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SAN GIUSEPPE

 




Nella seguente meditazione Don Alberione invita a: «conoscere… sempre meglio San Giuseppe, imitarlo nel lavoro di perfezionamento e pregarlo» (Alle Figlie di San Paolo 1960, pp. 51-57).

È magnifica la liturgia di oggi con cui si onora San Giuseppe. Occorre: conoscerlo e imitarlo e pregarlo. Nella storia ecclesiastica è stato per qualche tempo come all’oscuro, poco se ne parlava. Questo è conforme ai grandi, imperscrutabili disegni di Dio, ma da qualche secolo, specialmente dal secolo XV [Con l’elezione di Papa Sisto IV nel 1479, fu introdotta nella Chiesa di Roma la solennità di San Giuseppe da celebrare il 19 marzo. Nel secolo seguente fu estesa alla Chiesa universale], la devozione a San Giuseppe presso il popolo cristiano è andata penetrando nelle anime ed estendendosi a tutta la Chiesa.
Il suo nome oggi lo incontriamo spesso unito a quello di Maria, egli condivise la missione di Maria, in qualche maniera la servì e particolarmente vi collaborò. Nel Breviario abbiamo letto queste parole: «Profugum iustum deduxit sapientia per vias rectas»: «Il Signore condusse il giusto, la sapienza di Dio condusse il giusto per le vie rette» (cfr. Sap 10,10). Il Signore dispose che, molti anni prima che San Giuseppe venisse a compiere la sua missione, era già prefigurato in Giuseppe che fu venduto dai fratelli e condotto in Egitto che fu fermissimo nell’osservanza della sua castità a costo del carcere. Fu fatto il provveditore degli Egiziani durante la carestia, e poté dire ai suoi fratelli: «Voi mi avete mandato qui, ma fu il Signore che ha condotto le cose» (cfr. Gen 45,5), sono stato mandato qui per voi, cioè per la vostra vita, perché io potessi dare aiuto e soccorso a voi nell’indigenza.
La sapienza di Dio conduce le anime e se noi sappiamo abbandonarci a lei, dove veniamo condotti, dove veniamo guidati? Siamo guidati per le vie rette. Le vie rette per ogni anima si riducono ad una: la volontà di Dio su ciascuno. In generale, non dobbiamo noi farci un programma, ma dobbiamo prendere il programma che Dio ha su di noi. Dio su ognuno ha dei disegni, e chi compie i suoi disegni, arriverà anche al

disegno ultimo di Dio cioè alla santificazione, alla salvezza eterna.
Il disegno di Dio è: «... Vult omnes homines salvos fieri»: «... vuole che tutti gli uomini arrivino a salvezza» (cfr. 1Tm 2,4).
Dice ancora il Breviario: «Et ostendit illi regnum Dei», il Signore fa sempre brillare davanti a noi la sua luce, e nella sua luce il regno di Dio dentro di noi mentre siamo in questa vita, il regno di Dio nell’eternità: la felicità. Conoscere il fine per cui si è creati: Per che cosa sono qui oggi? Per che cosa spenderò la mia vita? «Ostendit illi regnum Dei», la vita eterna. Quando si oscura questa luce, le anime si disorientano come chi manca della luce in una notte oscura e può cadere in qualsiasi precipizio. La luce di Dio: «Ostendit illi regnum Dei», chiedere sempre la luce a Dio.
Poi il Breviario aggiunge che il Signore accompagna il giusto nelle sue fatiche e nei suoi sacrifici, e così accompagnò San Giuseppe: «Honestavit illum in laboribus suis». Santificò con la sua grazia San Giuseppe, le sue fatiche, i suoi sacrifici, le sue pene e così arrivò al premio: «Complevit labores illius» [cfr. Sap 10,10: «Per diritti sentieri ella guidò il giusto in fuga dall’ira del fratello, gli mostrò il regno di Dio e gli diede la conoscenza delle cose sante; lo fece prosperare nelle fatiche e rese fecondo il suo lavoro»]. Adesso San Giuseppe è glorioso in cielo, perché compì perfettamente la sua missione sulla terra. Tante volte egli poteva ignorare i vari passi che doveva fare per compiere la sua missione, ma c’era sempre una luce: la volontà di Dio, la salvezza, la santità. Questa è la luce che guida il giusto.
Quante volte ci crediamo sapienti e invece la sapienza non c’è. Sapiente è colui che prende la sapienza da Dio e cioè si lascia guidare da Dio. A volte noi domandiamo al Signore delle grazie che sono contro di noi: «Oportet sapere et sapere ad sobrietatem» [cfr. Rm 12,3: «Non valutatevi più di quanto conviene, ma valutatevi in modo saggio»]. Ognuno si stimi, ma si stimi modestamente, per quello che è. Non chiediamo le grazie che sono contro di noi. Tuttavia, anche quando sbagliamo a chiedere le grazie, il Signore dirige le nostre preghiere a buon fine e a nostro vantaggio. Allora brilla di nuovo la luce di Dio sopra di noi.
Conoscere San Giuseppe. Ora si sono pubblicati vari libri, anzi tanti, che ci fanno conoscere San Giuseppe. [...] Ecco, prima i libri più semplici, poi i libri sempre più alti al fine di penetrare la vita, i privilegi, le grazie, la santità, il potere di San Giuseppe in cielo. Imitare San Giuseppe. Nella “Coroncina” per mezzo di San Giuseppe si domanda al Signore questa grazia: fare il lavoro spirituale e vivere come lui che andava perfezionandosi giorno dopo giorno. Ogni giorno ci è dato perché facciamo meglio.
Si onora San Giuseppe come lavoratore, e questo viene ricordato il 1° maggio, con un’altra festa ad onore del grande santo [Pio XII (1876-1958) il 1° maggio 1955 istituì la memoria liturgica di S. Giuseppe lavoratore]. Ma bisogna che noi penetriamo il senso di questa festa: San Giuseppe lavoratore. Un lavoro che era redentivo, un lavoro santificato, un lavoro che serviva per collaborare alla redenzione
dell’umanità. Perciò non solo il lavoro di falegname, ma occorre il lavoro spirituale per penetrare meglio il senso della festa. Il lavoro spirituale, cioè il lavoro di correzione, emendazione, il lavoro di costruzione. Ogni giorno costruire un poco l’edificio, aggiungere qualche mattone all’edificio della santità, della perfezione. I piccoli al lavoro! Coloro che sono già arrivati sul campo dove devono esplicitamente compiere il lavoro del perfezionamento: al lavoro! La vita non ci è data per spenderla a nostra soddisfazione, ma per progredire, per prepararci per il cielo. È inutile aspirare al cielo se non ci prepariamo e, se vogliamo andare con i santi, quella è la via: la santificazione nostra, il lavoro interiore, l’esame di coscienza, la meditazione, la Visita. Vi sono poi le preghiere per domandare le grazie per conseguire i propositi dell’esame di coscienza, della meditazione, della Visita: il rosario, la Messa e particolarmente la Comunione.
Il lavoro interiore comincia dall’esame di coscienza. Perché? Perché il lavoro spirituale comincia dal detestare ciò che non è buono. Questo è l’inizio della via che conduce alla santità: la detestazione, il dolore di ciò che non è perfetto. Quando poi si è arrivati ai voti, si è scelto un lavoro per la vita e risulta dalle Costituzioni: la gloria di Dio e la santificazione, il perfezionamento mediante i voti e la vita comune. Segue il secondo articolo cioè l’apostolato. Lavorare per questo perfezionamento, come San Giuseppe ha impiegato tutta la sua vita terrena in questo lavoro. San Giuseppe lavoratore, ma prima il lavoro interiore, il lavoro spirituale.
Pregare San Giuseppe. Sì, dobbiamo pregare San Giuseppe per ciascuno di noi, e ciascuno sa la sua posizione. È sempre bello nelle feste solenni, e una delle feste solenni è questa di oggi, recitare il Salmo nelle ore minori: «Beati immaculati in via, qui ambulant in lege Domini»: «Beati quelli che camminano immacolati, senza macchia, nell’osservanza della legge di Dio» (cfr. Sal 118,1). Quel Salmo consta, ed è il più lungo, di circa centoventi versetti. In questi centoventi versetti circa, in ogni versetto si domanda la grazia di fare la volontà di Dio, di seguire i comandi di Dio, i voleri di Dio. L’espressione è, si può dire, in ogni versetto un po’ nuova, ma in fondo sempre si chiede questo. Vedete come noi dobbiamo, specialmente nelle feste solenni, domandare per circa centoventi volte come nel Breviario di compiere la volontà del Signore, dilettarsi della volontà del Signore, domandare perdono se ci siamo allontanati dalla volontà del Signore e poi contemplare il premio di chi fa la volontà del Signore, la volontà di Dio.
Domandare la grazia di compiere questa volontà di Dio! Vi sono gli indirizzi generali che si danno nelle prediche, ma vi sono poi gli avvisi particolari della Confessione, della direzione spirituale. Prendiamoli come detti a noi, come espressione del volere di Dio su di noi. Ma poi ci sono tante ispirazioni di Dio. Perché? Perché il Signore lavora l’anima nostra, noi dobbiamo assecondare il suo lavoro, la sua grazia, il Signore, che è nell’intimo dell’anima nostra quando si è in grazia di Dio, parla, non è muto, il Signore comunica con l’anima. Potessimo conoscere le finezze della divina Provvidenza per ciascuna anima! Non essere sempre dei superficiali, siamo troppo assetati di cose esteriori, specialmente delle notizie che non ci giovano. No! Abbiamo dentro di noi una storia intima che si sviluppa, è la storia della misericordia di Dio ed è la storia della nostra corrispondenza.
Se la storia della nostra corrispondenza asseconda il volere di Dio, cioè la storia delle misericordie di Dio, allora la misericordia di Dio metterà la corona al nostro lavoro interiore: il paradiso, il premio proporzionato.
In questo tempo, gennaio, febbraio e anche marzo, particolarmente ieri, mi sono stati presentati i conti che riguardano l’amministrazione, che riguardano i libri che si sono fatti; il numero di copie di periodici stampati e il numero delle copie diffuse, le giornate, per esempio che si sono fatte per il Vangelo, per il catechismo. Un elenco di cifre consolantissime, e una parte di questa consolazione viene proprio da voi che siete qui presenti. Dicono che le cifre non sono poesia, ma dietro alla cifra arida ci sta veramente la poesia, e cioè ci sta una cifra che gli uomini non hanno l’aritmetica per contare, è una aritmetica riservata a Dio, e questa poesia e questa aritmetica è quella che rappresenta i meriti. Chi li conta? Coloro che riempiono la giornata di meriti, non si stanchino! Vi è il Signore che non sbaglia nella sua aritmetica, non gli sfugge neppure il minimo sospiro di bene, il minimo desiderio, perché c’è pure l’apostolato dei santi desideri. Chiedere per intercessione di San Giuseppe di far rendere la vita al massimo. Sono così solleciti i negozianti per far rendere il loro negozio! Ora, il negozio unico e più grande si può intendere sotto due aspetti: il negozio dell’eterna salute e far rendere la vita.
Poi pregare San Giuseppe per la Chiesa. Teniamo presenti i bisogni di tutta la società, possiamo dire tutti i bisogni della Famiglia Paolina, ma allarghiamo anche il nostro cuore, comprendiamo tutte le necessità della Chiesa, che vuol dire le necessità dei fratelli. Siamo diventati figli di Dio per il Battesimo e siamo tutti fratelli. Pregare per il Papa, particolarmente mettendo le intenzioni che egli ha riguardo al Concilio ecumenico; pregare per l’episcopato, per i religiosi, per i sacerdoti, per tutti i cristiani, estendere la preghiera ai cristiani che sono un po’ dell’altra sponda. E poi estendere le nostre intenzioni a tutta l’umanità. Pio IX ha dichiarato San Giuseppe protettore della Chiesa universale [Con il Breve Neminem fugit dell’8 dicembre 1870, Pio IX proclamò S. Giuseppe patrono della Chiesa universale] e noi assecondiamo l’intenzione di questo grande Papa: tutta la Chiesa sotto la cura, la protezione di San Giuseppe, affinché come egli ha salvato la minacciata vita di Gesù fanciullo, anzi bambino, così salvi la Chiesa dalle ostili insidie. E non solo questo, ma che infonda nella cristianità, cioè nella Chiesa, un cuore sempre più aperto, ed in ogni anima uno zelo missionario, che vuol dire compiere la nostra missione. Particolarmente ricordare coloro che lavorano in quelle regioni che sono chiamate terre di missione.
Conoscere dunque sempre meglio San Giuseppe, imitarlo nel lavoro di perfezionamento e pregarlo per tutti, per ognuno di noi. Ciascuno ha qualche cosa da domandare. Particolarmente rivolgiamo le nostre preghiere a San Giuseppe per i Discepoli. Mi hanno detto che la Coroncina a San Giuseppe è un po’ lunga. Un altro mi ha detto: “Quelli che dicono che la coroncina a San Giuseppe è un po’ lunga, dimostrano una pietà corta”. Ma nessuno di voi ha la pietà corta. Abbondanza sempre di preghiera, particolarmente oggi.


Beato Giacomo Alberione