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IL PURGATORIO
2) In secondo luogo si va in Purgatorio per le cattive abitudini, come per es.: l’abituale distrazione nelle preghiere, l’abituale tendenza a credersi qualche cosa, a disprezzare gli altri; abitudini che riguardano il modo di pensare; aver sempre la testa piena di sciocchezze; il cuore che vaga e si attacca un po’ qua, un po’ là. Sono specialmente le cattive abitudini interne che sono pericolose. Quando un’anima era abitualmente fredda nella pietà dovrà andare a riscaldarsi in Purgatorio. È vero che i peccati veniali e le cattive abitudini non sono peccati mortali, e si possono paragonare a fogli di carta, ma vedete che quei fogli di carta che voi mettete ai vetri delle finestre impediscono il passaggio della luce. 3) Terza causa per cui si va in Purgatorio sono le pene che si devono ancora scontare, cioè la penitenza per i peccati mortali o veniali che furono solo perdonati quanto a colpa, ma per i quali non si è ancora soddisfatta la divina giustizia. E tale soddisfazione è proporzionata alla gravità del peccato e a quanto mancava di dolore necessario a scancellare tutta la pena. 4) Si va in Purgatorio anche perché sulla terra il corpo non si è abituato a servire in tutto all’anima. L’anima vorrebbe slanciarsi verso Dio, volare a lui, ma il corpo fa resistenza. L’anima vorrebbe essere tutta di Dio, ma il corpo è ancora dominato dalla golosità, dalla pigrizia; quel cuore è legato da tanti fili a destra e a sinistra: c’è ancora quella affezione, quella preferenza, ecc. Questi ritardi e resistenze del corpo mandano in Purgatorio. Le pene del Purgatorio sono tre: pena del danno, pena del senso e pena dello spirito. Pena del danno: l’anima non è ancora ammessa alla presenza di quel Dio che essa ama come un padre buono; e soffre come un figlio affezionatissimo al padre, che è costretto a starne lontano. L’anima, uscita dal corpo, ha una sete vivissima, ardentissima di Dio: tutti i suoi desideri si concentrano in uno solo, quello di Dio, ma se ha ancora dei debiti da pagare alla divina giustizia, Dio deve allontanarla da sé. Come se ad un febbricitante assetato si fa vedere dell’acqua senza dargliela a gustare. La pena del danno è la più grave, sebbene in essa l’anima sia rassegnata. La pena del senso è una punizione per quelle parti che hanno mancato. Questa pena può affliggere l’anima anche se questa è separata dal corpo. Pena del senso è specialmente il fuoco. Pensiamo agli ardori del fuoco e non fuoco metaforico o simbolico, ma fuoco materiale, reale. La pena dello spirito è quella per cui l’anima è piena di rimorsi; sente una gran tristezza per aver offeso Dio, per essere stata fredda nelle Comunioni, pigra nei suoi doveri, poco delicata con Dio. Essa dice: Io, con qualche piccola mortificazione, con l’acquisto delle indulgenze, con qualche piccola opera buona potevo evitare queste pene e non l’ho fatto! Vedrà l’anima la festa che i santi fanno in cielo, penserà alla loro gioia e soffrirà nell’essere tenuta lontana da quella festa. Sarà una sofferenza rassegnata (l’anima non vorrebbe neppur più ritornare su questa terra), ma sarà una sofferenza acutissima. Dice S. Tommaso che la minima pena del Purgatorio supera la massima pena che si può soffrire in questo mondo. Che sciocchezza quando diciamo: il peccato veniale merita solo il Purgatorio! Ma sappiamo noi bene che cosa sia il Purgatorio? Evitare il Purgatorio fuggendo la tiepidezza e cercando di acquistare molte indulgenze. Mandiamo poi tanti suffragi alle anime purganti mediante le pratiche di pietà, le opere di misericordia. Facciamo conoscere il Purgatorio affinché i fedeli siano previdenti e cerchino di schivarlo. Purifichiamo l’anima, guardiamo soprattutto al nostro interno: se tutti i nostri pensieri, sentimenti, i nostri affetti, le nostre tristezze vengono da Dio. Esaminiamo i nostri atti interni per togliere quelli che non vanno e per indirizzare tutto a Dio. Beato Giacomo Alberione |