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METAMORFOSI DEL CREDERE

 

Abbiamo da poco iniziato un nuovo anno scolastico, un nuovo anno pastorale, un nuovo anno catechistico, tutto questo mette in moto un coinvolgimento numerosissimo e appassionato di persone dedite all’educazione delle nuove generazioni.
Paola Bignardi, già Presidente dell’Azione Cattolica Nazionale, nel 2012 per l’Istituto Giuseppe Toniolo, ha avviato un “Osservatorio Giovani”.
Si è trattato di un intenso e ben documentato lavoro di ascolto che ha svelato un mondo inedito ed inesplorato, i dati raccolti mostrano una realtà che sembrava aver liquidato l’esperienza religiosa, al contrario l’ascolto dei racconti, delle domande dei giovani ha messo a nudo una vitalità sofferente, inquieta, smarrita ma forte.
Nel suo libro “Metamorfosi del credere”, (edito da Queriniana), partendo da quel lavoro, prosegue la sua descrizione del mondo giovanile.
Tantissimi giovani cattolici italiani hanno frequentato il catechismo in passato, lì hanno imparato un modo di vivere il cristianesimo che non è il loro e qualora si siano convinti di non essere più credenti abbandonano ogni riferimento religioso, sentendosi giudicati da una forma del credere cristiano che non condividono più.
Ma se si guarda più da vicino ci si rende conto che non c’è incredulità bensì distanza dal modo di credere classico, quello che è stato presentato come l’unico corretto e possibile.
Nell’immaginario giovanile la Chiesa in senso universale è un’istituzione di cui fidarsi poco. Nel 2021 i giovani che dichiarano di avere molta fiducia nella Chiesa sono il 2%.
Ma se si vuole capire la vita religiosa dei giovani di oggi occorre cercare sul piano del loro atteggiamento di fronte alla vita e di fronte a se stessi. Naturalmente i numeri non rendono conto degli stati d’animo, delle emozioni, delle opinioni e delle ricerche in atto nella coscienza dei giovani.
Per conoscere il mondo interiore delle persone è necessario porsi in ascolto, creare uno spazio relazionale, superare i luoghi comuni e la lamentela, provare ad orientare diversamente lo sguardo. La secolarizzazione ha distrutto le forme di una cultura religiosa, ma non ha potuto cancellare ciò che appartiene all’umanità quasi in forma costitutiva.
C’è un nucleo di domande nella vita delle persone che sembra non poter essere estinto: oggi riaffiora in forme nuove – post-cristiane e post-religiose – che rappresentano

comunque un appello che sale dalla vita e che tende oltre la vita “qui e ora”.
Siccome è stato spazzato via il modo di pensare, di vivere, di dire il religioso proprio di un tempo, non trovando più risposte pronte, preconfezionate, che chiudano rapidamente la ricerca, ora le domande sono libere di riemergere.
Le domande dovrebbero poter aprire strade nuove verso il mistero, verso Dio. Che per la Chiesa questo sia un tempo difficile è sotto gli occhi di tutti gli osservatori, la sua crisi sta generando un disagio profondo a cominciare da quanti sono più coinvolti in essa: operatori pastorali e soprattutto preti.
Anche la Chiesa ha davanti a sé il “dilemma dell’aragosta”: liberarsi da ciò che in lei è invecchiato e lasciar rifiorire la vita, con tutto ciò che di rischioso questo comporta.
Il rischio sarà persino maggiore se abbandonerà i giovani alla loro solitudine o se pretenderà imperiosamente di riportarli alla fede del passato.
Non solo i giovani se ne andranno per la loro strada, ma la comunità cristiana avrà perso l’occasione che lo Spirito le offre per aggiornarsi, per ringiovanire il suo messaggio, per diventare contemporanea delle donne e degli uomini di questo tempo, loro vera compagna di viaggio.

Rosaria G.