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MARIA MATER DOLOROSA

Il mese di agosto è definito da alcuni il mese del Paradiso per le tre feste liturgiche che lo caratterizzano: le solennità della Trasfigurazione del Signore, dell’Assunzione della Vergine e la memoria di Maria Regina. Esso ci invita a meditare sul Paradiso e a cercare, come ci esorta san Paolo, «le cose di lassù, dove è Cristo...» (cfr. Col 3,1-2).
A settembre, invece, siamo invitati a riflettere sugli inizi della storia della salvezza, con la festa della Natività della Madre del Redentore e con la memoria facoltativa del nome di Maria (nel mondo biblico il nome indica l’identità e la missione della persona), poi a metà mese, ci porta al momento culminante della nostra salvezza, alla passione e morte di Cristo, con la festa dell’Esaltazione della Croce e, il giorno successivo, la memoria dell’Addolorata.

Maria Madre addolorata

La devozione a Maria Mater Dolorosa si sviluppa in Occidente a partire dalla fine dell’anno Mille e si diffonde grandemente nei secoli successivi anche per l’opera svolta dall’Ordine dei Servi di Maria fondato nel 1233. Una testimonianza importante è la sequenza attribuita a Jacopone da Todi (1230-1306) dello Stabat Mater che ancora oggi recitiamo e cantiamo nel tempo di Quaresima e il 15 settembre.
La celebrazione della Messa votiva detta dei “Sette Dolori” fu dapprima autorizzata per il solo Ordine dei Servi di Maria nel 1668 e poi estesa a tutta la Chiesa da Papa Pio VII nel 1814. Pio X fissa in modo definitivo la data della ricorrenza il giorno successivo all’Esaltazione della santa Croce con il nuovo titolo di “Beata Vergine Maria addolorata”.
Addolorata è il titolo più sentito e anche, forse, il più amato dalla devozione popolare perché è il più vicino alla nostra realtà umana. La sofferenza, infatti, è un’esperienza universale che ci rende tutti fratelli in umanità. Il dolore è presente nella nostra vita fin dalla nascita col pianto del neonato, attraversa la nostra esistenza con intensità e forme diverse fino all’agonia e alla morte.

Devozione e culto

La tradizione, fondandosi sui brani evangelici, ha individuato nella vita della Vergine sette dolori (il numero sette indica la totalità) simboleggiati dalle spade che trafiggono il Suo Cuore, come appare in molte raffigurazioni dell’Addolorata.
Nel medioevo hanno molto contribuito alla devozione le rivelazioni a santa Brigida (Finsta-Svezia, 1303 – Roma, 23.7.1373) sui sette più intensi dolori di Maria e relative preghiere. Meno conosciute invece le successive rivelazioni alla beata Camilla Battista da Varano (9.4.1458 – Camerino, 31.5.1524).
La meditazione di queste sofferenze costituisce la Via Matris che, prendendo a modello la Via Crucis, ripercorre in sette tappe l’esperienza di dolore della Vergine.

La prima tappa presenta il dolore di Maria alla profezia di Simeone: «E anche a te una spada trafiggerà l’anima» (cfr. Lc 2,35); il secondo dolore è la fuga in Egitto per salvare la vita di Gesù (cfr. Mt 2,13-15); il terzo è l’angoscia provata da Maria e Giuseppe nei tre giorni in cui Gesù rimane nel tempio (cfr. Lc 2,31-50); il quarto è l’incontro della Madonna con il Figlio sulla via del Calvario; il quinto è la morte di Gesù (cfr. Gv 19,28-30); il sesto quando la Madre accoglie tra le sue braccia il Figlio morto deposto dalla croce; il settimo è la sepoltura di Gesù in attesa della Risurrezione. Alcuni santuari mariani, soprattutto nell’Italia Centrale e Meridionale, propongono questo percorso come itinerario penitenziale. A proposito di questa devozione riportiamo la testimonianza di papa Francesco: «A me fa bene, in tarda serata, quando prego l’Angelus, pregare questi sette dolori come un ricordo della Madre della Chiesa, come la Madre della Chiesa con tanto dolore ha partorito tutti noi» (3 aprile 2020).

Maria sotto la Croce

Il culmine del dolore di Maria è al momento della crocifissione e morte di Gesù, un dolore straziante, atroce e inenarrabile. Umanamente incomprensibile perché la Vergine non è solo una madre che assiste alla morte in croce del figlio, Lei è la madre purissima del Dio incarnato, unita a Lui intimamente, in modo unico.
Tutto in Lei è relativo a Cristo: il suo amore è immenso e così il suo dolore. Nell’anima di Maria i dolori sono il riflesso di quelli del Figlio. Scrive René Laurentin: «Soffriva delle sue stesse sofferenze. La sua partecipazione alle pene di Gesù è la compassione (=cum-pati) che la fa vivere unita a Lui nel sacrificio redentore».
Dopo la morte di Gesù, la lancia che gli trafigge il costato porta alla mente la spada predetta da Simeone. Ciò fa dire a san Bernardo: «La lancia crudele non poté arrivare all’anima del Figlio tuo... Ma a te sì. A te trapassò l’anima. L’anima di lui non era più là, ma la tua non se ne poteva assolutamente staccare. Perciò la forza del dolore trapassò la tua anima».
Sul Calvario la Madre è associata al sacrificio del Figlio e coopera alla redenzione con la sua presenza. La sua partecipazione non era necessaria alla salvezza, come affermano i teologi, ma il Padre stesso ha voluto la sua presenza attiva, la sua sofferenza e il suo consenso alla morte di Cristo, in contrasto con le affermazioni dell’angelo sul futuro glorioso di Gesù (cfr. Lc 1,31-32) al momento dell’Annunciazione.

Liturgia della Messa votiva

La Liturgia conferma quanto detto sopra. Il Prefazio (formulario n. 12) di una delle Messe della B. V. Maria recita così: «Padre santo... Nella tua infinita sapienza, per il riscatto dell’umana famiglia, hai voluto che presso la croce del nuovo Adamo fosse anche la nuova Eva; colei che per l’azione dello Spirito era divenuta madre del Redentore, per un nuovo dono della tua bontà fu associata alla sua Passione; la Vergine Maria che senza doglie aveva partorito il divin Figlio, patì sofferenze indicibili per la nostra rigenerazione».
La preghiera sottolinea che la partecipazione della Vergine al mistero della redenzione è espressione della volontà di Dio Padre, un suo ulteriore dono, dopo quello della divina maternità, e sottolinea, poi, la differenza tra il parto di Gesù e quello della Chiesa, cioè di tutti noi. L’acclamazione al Vangelo della Messa del 15 settembre ci fa esclamare: «Beata la Vergine Maria, perché senza morire meritò, sotto la Croce, la palma del martirio».
Come Maria fu la più simile a Gesù nelle virtù, così è stata la più vicina a Lui nel martirio e ora siede più vicina al Divin Figlio nella Gloria, come afferma san Girolamo.
Martire con Cristo, ella è a pieno titolo proclamata e invocata come Regina dei Martiri.
Ricorriamo ancora una volta alla Messa del giorno sapendo che la preghiera liturgica esprime la fede della Chiesa ed è quindi uno dei modi più sicuri per conoscere la Madonna, il suo ruolo nella storia della salvezza e nella nostra vita.
La preghiera dopo la comunione recita così: «O Signore, che nella memoria della Beata Vergine Addolorata ci hai fatti partecipi dei sacramenti della nostra redenzione, aiutaci a completare in noi, per la santa Chiesa, ciò che manca alla passione di Cristo». Si ispira al v. 24 del 1° capitolo della Lettera ai Colossesi di san Paolo che afferma che Cristo continua l’opera di salvezza nel suo corpo che è la Chiesa. Ogni suo membro, ognuno di noi quindi è chiamato a contribuire alla salvezza di tutti collaborando con Cristo.
Contemplando la Mater Dolorosa chiediamole che ci aiuti ad avere una fede solida e matura, che ci doni di vivere il dolore in profonda unione con Cristo e di imparare da Lei la compassione verso tutte le sofferenze che incontriamo e di cui siamo testimoni ogni giorno. Preghiamo con un antico inno della Chiesa.

Salve, o Madre di misericordia,
Madre di Dio e Madre di perdono
Madre di Speranza e Madre di grazia,
Madre ricolma di santa letizia,
O MARIA!

Maria Angela S.