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ELIA DIFENDE DIO
(2)

 



Dopo molti giorni, nell’anno terzo, Dio rivolge ad Elia la sua parola: «Va’ a presentarti ad Acab e io manderò la pioggia sulla faccia della terra».
Elia aveva affermato che la pioggia sarebbe arrivata: «Se non quando lo comanderò io». Il momento della pioggia lo decide, invece, Dio.
Così comincia il capitolo 18 che possiamo dividere in tre parti o azioni: incontro di Elia con Abdia e con Acab (1,18,1-21);  sacrificio sul monte Carmelo (2,18,21-40); finalmente la pioggia (18,41-46).
Nella prima parte Elia si reca da Acab e lungo la strada incontra Abdia, il maggiordomo del re. Questi lo riconosce quale vero profeta e gli manifesta rispetto e riverenza. Lo supplica, però, di non mandarlo ad informare il re Acab della sua presenza. La notizia potrebbe procurargli la morte. Ed egli non la merita perché, pur vivendo nella corte di Acab, aveva salvato i profeti del Signore dall’ira di Gezabele. Il maggiordomo sembra rappresentare coloro che pur cercando di vivere rettamente non vi riescano perché i “vantaggi del potere” deformano la loro coscienza.

Elia decide, dunque, di andare personalmente dal re Acab il quale, irato a causa della siccità, lo incolpa delle disgrazie che hanno colpito il popolo. Elia gli precisa che la causa delle disgrazie è l’idolatria che sua moglie Gezabele introdusse con il culto di Baal. Ed egli anziché opporsi vi si fece coinvolgere.

La grande sfida

Nella seconda parte del capitolo 18 il profeta, per verificare chi sia il vero Dio, propone di preparare un sacrificio cultuale il cui fuoco che brucia l’animale dovrà accenderlo il vero Dio. Acab, per paura, del Dio d’Israele o forse del popolo, accetta.
Il popolo e i profeti di Gezabele, 450 di Baal e 450 di Asera, dea della fertilità, si radunano sul monte Carmelo che, alto 542 metri, con la sua sommità pianeggiante si presta a luogo di culto.
Dio non gli aveva chiesto questa e altre sfide! Perché Elia la decide? Il raduno doveva, inoltre, avvenire ‘‘presso di lui”, Elia! Come non vedere la subdola tentazione di Elia di sostituirsi a Dio! Al popolo convenuto sul monte, rivolge parole forti e veritiere: «Fino a quando salterete da una parte all’altra?» cioè: «Fino a quando danzerete a doppio passo?».
L’immagine allude all’impossibilità di danzare nello stesso tempo a doppio passo cioè di tenere il piede in due scarpe. Il popolo, di fatto, prestando culto a Baal si rapporta a un dio alla sua portata, in aperto contrasto con il Signore, Dio dei padri, vicino e pur lontano, imprevedibile, ma che non si fa manipolare, né comprare con regali.
Bisogna scegliere se stare con JHWH o con Baal. «Se il Signore è Dio, seguitelo! Se invece lo è Baal, seguite lui!». Il rapporto con Dio non può arrivare fino a un certo punto. Dio non ama le mezze misure e tanto meno una relazione … fino a un certo punto.
Gesù dirà: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potere servire Dio e la ricchezza» (Mt 6,24; cfr. Lc 16,13).
Il popolo non risponde. Forse non capisce, oppure teme di essere perseguitato da Gezabele. Elia esprime la sua amarezza: «Io sono rimasto solo come profeta del Signore» (18,22). Si sente dimenticato dal suo Signore, oppure, poiché vuole vederlo agire in modo violento alla sua maniera, non lo riconosce?
Il lettore sa – ma anche Elia ne è a conoscenza – che ci sono in mezzo al popolo, benché nascosti, altri profeti (18,4.13). I versetti 23-25 descrivono i preparativi della sfida nei minimi particolari.
Si preparano due altari: uno per i profeti di Baal, l’altro per Elia; l’animale da sacrificare: come squartarlo, dove porlo e si attenderà che il vero Dio accenda il fuoco.
Elia nel v. 24 sembra sfidare anche il suo Dio: «Il dio che risponderà col fuoco è Dio!». Dio deve agire come lui ha stabilito! La sfida inizia con i profeti di Baal che con urla, danze e incisioni da mattino a sera invocano l’intervento del loro dio. Ma «non vi fu voce, né chi rispondesse».
Elia dal confronto passa al sarcasmo, beffandosi di loro. Con evidente scherno invita i profeti di Baal, che hanno inutilmente invocato il loro dio per tutta la mattinata fino a mezzogiorno, di urlare più forte: «Gridate a gran voce, perché è un dio!».
Il sarcasmo raggiunge il suo apice nella triplice motivazione dell’assenza di Baal: «È occupato, è in affari o è in viaggio; forse dorme, ma si sveglierà» (18,27). Diverse volte si ripete il verbo rispondere o il termine risposta (cfr. vv. 21, dove seguire è sinonimo di ascoltare: 24. 26. 29. 37). Baal dorme e non risponde perché è un idolo e come dice il Salmo, essi vivono solo nella mente di chi se li costruisce: «I loro idoli sono argento e oro, opera delle mani dell’uomo. Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono, hanno narici e non odorano. Le loro mani non palpano, i loro piedi non camminano; dalla loro gola non escono suoni!» (Sal 115,4-7). Se non comunicano e non si muovono non esistono!

Il vero Dio ascolta il suo popolo

Il Dio d’Israele non ha bisogno di dormire anzi come sentinella custodisce il suo popolo dall’assalto dei nemici di giorno e di notte (Sal 121,3-4).
Arriva il turno di Elia che si rivolge al suo Dio senza gridare: «Signore, Dio di Abramo, di Isacco e d’Israele, oggi si sappia che tu sei Dio in Israele e che io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste cose sulla tua parola. Rispondimi, Signore, rispondimi, e questo popolo sappia che tu, o Signore, sei Dio e che converti il loro cuore!» (18,36-37).
Il Dio di Elia e del popolo, poiché è Dio, ascolta e risponde! La preghiera del profeta è sincera ma ancora avvolta nel protagonismo. Come fa ad affermare che tutte queste cose le compie “sulla parola del Signore” visto che ha deciso lui quella sfida? Protagonista di tutta la scena sembra essere lui.
In realtà, il vero protagonista è il Signore Dio che risponde come vuole e quando vuole, anche se sollecitato dal profeta. Interviene nel silenzio della parola e nell’efficacia dei fatti. «Cadde il fuoco del Signore e consumò l’olocausto, la legna, le pietre e la cenere, prosciugando l’acqua del canaletto». Tutto il popolo cadde con la faccia a terra e disse: «Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!».
Il Dio di Elia è acclamato vero Dio contro l’invadenza di culti idolatrici. Il popolo, dopo questa professione di fede, ha il coraggio di opporsi alla regina Gezabele e di dedicarsi a Dio? Il testo non lo dice! Il sistema avrà addormentato la sua coscienza?
La sfida sul monte Carmelo mostra la differenza tra religione (rapporto o legame generico con una divinità) e fede: la religione per sua natura si rapporta a un dio a propria misura, che si suppone a propria disposizione e si lascia comperare da regali; la fede è relazione personale con Dio, che si sperimenta lontano e vicino; un Dio personale che agisce, parla, ascolta e desidera una risposta attenta. È il Dio che ama gratuitamente.
L’intervento di Dio, senza dubbio, legittima Elia nel suo ruolo di “profeta” (18,22) e “servo” (18,36). Dopo aver vinto la sfida, Elia uccide, senza pietà, i profeti di Baal in modo esagerato, raccapricciante.
Il suo zelo sembra superare quello di Dio quando difende il suo santo Nome. L’azione punitiva di Elia va compresa alla luce delle indicazioni di Es 22,19; Nm 25,5; Dt 13,2-12; 17,2-5 secondo i quali uccidere i profeti di Baal significa uccidere l’idolatria che essi rappresentano, eliminare senza possibilità di scampo, ciò che distoglie da Dio e porre al centro della vita del popolo il primo comandamento.

Pioggia per la terra arida

Nella terza parte (18,41-46) Dio realizza la promessa della pioggia. Questi pochi versetti sono scanditi dal verbo salire ripetuto sette volte. Riguardano Acab che deve salire per mangiare, Elia che sale sulla cima del monte, il servo di Elia che sale a guardare in direzione del mare, la nube portatrice dell’acqua che sale dal mare; il servo che va ad informare Acab. Tutte queste azioni creano nei lettori un atteggiamento di attesa intorno alle azioni dei protagonisti. Anzitutto di Elia, che sulla cima del monte è prostrato a terra con il volto tra le ginocchia.
Non viene narrato se prega, che cosa domanda a Dio e come glielo chiede. Sorge, per questo, la domanda: il gesto di Elia, prostrato per terra, è un segno di umiliazione e di afflizione o un gesto quasi “magico” con cui il profeta tenta di porre rimedio alla siccità? La domanda rimane aperta! C’è poi il servo di Elia che per suo comando va a scrutare la via del mare, se per caso la pioggia si avvicini.
Dopo i sette tentativi del servo, dalla cima del Carmelo, il profeta Elia, con il prodigio della nuvoletta, che simile ad una mano d’uomo sale dal mare, assiste all’arrivo della pioggia e alla fine della siccità (1Re 18,41-45). Quindi manda il servo ad avvertire Acab di tornare presto a casa sua perché «non ti trattenga la pioggia» (cfr. 18,44).
La figura di Elia è molto ricca: in lui ombre e luci, negativo e positivo sono evidenti e si scontrano in continuazione. La luce e l’aspetto positivo emergono quando meno lo si aspetti. Elia, che si era mostrato violento, dovrebbe godere della morte di Acab, invece lo salva dall’annegamento. In Elia, profeta violento, si rivela la misericordia di Dio e il suo volto compassionevole. Ha vinto la sfida sui profeti di Baal; ha assistito all’arrivo della pioggia, potrebbe, perciò, ritenersi orgoglioso del successo della sua azione.
Dio, invece, lo prepara al vero successo quello dell’incontro con lui, ma facendolo passare per vie tortuose. Gezabele e Acab anziché riconoscerlo un grande profeta, vogliono ucciderlo provocandone la fuga. Una fuga benedetta che culminerà nel dono dell’esperienza inedita di Dio.
Nel momento in cui tocca fino in fondo la propria debolezza da invocare la morte: “E ora basta!” sperimenta che Dio è con lui, non nell’attivismo o nel chiasso ma “nel silenzio svuotato”. Svuotato da ogni interferenza! A partire dal proprio protagonismo.

PER LA RIFLESSIONE PERSONALE

– Prega il Salmo 115,1-12 e rifletti sulle azioni dei profeti di Baal e sui gesti sobri di Elia. Quale la differenza tra religione (anche i pagani sono religiosi!) e la fede biblica? Quale la differenza tra i riti religiosi e la preghiera cristiana?
– Lo zelo di Elia è sincero ma è intriso di protagonismo. Il Primo Maestro con saggezza nelle scelte che facciamo ci invitava a domandarci: «Questo è necessario? ho retta intenzione? lo faremmo se fossimo in punto di morte? Se le risposte erano affermative, ci si fidava di Dio» (AD 165).

Suor Filippa Castronovo, fsp