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IL PARADISO

 

Don Alberione nella XIV meditazione tenuta durante gli Esercizi spirituali di giugno del 1943 (durante i bombardamenti su Roma) così esorta le Figlie di San Paolo: «… Dobbiamo desiderare il Paradiso e lavorare per esso. Si ha proprio questo solo in mente? C’è questo desiderio vivo e profondo nell’anima?» (Alle Figlie di S. Paolo, 1940-45, pp. 525-528).

Il Purgatorio forma come l’ultima mano che il Signore dà all’anima per predisporla al Paradiso. Poi il cielo: «Satiabor cum apparuerit gloria tua: L’anima mia sarà pienamente saziata quando entrerò nella tua gloria, o Signore!» (Cfr. Sal 17,15). «Quid enim est mihi super terram? Deus cordis mei!» (Cfr. Sal 73,25-26: «Che c’è per me... sopra la terra?... Il Dio del mio cuore!» (Volgata). Tu sarai la mia porzione in eterno!
Mentre noi consideriamo il Paradiso, ascoltiamo l’eco di gioia che ci arriva da quel luogo di beatitudine. Lassù Gesù, la Vergine, i santi mi aspettano per la ricompensa eterna delle fatiche sostenute: «Me exspectant justi!» (Cfr. Sal 142,8: «I giusti mi faranno corona»).
Questa è la gioia che hanno i giusti in punto di morte. Questa è la gioia che dobbiamo sempre avere in vita. Lassù sono atteso come una persona cara di famiglia, dal Padre, dai fratelli. Forse dovrò rimanere ancora un po’ sulla terra, ma sono atteso lassù e se voglio, vi andrò. Il Paradiso è quel luogo ove stanno raccolte le anime dei giusti e gli angeli, insieme a Dio, Gesù Cristo, la Vergine. È il luogo ove Dio sazia le anime. Il Paradiso – dice S. Agostino – sta in tre verbi: «Videbimus, amabimus, gaudebimus» (S. Agostino, Città di Dio 22, 30, 1: «Vedremo, ameremo, godremo»).Ecco il Paradiso nella sua sostanza. Quaggiù Dio non lo vediamo, sebbene sia realmente presente dappertutto. Così non vediamo neanche Gesù nell’Eucaristia.

Dio è in ogni luogo, ma non lo abbiamo mai veduto faccia a faccia. In cielo invece lo vedremo con una visione facciale, come ora vediamo le sorelle: lo vedremo come egli vede noi e lo conosceremo come egli ci conosce. Lo conosceremo nei suoi attributi infiniti. Oh, questo Dio! Nessun occhio vide mai, nessun orecchio mai udì, nessun cuore provò mai quale gioia sia vedere questo Dio (Cfr. 1Cor 2,9). Quaggiù è la fede che ci rivela Dio, è la natura, l’opera delle sue mani. Noi crediamo ciò che non vediamo; in cielo invece lo vedremo non per fede, ma per visione. Non lo comprenderemo del tutto, perché è incomprensibile e infinito, ma lo comprenderemo e vedremo secondo la nostra capacità, secondo quanto avremo avuto di fede e di meriti su questa terra. In secondo luogo, noi ameremo e possederemo Dio.
Sulla terra noi amiamo ciò che ci conviene, ciò che ci sembra utile: cerchiamo il bene, ma spesso ci inganniamo e cerchiamo cose vane. Dio solo è il sommo Bene; egli sazierà l’anima e la renderà pienamente felice: «Fecisti nos, Domine, ad te et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te» (S. Agostino, Le Confessioni 1,1: «O Signore, ci hai fatti per te e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te»).
Esiste forse la felicità sulla terra? La troviamo forse nelle case dei ricchi e dei potenti? La felicità è in cielo ove Dio soddisferà le anime dei beati che anelano all’infinito. In cielo cesserà la fede e non avremo più la speranza, ma possederemo e ameremo Dio: «Caritas numquam excidit» (1Cor 13,8: «... la carità non avrà mai fine»). Il Paradiso è un’estasi amorosa, beatifica. In terzo luogo il Paradiso è gaudio. «Intra in gaudium Domini tui» (Cfr. Mt 25,23: «... prendi parte alla gioia del tuo Signore»). «Gaudebit cor vestrum» (Gv 16,22: «... il vostro cuore si rallegrerà»). E sarà una gioia piena, soddisfacente, eterna.
Oh, sì, S. Paolo davvero può dirci: Il cuore dell’uomo non ha mai provato le gioie e le dolcezze che Dio prepara a coloro che lo amano (Cfr. 1Cor 2,9). In Dio noi vedremo e comprenderemo tante altre cose: contempleremo la sacra umanità di Cristo; comprenderemo il Mistero Eucaristico, l’Incarnazione, la SS. Trinità. Vedremo Maria SS., conosceremo i suoi privilegi, il suo Cuore. E poi tutti i cori degli angeli, i santi. Che gioia sarà vedere gli apostoli Pietro e Paolo come due soli risplendenti, la schiera degli altri apostoli; la serie indefinita di martiri; i confessori nei loro onori e coi segni delle loro virtù; e poi i vergini nei loro abiti bianchi che seguono l’Agnello senza macchia cantando l’inno che nessun altro può cantare (Cfr. Ap 14,3-4). Assisteremo alle funzioni che si svolgeranno in cielo, al pontificale solenne ed eterno che non ha paragone con quelli di quaggiù. Lassù la Messa sarà eterna.
In Paradiso conosceremo tutte le lingue, tutte le scienze, specialmente la filosofia e la teologia e le conoscerà anche il più povero contadino che non sapeva fare neppure la sua firma. Si penetreranno tutte le leggi della natura che ora ci sono in massima parte nascoste. La nostra conoscenza avverrà secondo tre criteri.
1) Come cristiani: comprenderemo tutta l’opera della Grazia, la storia delle finezze di Dio verso di noi, la bontà del cuore del Padre che ci ha creati, del cuore di Gesù che ci ha redenti; le effusioni, le grazie dello Spirito Santo.
2) Come persone pubbliche: conosceremo gli effetti che ebbero le nostre parole, le nostre opere. Quella maestra conoscerà quali effetti ebbero i suoi insegnamenti; quella scrittrice vedrà il bene operato dai suoi libri. Conosceremo l’efficacia degli esempi dati. Specialmente si conosceranno i frutti che ogni anima produce nel lavorio per le anime, anche i frutti prodotti dal semplice passaggio, tra i mondani, rivestiti del sacro abito. Conosceremo tutto ciò che produce la nostra vita di esempi buoni e non buoni. Conosceremo quanto siamo stati ingrati verso Dio coi nostri peccati e la grande misericordia di Dio il quale ci ha quasi costretti a salvarci con le grazie che ci ha fatto.
3) Come uomini: conosceremo tutta la storia della provvidenza divina; tutta la storia dell’umanità, il perché di tante cose che ora ignoriamo. La beatitudine celeste è ineguale, totale, eterna. Ineguale: ognuno godrà secondo che avrà di meriti, perché i meriti formano la capacità, la capienza dell’anima rispetto a Dio. Cioè: l’anima che avrà soltanto la grazia prima sarà felice, ma non avrà certamente la felicità, ad esempio, di S. Alfonso che visse novantadue anni compiendo tante opere buone. Tuttavia uno non invidia l’altro perché ognuno è felice della giustizia di Dio che premia ciascuno secondo i suoi meriti. Anzi la visione di anime che godono di più, aumenta la propria gioia perché si gode di ciò che ha disposto Dio. È totale la gioia del Paradiso, perché sarà beata l’anima con tutte le facoltà e il corpo con tutti i sensi. Di modo che l’anima non avrà più nessun desiderio. Questa felicità non è più suscettibile di aumento per quanto l’anima ami Dio di amore perfetto perché sarà totale fin dal suo inizio.
La beatitudine del cielo sarà eterna. Come il dannato non ha più speranza di uscire dalle pene dell’Inferno, i santi del cielo non hanno più timore di perdere la loro beatitudine. Da quanti secoli gli apostoli sono in Paradiso? E da quanti secoli vi si trovano gli angeli? Passeranno ancora milioni e miliardi di secoli e il Paradiso sarà da principio perché è eterno come è eterno Dio, eterna l’anima e anche il corpo dopo che sarà risuscitato.
Dunque, dobbiamo desiderare il Paradiso e lavorare per esso. Si ha proprio questo solo in mente? C’è questo desiderio vivo e profondo nell’anima? Le cose le consideriamo alla luce del Paradiso? Man mano che ci accostiamo al cielo diventiamo sempre più fervorosi o più negligenti come la gente che non sa meditare il Paradiso?
Come conclusione: «Laetatus sum in his quae dicta sunt mihi: in domum Domini ibimus» (Sl 122,1: «Quale gioia quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore»). Camminiamo verso il cielo, verso la casa del Signore. Dio mi aspetta per premiarmi, i santi mi attendono con loro nella gloria.

Beato Giacomo Alberione