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SETE DI GESÙ
E SETE DI SALVEZZA

“Dovrete sempre ricordare il Magnificat, ricordare e ringraziare il Signore delle tante grazie che avete ricevuto e riceverete ogni giorno”. (Alberione, 1967, PA, 635).

Carissime Annunziatine,

celebrando l’Eucarestia in questi tempi di pesanti limitazioni per la vita sociale – ma anche per quella spirituale – come sacerdote, oltre che sempre mettervi nel calice, cresce il desiderio che presto termini questa insalubre stagione che tiene le Annunziatine e tutti i fedeli lontano da Gesù-Eucarestia, e troppo spesso li priva del dissetarsi del Suo Sangue.
Quando i fedeli potranno tornare ad abbeverarsi al Sangue di Gesù e non solo al Pane?
Rispettando le disposizioni sanitarie, ai fedeli è concesso di partecipare alla Comunione Eucaristica solo con le specie del Pane. Il sacerdote può bere dal calice il Sangue di Gesù, ma non i fedeli. Non si vuole sovvertire le disposizioni civili, ma invitare a riflettere su quanto sta succedendo, anche a livello spirituale, per non rimanere in una inedia che fa languire l’anima.
Il Verbo Divino si è incarnato e si è fatto carne per venire incontro al nostro corpo e alla nostra fragilità. Perché Dio vuole la salvezza di tutto l’uomo: corpo, anima e spirito.
Per un certo aspetto, sembra di essere tornati al pre-Concilio, e temo che finita l’emergenza, per una pigra prudenza, ci si accontenti di restare così … al minimo sacramentale.
Ricordo come gli insegnanti di Storia della Liturgia ci segnalavano che probabilmente l’allontanamento dei fedeli dal Calice Eucaristico, oltre alle controversie sacramentarie, era storicamente legato a questioni sanitarie, per le purtroppo ricorrenti epidemie lungo i secoli... La storia si ripete, ma possiamo anche evitare di ripetere gli errori.

Crescere nella sete di Lui


Certo, in ogni frammento di Pane consacrato c’è tutto Gesù, come pure in ogni goccia di Vino consacrato nel Calice. Ma perché il Signore lascia che i fedeli debbano rimanerne lontani? Forse Dio sta permettendo questo per farci crescere nella sete di Lui. Le prove superate fanno crescere e

fortificare, quelle non superate lasciano ferite e cicatrici.
Questa emergenza sanitaria ci ha anche mostrato quanto oggi gli Stati e i Governi (in tutto il mondo) siano “poco spirituali” e “poco cristiani”. La relazione con Dio rimane un fatto secondario, perché privato, non è una esigenza primaria della società. Sembra che la società attuale non abbia bisogno di Dio, ma le bastino la tecnica e la scienza (quasi fosse una divinità salvifica).
La vita spirituale è relegata in secondo piano. Oggi non c’è solo una crisi delle vocazioni e della fede, c’è anche una dichiarazione sociale di “non bisogno” della fede.
Ma è veramente così? C’è da domandarsi, a che ci serve questo desiderio di salute fisica per delle “anime morte”? A cosa serve avere il corpo più sano del cimitero? Perché avanzare con una medicina sempre più raffinata per la salute dei corpi, e in contemporanea ricercare leggi per permettere l’eutanasia? È questo davvero un progresso?
I vaccini – saranno l’argomento forte dei prossimi mesi – non possono salvare né anima, né spirito. Forse solleveranno i nostri corpi per un po’ di anni…e poi?
Non sempre capiamo i tempi in cui dobbiamo vivere, ma di ogni tempo, di ogni istante che il Signore ci dona dobbiamo fare tesoro.
Per questo oggi per noi è importante crescere nella sete di Gesù, nel desiderio di dissetarci di ogni goccia del suo Sangue. Per ogni sacerdote dovremmo chiedere con più insistenza che crescano nella sete di anime per Gesù. Per ciascuna di noi, di crescere nella spirituale sete di Lui. Senza di Lui non possiamo vivere: la nostra anima ha bisogno di abbeverarsi a quella linfa di vita eterna che è il suo Sangue per la salvezza eterna. Solo rimanendo uniti a Lui abbiamo la salvezza.

Tolto il resto, rimane l’anima

Di sicuro questa emergenza sanitaria farà acuire la crisi spirituale oggi. Gli storici dovrebbero ricordarci che nella storia dell’umanità non ci sono solo crisi economiche, quelle sociali e sanitarie, non sono meno importanti le grandi crisi spirituali. Non sono meno pericolose delle altre, poiché fanno perdere il senso stesso del vivere.
Quando il corpo si rompe, si aggiusta l’anima. In effetti quanti santi si sono convertiti dopo una malattia o un infortunio (anche di un lutto di persona cara)? Che dire di s. Francesco, di s. Ignazio di Loyola, di s. Camillo De Lellis?
Ma vi invito anche a riflettere anche sul libro di Giobbe, di cui stiamo approfondendo lo studio: perse le ricchezze, i figli e le relazioni personali, scopre dolorosamente di essere in guerra con Dio: perché mi ha fatto questo?
Forse perché con Giobbe, anche oggi, in troppi devono ammettere: “Ti conoscevo solo per sentito dire”.
Che cresca nel nostro cuore la sete di Dio, che aumenti il desiderio di Lui. Fino a poter dire con Giobbe «Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto» (Gb 42,5).

Sani e santi

Il termine latino “salutis” viene tradotto con “salute” e con “salvezza”. In realtà è la stessa espressione, solo che ci siamo abituati a riferire il termine “salute” alla sanità corporale e l’espressione “salvezza” all’anima.
Qui sta l’errore: separare la salvezza del corpo da quella dell’anima. Per un cristiano non può essere così. La salvezza riguarda tutto l’uomo: sia il corpo che l’anima. Che potremmo sintetizzare in “sani e santi”, cioè salute fisica e spirituale.
Come insegna la parabola della vite e dei tralci, non possiamo pensare di avere vita rimanendo separati da Cristo. Abbiamo bisogno di stare uniti a Lui, di ricevere la vitale linfa del suo Sangue. Essere risanati e vivificati da Gesù non è un elemento secondario, o che arriva solo quando siamo di fronte alla morte.
In questo tempo di malattia fisica, ma anche di malattie spirituali, dobbiamo crescere nella sete del Sangue di Gesù, fame dell’Eucarestia che è “farmaco di immortalità”.
Desiderare il suo Sangue e desiderare che tutte le anime se ne possano dissetare e esserne vivificate, dovrebbe diventare anche la nostra preghiera a Dio, poiché il desiderio di Dio diventa preghiera, per la nostra e per tutte le anime.


Don Gino