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IL LIBRO DEL PROFETA DANIELE
“Molti si risveglieranno dalla polvere”
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Alle soglie del Nuovo Testamento si giunge alla certezza che nessuno e neppure la morte può strappare dalla relazione con Dio quelli che vivono per lui e che a lui si affidano. La nuova visione teologica, circa la risurrezione dei morti, che si trova nel libro di Daniele (12,1-4) supera la teologia tradizionale, secondo la quale i morti scendevano nello “sheol” o “mondo sotterraneo” dove erano come “ombre”, sottratte alla relazione con Dio al quale non possono “dar lode” (cfr. Sal 49,15; 88,11). Giobbe definisce questo “luogo” come «la casa di ritrovo per tutti i viventi» (Gb, 30,23) e afferma che dallo sheol non si torna (Gb 7,9; cfr. 2Sam 12,23). Nello sheol ogni relazione è interrotta, soprattutto quella con Dio (Is 30,10-12). Per questo nei Salmi, l’invocazione a essere salvati dalla morte e non lasciati in preda allo sheol è insistente e pressante (Sl 116,3-4; Sir 17,22-23). Il salmista nella preghiera affidava a Dio la sua sorte ma l’idea della risurrezione era ben lontana: «Perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo veda la corruzione» (Sal 16). In Daniele 12,1-4 si parla esplicitamente di risurrezione dalla morte di alcuni individui. Così soltanto alle soglie del Nuovo Testamento, Israele arriva a esprimere l’audacia di credere che Dio possa agire anche nella morte, trasformandola in vita nuova. Questo importante brano fa parte della visione apocalittica dei capitoli 10-12, che alludono alla feroce persecuzione di Antioco IV Epifane e all’inizio della ribellione in difesa della fede ebraica per opera dei fratelli maccabei, martiri della fede (cfr. Dn 11). In questa cornice storica, nella quale i nemici sembrano trionfare, il profeta vede la salvezza finale del Dio d’Israele e del suo popolo. Al termine dell’angoscia Dio protegge e salva i suoi fedeli. Al di là della storia, l’intervento di Dio garantirà la risurrezione. Nel “tempo” della fine (Dan 12,1-4) «Ora, in quel tempo, sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo. Sarà un tempo di angoscia, come non c’era stata mai dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; |
in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro. Molti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna. I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre. Ora tu, Daniele, chiudi queste parole e sigilla questo libro, fino al tempo della fine: allora molti lo scorreranno e la loro conoscenza sarà accresciuta». In questi pochi versetti emergono due convinzioni: la salvezza dei “fedeli” e la “risurrezione” dei giusti. Importante il termine “tempo” che nel primo versetto si ripete quattro volte, ponendosi come chiave interpretativa del brano. “In quel tempo...” indica il giorno dell’intervento di Dio, che riguarda la morte del re persecutore (11,40-45), tempo caratterizzato dal dramma escatologico o “tempo della fine” (11,40; 12,4). Il “tempo dell’angoscia” quale motivo apocalittico delle tremende tribolazioni degli ultimi tempi è ripreso anche nel Nuovo Testamento (cfr. Mc 13,19.24). Proprio in quel tempo ci sarà “grande tribolazione” che non avrà l’ultima parola perché i fedeli, che appartengono al popolo di Daniele e sono scritti nel libro della vita, otterranno la salvezza. Alcuni si risveglieranno Il termine “molti”, riferito ai risorti, non è facile da definire. Può, di fatto, avere un senso inclusivo, indicando una grande moltitudine senza connotare l’esclusione di alcuno. Così, per esempio, in Marco 14,24: «questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza, versato per molti». Di questi “molti”, “alcuni” risorgeranno alla vita eterna: sono gli ebrei fedeli che sono morti nella persecuzione di Antioco, mentre altri risorgeranno a un castigo esemplare, cioè, gli ebrei apostati nella persecuzione e forse anche i persecutori pagani. Il testo non si preoccupa direttamente dei morti dei tempi precedenti o successivi e non esclude una risurrezione per loro ma neanche la afferma. Le destinazioni sono due: “la vita eterna” e “la vergogna e l’infamia eterna”. Valore cristologico La visione di Daniele che proietta la vicenda storica di sofferenza sullo sfondo dell’escatologia finale per noi cristiani ha un grande valore cristologico. Daniele dice che l’evento finale della storia sarà caratterizzato dalla risurrezione e quando i morti risorgeranno, vorrà dire che l’intervento definitivo di Dio si è realizzato. Gli apostoli e la prima comunità cristiana, in particolare nel Vangelo di Matteo, per mostrare che la risurrezione di Gesù è il segno dell’intervento decisivo di Dio che ha cambiato il corso della storia, interpretano la sua risurrezione in modo anche apocalittico (cfr. Mt 27, 52). Per l’apostolo Paolo che legge le Scritture alla luce e con riferimento a «Gesù Cristo nostro Signore» per mezzo del quale regna la grazia «mediante la giustizia per la vita eterna» (Rm 5,21), la vita eterna comincia nella vita terrena. La vita eterna è, in realtà, la comunione con Cristo che tramite la fede e in forza del battesimo e il dono dello Spirito rende partecipi i cristiani della morte e della vita di Cristo crocifisso e risorto (cfr. Rm 6,22-23). Questa comunione con Dio in Cristo grazie allo Spirito inizia nella vita terrena e si compie definitivamente nella risurrezione dei morti. PER LA RIFLESSIONE PERSONALE 1) San Paolo ai cristiani di Corinto che credevano nella risurrezione di Gesù, ma dubitavano della loro, scrive: «Ma se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati» (1Cor 15,17). Quanto incide nella tua vita la certezza che la risurrezione di Gesù ti riguarda direttamente e la tua vita in lui è cammino nella risurrezione? 2) San Paolo interpreta la vita cristiana che esprime la risurrezione come il comportamento delle persone sveglie: «Svegliati, tu che dormi, dai morti e Cristo ti illuminerà» (Ef 5,17). In che senso la persona sveglia vive da risorta? 3) «Il Signore accende le lampadine in avanti, man mano che si cammina ed occorre; non le accende tutte, subito all’inizio, quando ancora non occorrono; non spreca la luce; ma la dà sempre “tempore opportuno”» (Alberione, CISP). In che senso questo pensiero è un esempio concreto di cammino nella risurrezione per vivere in novità di vita, guidate da Dio? Suor Filippa Castronovo, fsp |