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IL “VANGELO” DI EZECHIELE
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I capitoli 34-37, parte centrale del libro, sono detti il “Vangelo di Ezechiele” perché contengono l’annuncio del dono del cuore nuovo e dello spirito nuovo. Quest’annuncio è preceduto da quello di un nuovo pastore che, sull’esempio di Davide, si prenderà cura del gregge disperso a causa dei cattivi pastori che agivano come mercenari (cfr. Ez 34,2-12). A nome di Dio Ezechiele annuncia: «Susciterò per loro un pastore che le pascerà, il mio servo Davide ... Io, il Signore, sarò il loro Dio, e il mio servo Davide sarà principe in mezzo a loro ... Stringerò con loro un’alleanza di pace e farò sparire dal paese le bestie nocive» (cfr. 34,23-25). Dio susciterà un pastore secondo il suo cuore ma il pastore “autentico” è Lui stesso. La figura davidica è soltanto “servo” di Dio e suo “principe”.

l peccato del popolo fa deridere il Nome di Dio

La presenza di pastori secondo il cuore di Dio, non basta per ristabilire l’alleanza, se il cuore non batte per Dio. Ed ecco la promessa del dono di un cuore nuovo (36,26), introdotta dai versetti 16- 23 che sono una memoria storica degli effetti nefasti del peccato che indusse i pagani a schernire il Nome santo di Dio. Secondo costoro, Dio non sarebbe stato capace di salvare il suo popolo dalla distruzione e dicevano: «Costoro sono il popolo del Signore e tuttavia sono stati scacciati dal suo paese» (cfr. 36,20). Il Signore vuole che il suo “Nome”, cioè la sua persona, sia conosciuto e benedetto da ogni persona. Il termine “Nome” indica la Persona. Maria nel Magnificat canta: “Santo è il suo nome”, cioè Egli stesso. Il suo Nome è tre volte Santo (Is 6,3) ed Egli rende santi coloro ai quali comunica la sua “realtà” divina (cfr. Es 31,13; Lv 20,8, ecc.).
Dio è Santo perché è il tutt’Altro, perché non si comporta come noi e non dà sfogo alla sua ira (cfr. Os 11,9). La santità, che è assoluta perfezione morale, bontà, amore e misericordia infinita, è Dio stesso. Con il suo agire misericordioso mostra che se la sua parola di giudizio che elimina il peccato produsse la distruzione di Gerusalemme e l’esilio, allora la sua promessa di rinascita produrrà frutti più efficaci. Essa è, però, dono gratuito e immeritato (cfr. vv. 22- 23). Quando avverrà le genti si pentiranno di averLo deriso e riconosceranno che il suo nome è Santo: «Allora le nazioni sapranno che io sono il Signore – oracolo del Signore Dio – quando mostrerò la mia santità in voi davanti ai loro occhi».
Diversi secoli dopo un sapiente chiederà a Dio di mostrare la sua santità ai popoli stranieri attraverso le azioni di salvezza che compie per il suo popolo (cfr. Sir 36,3-5). Come il peccato oscura il volto di Dio presso i non credenti in Lui, così la vita santa dei credenti testimonia il volto santo di Dio che si riflette nelle azioni che compiono. L’evangelista Matteo esprime la stessa realtà con queste parole: «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,13).

Un cuore nuovo, uno spirito nuovo, un nuovo esodo

Per il suo popolo disperso, Dio stesso sarà il pastore che li prende, raduna, conduce: «Vi prenderò dalle nazioni, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo» (Ez 36,24). I verbi prendere, radunare, condurre interpretano l’uscita da Babilonia come un nuovo esodo. Nell’esodo dall’Egitto Dio condusse il suo popolo nella “terra donata ai padri”; nell’esodo da Babilonia nel “suolo” cioè nella terra già ricevuta in dono ma profanata dall’idolatria. Essa ritorna a essere la terra donata da Dio a Israele ma deve essere purificata dalle idolatrie e riconsacrata. Lo farà Dio stesso come sacerdote supremo: “Io vi aspergerò... vi purificherò...”. Quindi sostituirà il cuore di pietra con quello di carne e donerà uno spirito nuovo: «Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne» (36,26). L’alleanza sarà effettiva: «voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio». Ezechiele cinque volte ripropone questa formula interiorizzata dell’alleanza (11,20; 145,11; 34,30; 36,28; 37,27) che, in un certo senso, attualizza l’insegnamento di Osea che la presenta come rapporto interiore esclusivo di Dio con il suo popolo. Il cuore nuovo, capace di amare perché animato dallo spirito nuovo, pone in sintonia con la volontà di Dio. Quest’oracolo di Ezechiele risuona in altri testi biblici (cfr. Ger 31,31-34; 30,22; Is 44,3;Gl 3,1-2; Zac 12,10) e nel Vangelo di Giovanni, dove si parla di rinascita dall’acqua e dallo Spirito (cfr. Gv 3,3-8).

Permanere in una situazione “paradisiaca” Il dono della terra che era stata già data ai padri riprende la teologia del Deuteronomio centrata sull’alleanza.
Ad essa si aggiunge la tradizione o teologia sacerdotale (P) che nasce in esilio attorno al sacerdote/profeta Ezechiele con le sue caratteristiche cultuali. Quando gli israeliti tornati nella terra, rinnoveranno l’alleanza non dovranno dimenticare l’esperienza passata. La “memoria” sarà “la medicina” adatta per non ripetere gli stessi errori: «Vi ricorderete della vostra cattiva condotta... proverete disgusto di voi stessi per le vostre iniquità... Vergognatevi e arrossite della vostra condotta, o casa d’Israele» (cfr. 36,31-32). La vergogna per i peccati si trasforma in “grazia” per tornare al Signore. Papa Francesco diverse volte ha ricordato la forza medicinale della vergogna: «Che il Signore ci dia la grazia di comprendere la vergogna, di vederla non come una porta chiusa, ma come il primo passo dell’incontro » (9 aprile 2018).
Il ritorno alla terra procurerà benessere sociale perché ognuno avrà il suo lavoro e, grazie ad esso, la terra sarà un giardino: «Quella terra desolata ... sarà di nuovo coltivata e si dirà: “La terra, che era desolata, è diventata ora come il giardino dell’Eden”» (36,34-35). La situazione è “paradisiaca”: il popolo lavora e raccoglie i frutti del suo impegno in un clima di pace. Nel “sogno” di Dio, questa prosperità raggiungerà tutte le nazioni: «Le nazioni che saranno rimaste attorno a voi sapranno che io, il Signore, ho ricostruito ciò che era distrutto e coltivato di nuovo la terra che era un deserto. Io, il Signore, l’ho detto e lo farò» (cfr. 36,33-38).
Il benessere promesso non si realizza in modo automatico ma come aveva detto anche Geremia bisogna volerlo e richiederlo con cuore sincero: «Voi mi invocherete e ricorrerete a me e io vi esaudirò. Mi cercherete e mi troverete, perché mi cercherete con tutto il cuore; mi lascerò trovare da voi» (Ger 29,13-14; cfr. Mt 7,7-8). Ezechiele sottolinea che cercare Dio e invocarlo è dono divino: «Lascerò ancora che la casa d’Israele mi supplichi e le concederò questo: moltiplicherò gli uomini come greggi consacrate... Allora le città rovinate saranno ripiene di greggi di uomini e sapranno che io sono il Signore”» (cfr. 36,37-38). In due versetti il termine “greggi” torna quattro volte, segno che Dio si rivolge ad una comunità guidata da pastori secondo il suo cuore (cfr. cap. 24). Ezechiele avverte, inoltre, che il ritorno in patria non garantisce la fedeltà all’alleanza perché se il cuore non cambia anche in patria si può vivere lontani dal Signore come nel passato. La storia biblica testimonia che il popolo tornato in patria, pian piano, ricomincia a peccare, riducendo, persino, la parola di Ezechiele a norme per gestire il sacro che azzerarono, ad esempio, l’apertura universale di cui il profeta aveva parlato (cfr. ad esempio: Giona; Tobia; Ester che contestano la visione ristretta successiva!).

Lo spirito donatore di vita

Nel capitolo 37 Ezechiele, in visione, osserva una grande valle colma di ossa inaridite. Dio gli comanda di profetizzare: «Ossa inaridite, udite la parola del Signore. Così dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete. Metterò su di voi i nervi e farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e infonderò in voi lo spirito e rivivrete. Saprete che io sono il Signore” (37,4-6). Eseguito il comando, le ossa si mettono in movimento, ognuno si accosta al corrispondente, appaiono i nervi e la pelle li ricopre “ma non c’era spirito in loro” (cfr. 37,7- 8). Tanto movimento ma manca la vita! Il Signore lo invita a profetizzare allo Spirito: «Profetizza allo spirito... Così dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano». Ezechiele profetizzò e, appena lo spirito entrò in essi, ritornarono in vita alzandosi in piedi come un esercito sterminato (cfr. 37,9-10). Ezechiele sta interpretando Gen 2,7 dove Dio, all’essere umano plasmato dalla terra, lo rende vivente, infondendogli il suo alito di vita. Il messaggio è chiaro: non basta essere vivi per vivere; per vivere davvero bisogna essere “viventi”, cioè, animati dal suo Spirito, in continuazione. Senza la sua presenza siamo “cadaveri ambulanti” che camminano senza speranza e senza meta. San Paolo ricorda che lo Spirito è speranza certa (cfr. Rm 5,5), e «se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito» nella via della libertà che pone al servizio di Dio e dei fratelli (cfr. Gal 5,25). Giovanni rilegge diversi simboli e contenuti di Ezechiele alla luce della Pasqua. L’immagine del pastore (cfr. Gv 10,1-30; cfr. Ez 34 e 37,15-28). La vite e dei tralci (Gv 15,1-8; cfr. Ez 15,1-8; 17,3-10; 19,10-15). Le ossa aride rese vive dall’alito dello Spirito di Dio (cfr. Gv 20,21-23 e Gv 5,28; cfr. Ez 37,1-17). I fiumi d’ acqua viva (Gv 7,37-38; cfr. Ez 47,6-12. Infine la pesca abbondante (Gv 21,1-14; cfr. Ez 47,1-12) che per il profeta è una promessa escatologica di rinnovamento e per Giovanni immagine della missione universale che i discepoli del Risorto, obbedendo alla sua parola, realizzano abbondantemente (cfr. il brano dei 153 grossi pesci).

PER LA RIFLESSIONE PERSONALE:

Dopo aver letto i capp. 36-37 di Ezechiele domandati:

1) Ezechiele (36,24-28) come Geremia (31,31- 33) annuncia il dono di un cuore nuovo ma Ezechiele vi associa lo spirito nuovo. Perché? Quale la differenza tra essere vivi ed essere viventi?

2) Ezechiele come anche Geremia avverte che il Signore vuole riempirci di doni (grazia) ma desidera essere cercato e invocato. Perché? Che cosa esprime la ricerca e l’invocazione?

Suor Filippa Castronovo, fsp