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L’AMORE DÀ PERFEZIONE ALLE OPERE

 

Carissime Annunziatine,

per il 400° anniversario della morte di san Francesco di Sales, papa Francesco ha voluto pubblicare una lettera apostolica dal titolo “Totum amoris est”, cioè “tutto appartiene all’amore” per ricordare la sua preziosa eredità spirituale. François de Sales nacque a Thorens-Glières il 21 agosto 1567, fu ordinato sacerdote nel 1593 e divenne vescovo di Ginevra nel 1602. Morì a Lione il 28 dicembre 1622 e il 24 gennaio 1623 il corpo fu posto alla venerazione di fedeli ad Annecy. È stato proclamato santo nel 1665 e dottore della Chiesa nel 1877. Come paolini possiamo cogliere l’occasione di ricordarci dell’insegnamento, ma anche della intercessione, di questo grande santo “savoiardo”. Normalmente lo si ricorda in riferimento alle suore Visitandine di santa Francesca di Chantal e ai Salesiani di don Bosco, ma sono molti gli Istituti religiosi che si sono ispirati a lui anche nel nome, tantissimi alla sua spiritualità. Ha anche influenzato molto il nostro Fondatore. Non solo perché è patrono dei giornalisti, ma per i suoi scritti e la sua spiritualità. Anzi dovremmo dire “devozione”, poiché don Alberione non usa il termine “spiritualità” bensì “devozione” ed esattamente nel senso che san Francesco di Sales utilizza nella “Filotea” (o “Introduzione alla vita devota”), cioè la santità nella vita quotidianacome la intendiamo oggi.

Il criterio dell’amore

La lettera di papa Francesco si concentra soprattutto sull’altra grande opera del santo vescovo, cioè il “Trattato dell’amor di Dio” (o “Teotimo”). Per noi e per il mondo di oggi, così abbacinati dall’agire e dalle opere, è estremamente prezioso il suggerimento di questo santo del Seicento che ha faticato molto ma è sempre attento a quello che rimane per l’eternità. Due giorni prima della morte disse: «È l’amore che dà perfezione alle nostre opere ... perché sono la carità e l’amore che danno valore alle nostre opere» (cfr. pag. 8). Parlando del difficile rapporto tra vita attiva e contemplazione – o se preferite tra preghiera e apostolato – così continua: «Sapete o dovreste sapere che la contemplazione è in sé migliore dell’azione e della vita attiva; ma se nella vita attiva si

trova maggiore unione [con Dio], allora essa è migliore. Se una sorella che è in cucina e tiene la padella sul fuoco ha maggior amore e carità di un’altra, il fuoco materiale non la frenerà, ma l’aiuterà a essere più gradita a Dio.Se una sorella che è in cucina e tiene la padella sul fuoco ha maggior amore e carità di un’altra, il fuoco materiale non la frenerà, ma l’aiuterà a essere più gradita a Dio. Accade abbastanza sovente che si sia uniti a Dio nell’azione come nella solitudine; alla fine, torno sempre alla questione del dove si trovi maggior amore» (cfr. pag. 9). La vita conta non per quanto facciamo, ma per l’amore che vi mettiamo. L’amore vive negli effetti e nei frutti che rimangono, non nelle opere. Se abbiamo scritto un bel testo, questo può anche essere fonte di orgoglio e non arrecare il frutto di bene, cioè la salvezza alle anime. Aver sfamato un povero ma senza sanare le ferite della sua anima non è sufficiente per un cristiano. Il cibo preparato con amore da una mamma non lascia traccia ma fa crescere nel corpo e nello spirito, perché l’amore è “condimento” per l’anima.

Il dialogo e il confronto

Il tempo di san Francesco fu un tempo molto difficile, di cambio culturale, di guerre di religione (in verità più di interessi politici che di religione). Egli si trova a dover riconquistare i fedeli alla fede cattolica, ma anziché scoraggiarsi per i tempi oscuri, si rallegra nel riconoscere il desiderio di Dio e di santità di molti uomini e donne del suo tempo. Egli si impegna con la testardaggine tipica della gente della sua terra, la Savoia, con la focosità del suo carattere, ma anche con la passione e la paziente tenerezza di un cuore innamorato di Dio. Lo spinge il desiderio della salvezza delle anime, poiché in questa opera l’amore di Dio e quello del prossimo divengono un’unica cosa. Per salvare le anime non basta la preghiera, ma bisogna usare tutti i santi ingegni. La predicazione sapiente presenta la verità senza fare sconti, ma anche mantenere il continuo e paziente dialogo per non perdere nessuno, neppure quelli che non vogliono ascoltare. Nella sua esperienza pastorale nella terra ginevrina, visti gli insufficienti frutti ottenuti dal pulpito, san Francesco di Sales si inventò la pubblicazione di “fogli volanti”, che faceva scivolare sotto gli usci delle case o affiggeva ai muri. Questa attività fu ripresa anche dai primi paolini: quanti foglietti furono infilati sotto le porte specialmente dalle Figlie di San Paolo nell’apostolato della diffusione!

Estasi di azione e vita

Il nostro santo vescovo considerava la vita cristiana nella sua interezza come “l’estasi dell’azione e della vita”: «... infine vivere nel mondo e in questa vita mortale contro tutte le opinioni e le massime del mondo e contro la corrente del fiume di questa vita, con abituale rassegnazione, rinuncia e abnegazione di noi stessi, non è vivere secondo la natura umana, ma al di sopra di essa; non è vivere in noi, ma fuori di noi e al di sopra di noi: e siccome nessuno può uscire in questo modo al di sopra di se stesso se non l’attira l’eterno Padre, ne consegue che tale modo di vivere deve essere un rapimento continuo e un’estasi perpetua d’azione e di operazione» (cfr. pag. 34). Il cristiano e ancora di più l’anima consacrata, non deve e non può rassegnarsi a vivere una vita grigia e scontenta: abbiamo il dono della grazia che brucia in noi e tutto trasforma in fuoco. Allora si può arrivare ad affermare come fa san Francesco di Sales che il Calvario è «il monte degli innamorati». Lì dove si comprende che «non è possibile avere la vita senza l’amore, né l’amore senza la morte del Redentore: ma fuori di là, tutto è o morte eterna o amore eterno, e tutta la sapienza cristiana consiste nel saper scegliere bene» (cfr. pag.41). Saliamo anche noi sulla Croce per amore di Gesù. La nostra umile esistenza diverrà carità luminosa verso coloro che incontriamo ogni giorno.

Don Gino