della Chiesa onoriamo Cristo Maestro e riconosciamo quel mirabile equilibrio di funzioni da Lui stabilito, affinché la sua Chiesa potesse perennemente godere della certezza della verità rivelata, dell’unità della medesima fede, della coscienza della sua autentica vocazione, dell’umiltà di sapersi sempre discepola del divino Maestro, della carità che la compagina in un unico mistico corpo organizzato, e la abilita alla sicura testimonianza del Vangelo» (Paolo VI, Udienza 22.02.1967).
La sofferenza come mistero salvifico
La memoria delle apparizioni della Vergine a Lourdes ci porta a ricordare insieme che l’ “Immacolata Concezione” di Maria, significa che il peccato non l’ha mai toccata per la misericordia divina. Tuttavia non l’ha esentata dalla sofferenza, perché la sofferenza associata in Cristo diventa salvifica.
Noi spontaneamente uniamo Lourdes ai malati per i tanti miracoli lì ottenuti per intercessione della nostra Mamma celeste. Ma è la salvezza eterna che è importante. La salvezza delle anime è la missione della Chiesa. La cura dei corpi è lavoro dei medici, che pur nobilissimo, non ci ottiene la salvezza eterna.
Arrivare sani alla morte non significa affatto avere la salvezza. Al massimo ci ottiene un corpo così in salute da diventare “il cadavere più sano del cimitero” (per usare l’ironia usata dal poeta americano E.L. Masters in Antologia di Spoon River).
In questi tempi di pandemia, stupisce la cura posta per non ammalarsi – alcuni timorosi di contaminarsi pure con i medicinali – anche a costo di sacrifici e limitazioni.
Magari ci fosse anche un po’ di attenzione a non contaminarsi col peccato, così da non guastare la purezza e la bellezza dell’anima creata da Dio per lo splendore della felicità eterna! Dovremmo mettere almeno lo stesso impegno a cercare di risanare l’anima nostra come quello profuso a guarire il corpo.
Bernardette raccontò che nella terza apparizione (18.02.1958) la “Signora”: «Mi disse anche che non mi prometteva di farmi felice in questo mondo, ma nell’altro».
Per fare questo dobbiamo imparare ad abbracciare la sofferenza per amore di Cristo. Non sono importanti i sacrifici, né le rinunce, né le fatiche ma l’essere uniti a Gesù.
Certamente Dio vuole la salvezza di tutto l’uomo, sia del corpo che dell’anima, ma quale salvezza o quale gioia nell’anima ci potrà essere senza Cristo?
La Chiesa di Cristo non può essere una e cattolica senza essere anche missionaria, cioè se non si prodiga senza misura per la salvezza eterna di tutti gli uomini.
Non lasciava mai il Tempio
La Celebrazione della Presentazione di Gesù al Tempio è anche l’occasione di ricordare nella Chiesa la Vita Consacrata. La tradizione ha ravvisato in questa pagina del Vangelo i modelli di tutta la vita religiosa nelle figure di Gesù, della Vergine Maria, di Giuseppe, del vecchio Simeone ed infine di Anna.
Vorrei invitarvi a riflettere su quest’ultima figura, del resto non pochi sono coloro che hanno una età simile alla sua (anche se non sono vedove, di cui era il modello secondo la tradizione patristica).
Di Anna si dice: «Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere» (Lc 2,37). Il versetto, alla lettera, indica che la sua vita era tutta spesa nel tempio di Gerusalemme.
Ma come simbolo vale per tutte le anime consacrate, cioè di vivere in modo da non allontanarsi mai dal Signore, in modo particolare da non perdere mai la grazia. Anna lo fa con «digiuni e preghiere» perché attendeva la salvezza. Quando questa arriva prorompe di gioia al vedere Gesù e lo testimonia «a quanti aspettavano la redenzione». È veramente il programma di ogni anima consacrata: pregare incessantemente, lodare Dio per la salvezza che abbiamo in Cristo ed annunciarlo a quanti incontriamo sulle nostre vie.
Maria ci indica un modello più perfetto: diventare noi stessi tempio del Signore, dove Gesù possa sempre abitare. Ma intanto iniziamo ad imitare il modello di Anna che, pur anziana, non cessa di servire il Signore.
Don Gino
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