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CON ANGELI E PASTORI

 

Carissime Annunziatine,

la liturgia del tempo di Avvento ci invita a riconoscere il Signore che viene, non solo ad aspettarlo ma a desiderare di incontrarlo. Incontro che, nella Liturgia di Natale, culmina nella celebrazione della Veglia quando, cantando il Gloria insieme alle schiere angeliche, si celebra la gioia della presenza del Verbo “umanato” nella grotta di Betlemme.
Infatti è proprio lì che l’umanità ha finalmente incontrato il suo Creatore, Israele ha potuto contemplare l’atteso Messia, ciascuno di noi gioire del nostro Salvatore. Incontro di gioia e stupore, perché inatteso e sorprendente: scoprire un bimbo in fasce in una mangiatoia! Il Potente si nasconde nella tenerezza di un bimbo, il Verbo eterno in un infante che incanta i nostri cuori.
Ed insieme, dobbiamo aggiungere, nella notte di Natale lo troviamo nell’Eucarestia dove Gesù si fa nostro cibo di vita. Se non ci accostiamo al Pane Eucaristico che mistero di Natale celebriamo? Betlemme non significa forse “casa del pane”? Pane di cui abbiamo bisogno per la vita eterna.

Quelli che vegliano

Nel vangelo di Luca troviamo degli umili pastori che vanno incontro per primi al nato Bambino. Nei pastori, che «vegliavano tutta la notte» e che «vanno senza indugio», siamo simboleggiati anche noi e il cammino spirituale che dobbiamo compiere.
Gesù nasce per noi e per la nostra salvezza, ma noi dobbiamo andarGli incontro, affinché colui che bussa alla nostra porta non passi oltre (cfr. Ct 5,2; Ap 3,20).
È senza misura l’opera di Dio, ha piegato i cieli per scendere, per rispondere alle nostre richieste. Infatti nel salmo si dice: «Signore, abbassa il tuo cielo e discendi» (Sl 144,5).
Ed ecco, l’ha fatto nel pieno della notte, quando la notte era a metà del suo corso (cfr. Sap 18,14). Nel pieno della notte significa che rimane un mistero a noi inaccessibile. Noi, con i pastori, possiamo arrivare solo un po’ più tardi, per vederlo già avvolto nei panni e deposto nella greppia.
Dai pastori dobbiamo apprendere questi due atteggiamenti spirituali: il vegliare e l’andare senza indugio.

Vegliare non significa “insonnia”, ma “vigilare scrutando”. Chi è che veglia nella notte? Le guardie che sorvegliano e chi attende qualcuno. Se non si attende nessuno non si veglia. In senso spirituale è soprattutto il cuore che veglia, cioè aspetta ardentemente. Nell’Antico Testamento i “vigilanti” sono gli angeli, poiché sempre desti alla presenza di Dio. Nella scena del Presepe ci sono due schiere che vigilano: gli angeli che dal Cielo vengono ad adorare e glorificare il loro Signore e i pastori che “da quella regione” salgono a trovare il loro Messia. Dunque anche noi dobbiamo con i pastori vegliare nell’attesa e salire per incontrare il “Signore che viene”. Perciò occorre che il nostro cuore sia desideroso di incontrarlo. Tutta la preparazione del tempo di Avvento non è altro che accendere nel nostro cuore il desiderio di incontrare il Signore.

Il segno

Nel racconto di Luca, gli angeli (che abitano la luce inaccessibile di Dio) sono messaggeri ai pastori (che stanno a vegliare nella notte) dell’annuncio della nascita del Messia. Del resto “angelo” significa “messaggero” e l’evangelizzatore è colui che porta il messaggio della salvezza. Noi dobbiamo imitare i pastori che con fiducia accolgono il messaggio e “senza indugio” vanno dove gli è stato loro indicato. Il messaggio per riconoscere il Signore ci viene dalla Parola che in Avvento abbiamo ascoltato. Ai pastori viene indicato un segno per riconoscere quanto annunciato: «Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,12), e infatti i pastori «trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia» (Lc 2,16). Qui va notata una sfumatura: “troverete un bambino” per i pastori diventa “trovarono Maria, Giuseppe e il bambino”. Dobbiamo ricercare il Cristo, ma non è possibile trovarlo senza incontrare chi l’ha accolto prima di noi. Gesù lo si trova nella Chiesa che ci permette di incontrarlo vivo nell’Eucarestia e nella fede vissuta. È un illuso chi pensa di trovare Cristo senza Maria e Giuseppe, come è impossibile trovare il Cristo senza essere in comunione con la Chiesa. Ancora, soffermiamoci sul termine “adagiato”. A Betlemme (casa del pane) il bambino è adagiato in una mangiatoia perché desidera che noi ci cibiamo di Lui. I pastori vedono qualcosa che è già stato fatto: Dio ha piegato i cieli per scendere. Ma chi ha adagiato Gesù? Maria ha adagiato l’Unigenito perché possa riposare come ogni bimbo piccolo, ma anche perché è lei che ci dà il Verbo eterno. È lei che ci dà il Pane di Vita, è Maria che ci dà Gesù. Qui possiamo osservare che senza Maria non possiamo riconoscere Gesù, e senza la Chiesa non possiamo ricevere l’Eucarestia che è il Corpo di Cristo.

Adagiato

Un’ultima riflessione: Maria “ha adagiato” Gesù sulla mangiatoria e così i pastori hanno riconosciuto il segno indicato dall’angelo. Ma questo verbo ci indica anche altro: la Vergine ha anche adagiato il Figlio sul suo seno prima di deporlo nella greppia. Anche in questo dobbiamo imitare Maria: prima di donarlo agli altri (l’apostolato è dare Cristo al mondo) dobbiamo stringerlo al nostro cuore. È necessario amarlo in modo che il cuore di Gesù e il nostro palpitino all’unisono. Per comprendere le cose di Dio bisogna adagiarsi in lui, per questo Giovanni nell’ultima Cena si adagia sul petto del suo Maestro per udire i palpiti del suo cuore e così comprendere il suo insegnamento. Il discepolo “che Gesù amava” è colui che apprende con il cuore e con la mente ogni parola che esce dalla bocca di Dio, per nutrirsi del Pane di Vita. Maria ha ancora da insegnarci un altro “adagiare” l’ultimo: quando Gesù fu deposto dalla Croce lo adagiò su di sé. Maria non cessa mai di accogliere Gesù, anche quando non comprende quel Mistero che le spezza il cuore e le trafigge l’anima. Questo ci insegna che anche noi dobbiamo sempre accogliere il nostro Signore, anche quando non è come vorremmo, quando è “non riconoscibile”. Il cuore infatti lo riconosce e non vuole staccarsi da quel corpo e da quella umanità da cui tutte le grazie ci sono donate. Con lo stesso amore dobbiamo accogliere con tenerezza Gesù Bambino del Presepe di Betlemme e stringere al nostro cuore Gesù Crocifisso a Gerusalemme.

Don Gino