Home| Chi siamo| Cosa facciamo| Perchè siamo nate | Spiritualità| La nostra storia | Libreria| Fondatore|Famiglia Paolina| Preghiere |Archivio | Links | Scrivici | Area Riservata |Webmail | Mappa del sito

 

Parola del Fondatore Parola del Papa Studio Recensioni Articoli

 

RIPOSARE,
RINGRAZIARE, RIPARTIRE

 

Carissime Annunziatine,

la Celebrazione Eucaristica termina con il “Saluto finale”. Questa parte del Rito della Messa è insieme un invito ed un invio rivolto a ciascun fedele: un invito a tornare nella propria casa e alla propria vita per portare lì quanto si è ricevuto; un invio per donare, a tutti coloro che incontrerà, quello che è stato riversato dalla Grazia nel cuore. L’antico “Ite missa est” andrebbe tradotto con: “Andate, ora c’è la missione”. Si termina la Messa per ricominciare nella vita quotidiana... non si può rimanere attoniti a guardare il cielo! (cfr. At 1,10-11; Lc 24,4-8), perché Gesù è vivo tra noi, lo dobbiamo amare e far conoscere. Gesù vivo lo incontriamo nel nostro quotidiano e qui lo dobbiamo annunciare con la nostra vita: qui sta la nostra missione e da qui sgorga l’apostolato.
Tuttavia vorrei invitarvi a meditare su un’altra parte della Messa, cioè dopo la Comunione, prima dell’Orazione finale. Un momento che è silenzio, riposo... e preparazione a riprendere il cammino. Il tempo dopo la Comunione è certamente quello del ringraziamento, che deve essere personale ed intimo. Chi lo desidera può continuare a rendere grazie terminata la celebrazione, anche dopo il Saluto finale, per lodare il Signore per tutte le sue grazie.

Riposare

Dopo la Comunione – finita la purificazione dei sacri vasi – le rubriche prevedono che il Sacerdote che presiede la Messa sieda in silenzio. Non sempre il sacerdote lo fa, ma ci è utile capire cosa significa simbolicamente. Del resto Messa “tipica” (quella che si deve considerare simbolicamente e nella catechesi) è sempre quella domenicale, non quella feriale.
Il Sacerdote si siede – presso l’Altare – “riposa” e “ringrazia” in silenzio. In alcuni riti orientali, questo è l’unico momento in cui il Sacerdote può sedere sulla Sede posta dietro l’Altare, mentre negli altri momenti liturgici siede su uno scranno davanti ai fedeli e non nell’area dell’Altare. Simbolicamente, questo momento del rito indica che il Cristo dopo aver consumato il sacrificio pasquale sì è assiso nei Cieli alla destra del Padre... e riposa dalla sua Opera.

È proprio questo “riposare” che dobbiamo meditare. Gesù dopo essere tornato al Padre “riposa in Dio”, scompare dalla nostra vista ma non dai nostri cuori (vale per i Discepoli di Emmaus, per gli Apostoli dopo l’Ascensione... ed anche per noi dopo aver ricevuto il suo Corpo). Il “Riposare” va inteso in tutta la sua ricchezza di significati: significa morire e riunirsi ai Patriarchi; indica il lasciare tutte le sofferenze di questa terra e finalmente, terminata la buona battaglia, ricevere il meritato premio; significa anche la Risurrezione di Cristo e pure quella dei Santi che riposano con Lui in Cielo partecipando della sua Gloria. Questo “riposare seduti” è diverso dal “riposare giacendo” tipico del sepolcro e dei morti (Gesù non c’è nel sepolcro, è assiso in Cielo). Indica il termine delle opere ed il conseguimento del premio che è appunto la piena Comunione con Dio, e perciò anche il ricevere il Corpo di Gesù. Ma ci deve ricordare anche il riposare nel “settimo giorno” della Genesi, quando il Creatore si riposa da tutte le opere e contempla la bontà di tutta la Creazione. Gesù Cristo dopo la ri-creazione operata con il suo sangue offerto per gli uomini (e per tutta la creazione) finalmente si siede e contempla lo splendore della Salvezza che il Padre gli ha affidato... e che fa rifiorire ogni cosa nell’attesa che anche noi ci uniamo a Lui in Paradiso. In particolare il Vescovo – successore degli Apostoli e che ha la pienezza del sacerdozio – quando siede dopo la Comunione, rappresenta il riposo di Cristo dopo che è asceso al Cielo ed ora lascia a noi suoi fedeli di continuare la sua opera.

Ringraziare per ripartire

Ora spetta a noi portare il suo annuncio fino ai confini della terra; riportare ogni pecorella dispersa all’unico ovile; restaurare tutte le cose in Cristo; ... ed anche completare in noi quello che ancora «manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (cfr. Col 1,24). Gesù, dunque, si riposa per lasciare a noi di continuare la sua opera. Come dopo la Creazione è stato lasciato ad Adamo il compito di custodire e governare il creato (cioè quanto Dio ha fatto ed ha benedetto), così dopo la sua Ascesa al Cielo Gesù lascia a noi di continuare la sua opera, cioè di custodire e far crescere il suo corpo mistico che è la Chiesa. Dopo la Comunione è certamente il momento di ringraziare poiché abbiamo in noi Gesù, ma è anche il tempo in cui dobbiamo ringraziare – assieme a Gesù – di tutto il suo Mistero di Salvezza che ora affida a noi, affinché lo portiamo a compimento. Prima in noi stessi, lasciandoci trasformare in Lui, e poi annunciando e vivificando con la sua Parola il mondo intero.
Dobbiamo lasciarci trasformare in Cristo non ponendo ostacoli alla sua Grazia.
Allora, ricolmati di Lui e della potenza dello Spirito d’Amore, non solo ringraziamo ma diventiamo noi stessi ringraziamento, cioè “eucaristizzati”. Diventiamo Chiesa, cioè Corpo mistico di Cristo ed insieme ringraziamento vivo. Ringraziamo perché è lo Spirito che ci rende ringraziamento da cui scaturisce l’energia per andare nel mondo. Questo “riposo” e questo “ringraziamento” non sono ancora definitivi per noi, infatti dopo un po’ il sacerdote si alza e proclama l’Orazione dopo la Comunione e quindi termina con i Riti conclusivi. Dopo il “riposo assieme a Gesù” – che deve essere anche un ringraziamento da parte nostra, altrimenti non siamo consapevoli del dono ricevuto – c’è il “ripartire” che è l’essere inviati. Il “fermento”, che abbiamo ricevuto in noi e che ci trasforma, ci rende a nostra volta nuovo fermento che deve simbolicamente e misteriosamente trasformare tutta la famiglia umana e tutto il creato. Da questo riposo con Gesù deve scaturire la gioia di testimoniarlo nel mondo.

Don Gino