisfatte dai beni creati, limitati e passeggeri. Per assecondare ed elevare queste tendenze naturali della volontà e così per continuare la missione del divin Maestro nostra Via, le opere dell’apostolato devono mirare: 1. a distruggere il male propagato principalmente attraverso le stampe immorali, siano esse apertamente tali od anche solo troppo spinte, sconvenienti, grossolane e volgari; 2. a elevare i desideri, le intenzioni, i propositi in modo che, sull’esempio e con l’aiuto di Gesù Cristo nostro divino modello e mediatore, aspirino al Bene infinito, increato, e verso quei beni creati che sono il riflesso di Dio e che a Dio conducono. Il bello nella forma Il bello è lo splendore del vero, l’esigenza del buono, l’oggetto del sentimento estetico e del nostro cuore, che alla bellezza piega e nella bellezza gode, in preparazione al godimento della suprema e sostanziale bellezza, Dio. È necessario, perciò, che il vero e il bene siano presentati in forma attraente, elegante, capace di impressionare e comunicare aspirazioni nobili ed elevate. Al riguardo gli scritti dell’apostolo devono attendere a: Beato Giacomo Alberione
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