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COME INCENSO ...

 

Carissime Annunziatine,

una bella immagine della preghiera cristiana è quella dell’incenso. La nostra preghiera dovrebbe avere almeno alcune delle sue caratteristiche. Il fumo dell’incenso odoroso che sale verso il Cielo ed insieme riempie di fragranza all’intorno nella Bibbia, da Genesi ad Apocalisse, è uno degli elementi più importanti e costanti del culto al Signore. Nell’Antico Testamento praticamente non c’è sacrificio senza che si bruci incenso. Solamente il sacrificio espiatorio è senza incenso (cfr. Lev 5,11). Per contrasto offrire incenso ad altri è simbolo del tradire il vero Dio. Nella Liturgia cristiana nell’uso di bruciare l’incenso è rimasto l’unico elemento che ancora si può assimilare al concetto di “olocausto” cioè quando il sacrificio viene consumato completamente. Tale è l’offerta che è solo e totalmente per Dio.
Per questo motivo nel salterio l’incenso è simbolo della vera preghiera di ogni fedele: «La mia preghiera stia davanti a te come incenso, le mie mani alzate come sacrificio della sera» (Sl 141,2). L’incenso è anche il segno dell’offerta gradita al Signore delle anime consacrate, perché totalmente donate a Dio. Come anime totalmente del Signore, dovremmo avere le stesse caratteristiche dell’incenso: tendere naturalmente verso l’alto; con la nostra presenza essere spiritualmente un profumo gradito; non lasciare traccia di sé su questa terra (cfr. “siamo servi inutili” in Lc 17,10).

Incenso preparato e purificato

Secondo il libro dell’Esodo (cfr. Es 30,34- 38) l’incenso da usarsi nel culto culto non è un elemento solo “naturale”: deve essere “confezionato” dall’uomo. Quando diciamo “incenso” si deve intendere «una composizione aromatica secondo l’arte del profumiere » (Es 30,35), e la cui ricetta è esclusiva del culto. Non si può usare in casa o per altri usi profani (cfr. Es 30,37-38). Come consacrati ogni tanto ci ricordiamo che ciò che è offerto al Signore, cioè noi stessi, deve essere donato esclusivamente a Lui? L’offerta ridonda in grazia anche verso i fratelli, ma va donata solo a Dio. Talvolta abbiamo un’idea “falsamente naturale” di ciò che è bello e degno di Dio. L’incenso deve essere raffinato e confezionato, non è un elemento semplicemente naturale.

Anche ciascuno di noi sarà veramente gradito al Signore dopo essere stato raffinato, purificato in modo adeguato. Non è affatto spontaneismo, al contrario bisogna essere “raffinati”, ma diventare senza imperfezioni. Così anche la nostra preghiera deve crescere pian piano purificata da tutte le impurità, da tutte le scorie ed insufficienze... solo dopo la nostra preghiera, come quella dei santi può salire a Dio come profumo di soave odore.

Una preghiera che sale

È bello vedere l’incenso bruciare nell'incensiere e salire in alto fragranze in eleganti volute che giocosamente si intrecciano fino a scomparire verso l’alto. Quante imperfezioni ha la nostra preghiera ...! Fino a quando il nostro cuore non è purificato completamente, assomiglia ad un incensiere in cui bruciano oltre all’amore per Dio anche elementi che puzzano di bruciato e di odorano di mondano. Così la nostra preghiera non può salire in alto come l’incenso e raggiungere la sua meta. Anche il nostro cuore deve essere purificato per una preghiera gradita al Cielo.
Deve essere educato al vangelo di Gesù, o almeno tendere a somigliare al cuore di Maria che “custodiva tutte queste cose” (Lc 2,51). Un cuore consacrato al Signore, si deve lasciar infiammare, bruciare d’amore e così la sua preghiera potrà salire verso l’alto totalmente unita alla volontà di Dio. Se l’incenso deve bruciare a circa 450 gradi, per avere l’effetto che ben conosciamo, quanto deve ardere d’amore il nostro cuore affinché le nostre preghiere siano così pure da salire sino all’altare del Cielo? (cfr. Ap 8,3-4). Sappiamo bene quanto siamo tiepidi, tuttavia basta lasciarsi incendiare da Gesù che desidera riempierci del suo infuocato amore (cfr. Lc 12,49) restando vicini a Lui anche sulla Croce.
Da quell’incensiere, assieme a Gesù sale una preghiera dal profumo soave che è gradita al Padre ed intercede ogni grazia. Dove si potrà bruciare, se non nelle sofferenze e nei sacrifici offerti per amore? Se scansiamo i sacrifici e le sofferenze anche la nostra preghiera non riesce a trasformarsi, a divinizzarsi e in purezza salire a Dio. Rimane una preghiera troppo umana, troppo terrena. Quando mai ci esaminiamo se la nostra preghiera sale veramente fino a Dio, oppure si perde per strada? Ci lamentiamo che non veniamo ascoltati, ma raramente ci interroghiamo se la nostra preghiera è ben fatta.

Nel bruciare lasciare soave odore

La Bibbia è zeppa di rimproveri profetici, di offerte non gradite, di preghiere non accolte perché non fatte con cuore puro. Nei vangeli basta pensare alla parabola del fariseo e del pubblicano (Lc 18,10-14).
Ancora un aspetto dell’incenso dobbiamo considerare. È vero che sale a Dio, ma quando l’incenso ha finito di bruciare e non si vede più con gli occhi, rimane la fragranza nell’ambiente. Anche la preghiera liturgica, e di ogni singolo fedele, deve avere questa nota profumata. La preghiera dei santi, che è gradita a Dio, ritorna in grazia per gli altri fedeli. Dio non si lascia vincere in generosità e neppure in amore. Qui sta la vera fecondità apostolica: un cuore infuocato di Dio e che porta una preghiera a Lui gradita, ottiene dalle opere delle sue mani una efficacia maggiore anche umanamente. Riferendosi ai paolini così affermava il Primo Maestro: «Il frutto dipende più dalle tua ginocchia che dalla tua penna! più dalla tua Messa che dalla tecnica! più dal tuo esame di coscienza che dalla tua scienza!» (san Paolo 1934, dic, p. 19).

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Carissime Annunziatine, confidando sempre nella grazia del Signore per continuare nel servizio di Delegato dell’Istituto Maria SS. Annunziata, ringrazio anche voi tutte per la fiducia che avete verso il sottoscritto. Con l’aiuto di Maria, Mamma del sacerdote e Mamma vostra, cercherò di operare quanto sarà possibile affinché possiate continuare a lasciarvi modellare dal Divino Maestro per vivere sempre di più il Vangelo.

Don Gino