Anche noi, prima della gioia e della fretta dell’annuncio, dobbiamo contemplare con calma il passaggio dall’afflizione allo stupore, solo più tardi diverrà gioia ed infine annuncio. Anche la fede deve fare tutti questi passaggi per diventare feconda nell’annuncio della Risurrezione.
La tradizione latina l’ha chiamata, con ragione, Messa “dell’Aurora”. Segna il tempo del risveglio della fede, dopo la notte oscura della Croce e del Sabato Santo di silenzio e vuoto, quando lentamente arriva la luce, dapprima tenue e senza colori come nell’albeggiare, poi si inizia a vedere con occhi nuovi e finalmente arriva l’aurora: iniziano a fiorire i colori, ma ancora delicati e quasi timidi.
In questo momento il personaggio da seguire e da meditare è Maria di Magdala, che non si vuole allontanare dal sepolcro ancorché lo trovi vuoto. È simbolo di questo momento della fede che deve risorgere, ma è ancora avviluppata dalle bende del dubbio e della desolazione... e tuttavia non vuole allontanarsi da Gesù.
È interessante come nel Vangelo di Giovanni per due volte si usi il termine aramaico “Rabbì” rivolto a Gesù traducendolo in greco con “maestro” (didaskale). La prima volta presso le acque del Giordano, quando lo stesso evangelista conosce Gesù (cfr. Gv 1,38, Giovanni precisa “circa alle quattro del pomeriggio”) e poi al mattino quando Maria di Magdala, fuori del sepolcro, esclama “rabbuni” cioè “mio Maestro” (Gv 20,16).
In effetti, anche il nostro cammino di fede è tra questi due momenti: da quando conosciamo Gesù decidendoci ad essere suoi discepoli, fino a quando con tutto il cuore ciascuno lo proclama “mio Signore” (Gv 20,13) e finalmente “mio Maestro”. Maria di Magdala, nel giardino davanti al sepolcro, per il suo grande amorew passa pian piano dall’oscurità alla fede nel riconoscerlo Risorto. All’aurora di quel giorno, inizia a vederlo e illuminata nel cuore sentendo la sua voce lo riconosce e proclama “mio Maestro”, ma ancora deve essere illuminata da Gesù che è “come sole che sorge dall’alto” (Lc 1,78, letteralmente “sorgendo dall’alto”; cfr. Mal 4,2).
Tuttavia non bisogna ignorare che tra i titoli di Maria ci sono anche quelli di “Aurora della Redenzione” e di “aurora consurgens” (cfr. Ct 6,9 “che sorge come l’aurora”; scritta che ritroviamo anche nel catino absidale della Cripta del Santuario Regina Apostolorum). Colei che ha segnato l’inizio della Redenzione nel giorno dell’Annunciazione nella sua casa a Nazareth, è anche la prima a rifulgere nella Fede della Resurrezione.
Maria è già nell’Aurora del Cristo Risorto, la sua luce già l’avvolge nel mistero della nuova vita. Ce lo ricorda anche il beato Alberione nell’ultimo mistero della Via Crucis: «Il corpo di Gesù, unto con gli aromi, è portato al sepolcro. Maria attendeva con viva fede la risurrezione del Figlio, secondo quanto aveva predetto».
I colori dell’aurora
L’aurora non può giungere senza il sole, ma con l’alba lo precede annunciando e anticipando la sua luce, prima che il sole si veda direttamente. I nostri occhi non possono sopportare di passare direttamente dalle tenebre alla piena luce.
Con l’aurora le tenebre si indeboliscono fino a scomparire. Quando il sole si mostra, appaiono tutti i colori e ormai le tenebre non ci sono più. Allo stesso modo quando la fede risplende nel nostro animo e nella nostra mente, non c’è più spazio per i dubbi. Tuttavia come al mattino della Resurrezione, noi non siamo ancora nella pienezza della luce di Gloria: i nostri occhi sono ancora velati... siamo ancora alle prime luci dell’aurora ed ancora i nostri cuori si devono riscaldare del suo amore.
I fotografi insegnano che da un punto di vista fotografico la temperatura colore del tramonto è uguale a quella dellalbeggiare. Tuttavia la nostra esperienza è un po’ differente. Ne fa prova che molte sono le foto del tramonto poche quelle dell’aurora, e non è questione di doversi alzare presto! È più difficile cogliere i colori dell’alba...
L’esperienza ci insegna che al tramonto rimane il tepore del giorno e piano viene il buio, la mattino dal freddo buio piano siamo riscaldati dalla luce ed ancora intirizziti dalla notte abbiamo bisogno di riscaldarci, ma il nostro cuore toccato dalla luce già si rallegra e ne gioisce prima che la luce sia piena (come accade ai discepoli di Emmaus nel giorno della Resurrezione).
Quando pensiamo all’aurora ci sovviene come colore il rosa. Nella Liturgia Latina troviamo due domeniche con un colore particolare dove le rubriche suggeriscono di usare il colore rosa: la 3a di Avvento e la 4a di Quaresima. Le rubriche precisano che quella di Avvento è di colore “rosaceo” (perché verso la gioia serena del Natale), mentre l’altra dovrebbe essere tendente all’arancio (perché ci parla dell’avvicinarsi del tramonto col Signore sulla Croce).
La luce dell’aurora ci invita a contemplare questo Mistero: dobbiamo ancora aggiungere che nella mattina di Pasqua, nei colori dell’aurora della Resurrezione non dobbiamo scordare i colori del mistero della Croce del Venerdì Santo. Gesù Risorto ha ancora i segni della Passione impressi nel suo corpo.
Menti illuminate, cuori riscaldati
Dunque il rosa mattutino che inizia a riportare i colori alla natura alle prime luci dell’alba significa la promessa della Fede che ci dona la Risurrezione di Gesù. Questa luce inizia ad illuminare i cuori e le menti con la luce viva di Cristo, e comincia a riscaldare le nostri menti intirizzite dal freddo della notte con l’inizio dei colori.
Tuttavia il momento più freddo è proprio quello dell’alba, lo sappiamo per esperienza dalla natura, ma lo è anche per la fede.
Ce lo ricordano bene le lacrime e lo stupore di Maria di Magdala. Ma anche la tristezza sconsolata dei discepoli di Emmaus ormai alla fine del giorno di Pasqua: pian piano si lasciano riscaldare alle parole dello sconosciuto viandante (sono alla sera ma per loro è come ritrovare la prima luce), finché si aprono i loro occhi allo spezzare il Pane...
Mattino di Pasqua, mattino di Risurrezione. È passata la notte dopo la sepoltura, e il giorno dopo è il momento di fare i conti con la realtà: c’è chi si rassegna; c’è chi non vuole rassegnarsi e piange, come la Maddalena che vorrebbe vedere, toccare ancora il corpo del suo amato Maestro.
Anche la notte della fede è così. Meditare sulla luce dell’aurora della Risurrezione ci costringe a confrontarci con la nostra fede fiacca, afflitta e intirizzita. E Dio che sa bene come siamo plasmati, pian piano ci illumina, riscalda i nostri cuori freddi, risana con balsamo le ferite, dà nuova fiducia agli animi sconsolati, agisce soavemente, un po’ alla volta, che quasi non ce ne rendiamo conto, e già si è alla fede. Ma non ancora siamo alla pienezza della luce e della fede.
Il tempo dell’aurora è ancora il tempo delle sentinelle, le vedette che passano tutta la notte a scrutare e vegliare. Per costoro i colori dell’aurora, con le prime luci dell’alba, sono bramati, attesi ed infine con gioia finalmente riconosciuti.
Ma le vedette sanno bene che sul finire della notte prima dell’alba il nemico cerca di sferrare l’ultimo attacco, il nemico nascosto nelle tenebre e nella menzogna attacca ancora prima che si possa vedere con chiarezza e distinguere ogni cosa.
Anche noi come le vedette domandiamo “Quanto manca della notte?” come dice il testo di Isaia (21,11-12). Quando finirà la pandemia? Ma ancora, quando finirà la prova? Quando brillerà la stella della fede nei nostri cuori?
Poi quando è arrivata la piena luce, il nemico vien subito riconosciuto da tutti e si può combattere con più facilità e con cuore rinfrancato. Ma nell’ultima parte della notte è più difficile: il sonno, la stanchezza, il freddo... Poi finalmente arriva l’aurora ed anche le sentinelle hanno il cambio, tocca ad altri custodire durante il giorno. È arrivata la luce della Resurrezione, la luce della Pasqua e la liturgia ci invita a cantare Gloria a Dio esultando nell’alleluia assieme agli angeli del Cielo.
Buona Pasqua! Vi benedico tutte.
Don Gino
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