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UN PO' DI LATINO

 

Carissime Annunziatine,

il 10 maggio abbiamo conosciuto nome e volto dell’attuale Pontefice: Leone XIV, al secolo Robert Francis Prevost. Avremo tempo e modo di ascoltare il suo magistero e la sua paterna azione, seguendo le indicazioni del nostro Fondatore che sempre ha raccomandato ai suoi figli unità e fedeltà al romano Pontefice. Vorrei invitarvi ad osservare il suo stemma e motto. Papa Leone XIV ha scelto di mantenere stemma e motto episcopale, intendendo così esprimere una continuità di identità e programma. Pure Papa Francesco aveva fatto lo stesso. Il suo motto era “Miserando atque eligendo”, cioè “con sentimento di amore e lo scelse” riferito alla chiamata di san Matteo. Anche Papa Leone XIV ha scelto simboli che lo identificano in relazione alla sua famiglia religiosa e un riferimento mariano.
Nello stemma troviamo: a) il legame alla Vergine Maria (il giglio), b) e quello con Gesù (cuore trafitto con il libro). Sono elementi che vengono dal suo ordine religioso cioè gli Agostiniani (è il primo Papa appartenente a quest’ordine). Il nuovo Papa ricorda che non rinnega ma riconferma la sua identità. È come se dicesse: provengo da questo Ordine religioso, così mi potete riconoscere. Riguardo alle parole del motto, queste esprimono il programma, cioè il progetto pastorale che desidera realizzare. Anche noi dovremmo avere un nostro motto/programma. Del resto agli Esercizi siamo invitati a fare il nostro programma e il nostro progetto spirituale.

In Illo uno unum

Già da vescovo Prevost scelse l’espressione: “In Illo uno unum”. Le parole «Nell’unico Cristo siamo uno», sono riprese da una predica di sant’Agostino (sul Salmo 127), per spiegare che «sebbene noi cristiani siamo molti, nell’unico Cristo siamo uno». È un’espressione programmatica, non si può tradurre alla lettera, inoltre deve anche essere sintetica. Sarebbe meglio tradurre: “nell’Unico siamo uno”, perché nell’Unigenito Figlio di Dio noi cristiani diventiamo un solo corpo, Lui il Capo e noi le membra. Agostino quando spiega i Salmi osserva spesso il passaggio del verbo dal singolare a

plurale e considera come nella preghiera della Chiesa si alternano la voce di Cristo e quella della Chiesa: come Capo del corpo mistico intercede per la Chiesa oppure prega con la Chiesa; mentre questa talvolta si rivolge ad una sola voce al suo Signore, in altri momenti ad una voce prega il Padre con l’Unigenito. Nello spiegare il salmo 127 insegna che: «Si tratta di una moltitudine di uomini e insieme di un uomo solo, poiché, pur essendo molti i cristiani, uno solo è il Cristo. Un unico uomo, Cristo, sono i cristiani insieme col loro capo che ascese al cielo. Non lui un individuo singolo e noi una moltitudine, ma noi, moltitudine, divenuti uno in lui che è uno. Cristo dunque, capo e corpo, è un solo uomo. E qual è il corpo di Cristo? La sua Chiesa» (Agostino, sul Salmo 127, n. 3).

Voi dunque siete molti e siete uno

E più avanti rivolgendosi ai suoi fedeli di Tagaste (ma anche a noi) afferma: «Parlando a dei cristiani, sebbene siano molti, nell’unico Cristo io li considero una sola unità. Voi dunque siete molti e siete uno; noi siamo molti e siamo uno. In che modo, pur essendo molti, siamo uno? Perché ci teniamo strettamente uniti a colui del quale siamo membra, e se il nostro Capo è in cielo lassù lo seguiranno anche le membra» (Agostino, sul Salmo 127, n. 4). Il santo Dottore della Chiesa nella sua spiegazione sui salmi unisce due elementi: la preghiera (cioè la liturgia cristiana) e all’Eucarestia dove anche cibandoci dell’unico pane diventiamo un unico corpo. “Sebbene noi cristiani siamo molti, nell’unico Cristo siamo uno”. Papa Leone XIV ci indica un programma di unità e di comunione indicando anche a noi come nella preghiera liturgica, di cui i salmi sono l’espressione più antica (che lo stesso Gesù con la sua voce ha pregato), assieme all’Eucarestia cresciamo in Cristo. In Lui diventiamo sempre più cristiani, sempre più uniti a Lui (“Perché tutti siano una sola cosa”, cfr. Gv 17,21-23). In una intervista del luglio 2023, l’allora cardinale Prevost spiegava: «Come si evince dal mio motto episcopale, l’unità e la comunione fanno parte proprio del carisma dell’Ordine di Sant’Agostino e anche del mio modo di agire e pensare. Penso che sia molto importante promuovere la comunione nella Chiesa e sappiamo bene che comunione, partecipazione e missione sono le tre parole chiave del Sinodo. Quindi, come agostiniano, per me promuovere l’unità e la comunione è fondamentale. Sant’Agostino parla molto dell’unità nella Chiesa e della necessità di viverla ».

Semel abbas semper abbas

Vorrei riprendere ancora una sentenza in latino. In ambito monastico è molto usata l’espressione: “Semel abbas semper abbas”.
Viene tradotta con “una volta abate, si è abate per sempre”, intendendo però non l’autorità ma la paternità spirituale. Il vero significato è che quando “diventati padri lo si è per sempre”: ai figli si dà la vita e per i figli si dà la vita. Dobbiamo osservare che l’espressione usa un termine non latino “abbas”: viene dall’aramaico (è il termine che usava Gesù) e significa “padre”. Nella vita religiosa è normale intendere il superiore come “padre”. Quando chiamiamo il Vescovo di Roma con l’appellativo di “Papa”, intendiamo la stessa cosa. Il termine “papa” deriva dal greco “πάππας” (pàppas), forma affettuosa e familiare di “padre” (noi usiamo “papà”). Era usato nei primi secoli del cristianesimo, per indicare il vescovo come guida spirituale e paterna. Ancora così tra gli Ortodossi, in Occidente finì per essere usato esclusivamente per il vescovo di Roma. L’espressione “Santo Padre” e “Papa” sono equivalenti. Concludendo, possiamo dire che il nuovo Vescovo di Roma ha un programma di unità e comunione e cercherà di realizzarlo con la tenerezza e la misericordia di un padre, affidandosi a Maria, nostra Mamma celeste che è la Madre del Buon Consiglio. Infatti solo per opera dello Spirito possiamo diventare “corpo di Cristo” e solo invocando lo Spirito Santo con Maria possiamo avere l’Eucarestia che ci fa Chiesa.

Don Gino