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SIATE FERVOROSE

 

Nella meditazione che qui viene presentata, don Alberione chiedeva alle Pie Discepole di bene considerare il significato della vita religiosa, ed invita anche noi a progredire sempre: «Man mano che passano i giorni e gli anni, ecco, che noi cresciamo in sapienza e grazia, cioè: vivere più di fede, che è sapienza; e poi in grazia, cioè, un amore di Dio più intimo» (Alle Pie Discepole, 1965, pp. 174-182).

Man mano che passano i giorni ci avviciniamo al Paradiso, cioè al gaudio eterno. Lassù tutto è gioia, felicità. Spe gaudentes (Rm 12,12). Vivere di questa speranza, in gaudio, perché nella vita s’incontrano sempre delle difficoltà: o che sono interne a noi medesimi o che sono esterne, le difficoltà; ma di tutto: spe gaudentes, come dice s. Paolo. Sempre liete per la speranza del cielo. Ma adesso penso di parlare di un altro punto, però argomento vicino a quel che ho detto. Poco prima di quelle parole lì, s. Paolo dice: spiritu ferventes (Rm 12,11). Siate fervorosi. Ecco l’argomento. E s. Paolo, prima di quella parola lì, ne mette un’altra, parola: sollecitudine non pigri (Rm 12,11) sì. “Sollecitudine”, e cioè, far le cose generosamente e prontamente e lietamente. “Non pigri”, non tardare nelle cose. E quando si fanno a metà forza le cose o nella preghiera o nelle altre cose? Sollecitudine, non pigri, e quindi, spiritu ferventes. Vivere in fervore, ecco, vivere in fervore. Sentire quello che ci dà la Sacra Scrittura. Gesù ha detto nella sua predicazione: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,48). La nostra vita ha da modellarsi sopra il Padre celeste: come egli è perfetto, che noi miriamo ad essere perfetti. Non ci arriveremo mai come Dio, ma con la tendenza, col desiderio, e allora il desiderio è già una specie di fervore, di volere. Allora tener sempre presente: Estote perfecti, sicut Pater vester caelestis perfectus est. S. Paolo dice: è necessario tendere in virum perfectum (cfr. Ef 4 13), e cioè, sempre tesi verso la santità. Poi ricordiamo la parola di s. Paolo: haec est voluntas Dei ut essemus sancti: la volontà di Dio è questa, che noi ci santifichiamo. E già siete arrivate a un certo punto di lavoro spirituale, sì. Qui iustus est, sanctificetur adhuc: chi già è buono, si santifichi ancora di più.

Sempre con la tendenza, l’anima tesa verso il meglio, verso il meglio. Certo, già molte cose avete fatte, ma «Se vuoi essere perfetto» ecc., lascia tutto, e vieni e seguimi» (cfr. Mt 19,21). Allora questa è proprio la vita della religiosa, del religioso, e cioè: «Se vuoi esser perfetto». E quindi l’impegno di esser perfetti. Ora, questo è il primo articolo delle Costituzioni. Che cosa è dunque la vita religiosa? È il lavoro di perfezionamento. Quindi il dovere fondamentale della vita religiosa è questo impegno di santificarsi usando dei tre voti: povertà, castità e obbedienza. Questi, perché se non vinciamo quel che è l’attaccamento alle cose, quello che è la soddisfazione della nostra parte inferiore, quello che è la volontà... ecco liberati da questo noi possiamo volare, spiccare il volo verso il cielo, sì. Quindi la sostanza della vita religiosa è l’impegno di arrivare ad una vita sempre più perfetta. Cominciata la vita dal momento della prima Professione e poi dal momento della Professione perpetua: l’impegno di progredire. Forse, qualche volta, si dimentica questo, ma è il dovere principale. E stamattina, facendo la meditazione ai sacerdoti (era ritiro mensile, ieri): vi è una responsabilità in quanto al progredire o non progredire; quando uno può dire: “Eh! ne ho abbastanza; tanto, più che così”; oppure: “Chi mi ha da rimproverare? Io non vengo mai a rimproverarti”, ecc. Allora ben chiarito.
La religiosa che non lavora alla perfezione, cioè alla santificazione, come si trova? Se proprio non si lavora a perfezionarsi: “Eh! sono arrivata alla Professione perpetua, basta così”; oppure in altro tempo, qualche difficoltà, e allora: “E così, cosa possono dirmi, che rimprovero possono farmi? E non sono io una suora – dice quella – una suora abbastanza buona?”. Bisogna progredire. Tendere alla santità con l’aiuto dei mezzi che sono i voti, e quindi il progresso. Se una non lo fa questo lavoro di progresso? È un peccato mortale. Non l’ho voluto dire mai così espresso. Ma siccome molte di voi avete delle responsabilità riguardo ad altre suore che sono sotto la vostra dipendenza, e quindi, per la prima volta l’ho detto. E questo è in teologia, tanto il religioso, come la religiosa. Perché, siccome è il dovere fondamentale, siccome la vita religiosa è nel perfezionarsi, allora se uno non lavora per perfezionarsi, non corrisponde alla vocazione, anche se è vestita con l’abito religioso, se anche segue l’orario fissato e se c’è una vita comune e un apostolato. Ma se noi c’impegniamo a progredire, allora la corrispondenza vera in che cosa <consiste>? Maggior fede, maggiore amore a Dio, la fiducia in Dio, le virtù quotidiane, particolarmente l’obbedienza, la povertà, la castità, sì, ecco. Allora se c’è questo lavoro, questo impegno di progredire, ecco questo significa vivere in fervore. Perciò: spiritu ferventes (Rm 12,11): lo spirito fervoroso; non quella tiepidezza, quella stanchezza, quel mai contente, quel trascinarsi così, specialmente quando son passati certi anni, un certo numero di anni, ecc.
Dunque: spiritu ferventes. Sempre fervorosi.
Ora, perché noi dobbiamo migliorare, progredire? Perché si è detto di seguire Gesù Cristo Maestro. E Gesù Cristo Maestro: proficiebat sapientia, aetate et gratia (Lc 2,52). Progrediva, ecco, si perfezionava, progrediva in sapienza, in età e in grazia. Il che significa che, man mano che passano i giorni e gli anni, ecco, che noi cresciamo in sapienza e grazia, cioè: vivere più di fede, che è sapienza; e poi in grazia, cioè, un amore di Dio più intimo. Il progresso. [...] Ora, questo fervore di spirito in che cosa consiste? Consiste nel far bene le cose, farle bene. Farle bene vuol dire con intenzione retta e poi farle benino; ecco, farle benino le cose e farle ordinate, cioè, offerte, indirizzate a Dio. Ci sia questo. Perciò, ecco, tutto quello che nella vita religiosa si fa bene, significa vivere di fervore; spiritu ferventes (Rm 12,11). Ora, far bene le cose cominciando dal mattino nello svegliarsi: «Signore, mi hai chiamato, eccomi pronto» (cfr. 1Sam 3,5). Allora si comincia ad offrire la giornata al Signore. E poi si fanno le cose che si devono fare e quello che riguarda quella mezz’ora per cui dal letto si passa alla chiesa, se la Messa è poco dopo, così la preghiera si fa bene, in buono spirito, raccoglimento secondo il volere di Dio. Tutto per il Signore, per l’aumento di grazia. E poi tutta la giornata. E ci sono gli apostolati da compiere nella giornata e quindi accettarli dal volere del Signore, e poi cercare di farlo bene e poi offrire al Signore.
Anche la ricreazione, se fatta bene, anche se il prendere il cibo viene fatto religiosamente, se anche il riposo della notte si prende religiosamente, tutto è vita in fervore, e cioè, quando le cose si fanno per volontà di Dio, che vuole la ricreazione, e vuole che si prenda il cibo, e vuole che si dorma. E perché? Per mantenerci nel servizio di Dio e nell’apostolato. Queste intenzioni: è per volere di Dio. E tutte le ore della giornata, tutte le 24 ore della giornata, se sempre si passano, compresa la notte: è il volere di Dio, ecco. E fare quello che abbiamo da fare, tutto ordinato al Signore: mantenerci nel servizio di Dio e dargli gloria. E Gesù obbediva, Gesù dormiva anche; così la Madonna; così, perché è la volontà di Dio, quella; è la volontà di Dio. Ora, si pensa tante volte, che tutto il fervore sia nella preghiera. E quella ci deve essere e deve caricare. L’orologio o la sveglia si carica perché poi possa segnare le ore, sì. Quindi, in principio c’è la carica nella comunione, nella meditazione, nella Visita al SS. Sacramento, nella Messa.
Ecco l’anima si carica, cioè, si eccita al fervore, il quale fervore dev’essere per passare bene tutto il resto. Molte persone si confondono, credono che c’è solamente del bene quando si prega, oppure si fa qualche apostolato. Tutte le 24 ore hanno uguale merito; anche se c’è la ricreazione bisogna farla in obbedienza, bisogna farla come si deve, e bisogna farla a onore di Dio, a gloria di Dio e per guadagnare meriti. Così, anche tutte le ore della notte hanno il loro merito, purché prendo il riposo secondo il volere di Dio, come faceva Gesù stesso; riposo in quella misura che è necessaria, e si offre bene al Signore, e si comporta come conviene a una suora. E poi dopo perché: mantenerci nel servizio di Dio e nell’apostolato, tutto. E allora tutto è fervoroso. È fervorosa tutta la giornata quando tutto si accetta dal volere di Dio, tutto si compie secondo il volere di Dio, nel modo come vuole il Signore, e tutto sia ordinato e rivolto alla gloria di Dio; cioè, l’intenzione al Signore.
Quindi proprio far rendere le 24 ore. Non pensare solo: ma in quelle ore di dormire non si fa niente, si dorme. Si fa la volontà di Dio. Oh, quanto a questo fervore, vuol dire anche impegnare le qualità che ognuno ha. Se c’è più intelligenza, impegnare l’intelligenza a studiare quel che bisogna studiare, e progredire o nell’istruzione religiosa, o nell’istruzione che riguarda l’apostolato o nell’istruzione che riguarda l’ascetica. E poi tutto il complesso delle cose. Sapientia. Gesù progrediva (cfr. Lc 2,52), sì. Non fermarsi mai. E se un lavoro anche si fa da tanto tempo, si può migliorare sempre tutto, tutto si può migliorare, sia per aderire sempre meglio al volere di Dio, e sia per operare in ordine al volere di Dio; ma anche proprio far bene le cose. Gente che, non progrediscono mai, dalla Professione non han progredito un bel niente; qualche volta andranno un poco indietro nello spirito. Quindi la volontà di progredire, di progredire sempre. Oh, per questo noi sentiamo la responsabilità; e noi non seppelliamo i talenti di Dio. C’è quella parabola di Gesù che diede a uno cinque talenti, a un altro diede due talenti, e a un terzo diede un talento.
E poi? E poi il Signore chiede conto (cfr. Mt 21,14ss). Se uno ha talenti, capacità, renda per cinque talenti; e se ne ha due, doni di intelligenza, di salute e di altri doni, e si fa secondo i due talenti. Ma se una ha anche poco talento, bisogna che faccia rendere il talento. Il talento sepolto ci accusa. Cioè quando noi abbiamo tanta grazia di illuminazione e di lucidità e di energia anche fisica, di salute; e quando c’è l’aiuto di Dio, e quando abbiamo tante occasioni di vedere chi... i mezzi per cui si progredisce, e come accettare tutto quello che viene indicato, allora noi santifichiamo tutto. Si progredisce, si progredisce e si progredisce fino a questo punto: che noi ci sentiamo più uniti a Dio; è la sete di Dio, di arrivare al cielo al più presto. Togliere gli impedimenti per l’ingresso in paradiso, togliere. E, particolarmente, questo lavoro che si fa con impegno, questo lavoro interiore, è il fervore, quello. E quindi: spiritu ferventes (Rm 12,11). E per avere questo spirito di fervore: orationi instantes [perseveranti nella preghiera] (Rm 12,12), dice s. Paolo, ecco. Pregate bene e insistete bene nel pregare il Signore: orationi instantes, allora spiritu ferventes.
E fare bene, quindi, le pratiche di pietà le quali danno l’energia; perché se una persona non ha più energia, forza, non può lavorare. Ma quanto allo spirito, lo spirito è sempre, o ci sia salute o non ci sia salute, lo spirito di fervore c’è, sta nel sopportare, per esempio, i malanni, ecco. Quindi non dormicchiare mai; sappiamo che dobbiamo camminare, e ogni giorno un po’ camminare. E che cosa è quando si arriva a tanti anni di vita già, e poi confrontando quello che era al giorno della Professione: si è fatta molta strada nella perfezione? o non se n’è fatta? o si è venuti indietro? E allora, persone che, arrivate a una certa età, hanno solamente da chiedere e non hanno da dare. Bisogna dare, dare, dare, sia il contributo alla Congregazione, quello è spiritu ferventes, e poi, se anche non può fare nulla, anche se dovesse esser servita perché è inferma, incapace, se tutto si offre in unione a Dio e si fa volentieri la volontà del Signore perché in quel tempo c’è la malattia, ecc., lì c’è il fervore. Perché è la volontà di Dio, si deve prendere bene, si deve sopportare bene e si offre al Signore per le benedizioni anche dell’Istituto. Allora, spiritu ferventes.
Questa tiepidezza che alle volte c’è, quella incostanza nella vita religiosa, quel sentirsi mal contente, quel vedere nelle cose che vengono disposte, ecc. così, vederle male le cose, quello è un indietreggiamento. Non abbiamo da domandare il perché è stato stabilito questo, ci è data questa disposizione, questo ufficio, ecc. Pronte: è volontà di Dio, si ha da fare bene, anche se dovessimo solamente scopare. E questo, se si fa bene, vuol dire spiritu ferventes. Se si fan le cose alla carlona? Spiritu ferventes tutti gli uffici, tutti gli impegni che son dati mettendoci il cuore, la volontà, l’intelligenza. Quando si applicano, quindi, tutte le grazie che ci sono in noi, e i doni che ci sono in noi, e i talenti che sono in noi, si spendono quei talenti che il Signore ci ha dato. Sì, sollecitudine, non pigri, ma spiritu ferventes, ecco. Vedere un poco se c’è questo fervore, perché quando c’è questo fervore, c’è sempre il progresso insieme. Allora, man mano che ci avviciniamo al paradiso, cammina! con sveltezza! Come è stato scritto di s. Andrea: vecchio, condannato a morire sulla croce, ecco, e allora quando lo conducevano là, nel luogo dove doveva essere crocifisso, allora appena visto la croce si è rallegrato tutto e diceva ai suoi piedi: “Camminate che siamo vicini al paradiso, presto, camminate” – diceva a se stesso –, ecco. Allora vediamo se siamo veramente progrediti dalla Professione ad oggi. E allora sollecitudine, non pigri, ma spiritu ferventes. È l’avviso di s. Paolo nella sua Lettera ai Romani. Avanti sempre, non stancarsi mai. Sia lodato Gesù Cristo.

Beato Giacomo Alberione