chiamata la preghiera del cuore. Essa consiste nel ripetere con fede: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore!”. Una semplice preghiera, ma molto bella. Una preghiera che, a poco a poco, si adatta al ritmo del respiro e si estende a tutta la giornata. In effetti, il respiro non smette mai, nemmeno mentre dormiamo; e la preghiera è il respiro della vita.
Come è dunque possibile custodire sempre uno stato di preghiera? Il Catechismo ci offre bellissime citazioni, tratte dalla storia della spiritualità, che insistono sulla necessità di una preghiera continua, che sia il fulcro dell’esistenza cristiana. Ne riprendo alcune.
Afferma il monaco Evagrio Pontico: «Non ci è stato comandato di lavorare, di vegliare e di digiunare continuamente – no, questo non è stato domandato –, mentre la preghiera incessante è una legge per noi» (n. 2742). Il cuore in preghiera. C’è dunque un ardore nella vita cristiana, che non deve mai venire meno. È un po’ come quel fuoco sacro che si custodiva nei templi antichi, che ardeva senza interruzione e che i sacerdoti avevano il compito di tenere alimentato. Ecco: ci deve essere un fuoco sacro anche in noi, che arda in continuazione e che nulla possa spegnere. E non è facile, ma deve essere così.
San Giovanni Crisostomo, un altro pastore attento alla vita concreta, predicava così: «Anche al mercato o durante una passeggiata solitaria è possibile fare una frequente e fervorosa preghiera. È possibile pure nel vostro negozio, sia mentre comperate sia mentre vendete, o anche mentre cucinate» (n. 2743).
Piccole preghiere: “Signore, abbi pietà di noi”, “Signore, aiutami”. Dunque, la preghiera è una sorta di rigo musicale, dove noi collochiamo la melodia della nostra vita. Non è in contrasto con l’operosità quotidiana, non entra in contraddizione con i tanti piccoli obblighi e appuntamenti, semmai è il luogo dove ogni azione ritrova il suo senso, il suo perché, la sua pace.
Certo, mettere in pratica questi principi non è facile. Un papà e una mamma, presi da mille incombenze, possono sentire nostalgia per un periodo della loro vita in cui era facile trovare tempi cadenzati e spazi di preghiera. Poi, i figli, il lavoro, le faccende della vita famigliare, i genitori che diventano anziani… Si ha l’impressione di non riuscire mai ad arrivare in capo a tutto. Allora fa bene pensare che Dio, nostro Padre, il quale deve occuparsi di tutto l’universo, si ricorda sempre di ognuno noi. Dunque, anche noi dobbiamo sempre ricordarci di Lui!
Possiamo poi ricordare che nel monachesimo cristiano è sempre stato tenuto in grande onore il lavoro, non solo per il dovere morale di provvedere a sé stessi e agli altri, ma anche per una sorta di equilibrio, un equilibrio interiore: è rischioso per l’uomo coltivare un interesse talmente astratto da perdere il contatto con la realtà. Il lavoro ci aiuta a rimanere in contatto con la realtà. Le mani giunte del monaco portano i calli di chi impugna badile e zappa. Quando, nel Vangelo di Luca (cfr. 10,38-42), Gesù dice a Santa Marta che la sola cosa veramente necessaria è ascoltare Dio, non vuol affatto disprezzare i molti servizi che lei stava compiendo con tanto impegno.
Nell’essere umano tutto è “binario”: il nostro corpo è simmetrico, abbiamo due braccia, due occhi, due mani... Così anche il lavoro e la preghiera sono complementari. La preghiera – che è il “respiro” di tutto – rimane come il sottofondo vitale del lavoro, anche nei momenti in cui non è esplicitata. È disumano essere talmente assorbiti dal lavoro da non trovare più il tempo per la preghiera.
Nello stesso tempo, non è sana una preghiera che sia aliena dalla vita. Una preghiera che ci aliena dalla concretezza del vivere diventa spiritualismo, oppure, peggio, ritualismo. Ricordiamo che Gesù, dopo aver mostrato ai discepoli la sua gloria sul monte Tabor, non volle prolungare quel momento di estasi, ma scese con loro dal monte e riprese il cammino quotidiano. Perché quella esperienza doveva rimanere nei cuori come luce e forza della loro fede; anche una luce e forza per i giorni che sarebbero stati prossimi venturi: quelli della Passione. Così, i tempi dedicati a stare con Dio ravvivano la fede, la quale ci aiuta nella concretezza del vivere, e la fede, a sua volta, alimenta la preghiera, senza interruzione. In questa circolarità fra fede, vita e preghiera, si mantiene acceso quel fuoco dell’amore cristiano che Dio si attende da noi.
E ripetiamo la preghiera semplice che è tanto bello ripetere durante il giorno, tutti insieme: “Signore Gesù, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Gesù modello e anima di ogni preghiera
I Vangeli ci mostrano quanto la preghiera sia stata fondamentale nella relazione di Gesù con i suoi discepoli. Ciò appare già nella scelta di coloro che poi diverranno gli Apostoli. Luca colloca la loro elezione in un preciso contesto di preghiera e dice così: «In quei giorni egli se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli» (6,12-13). Gesù li sceglie dopo una notte di preghiera. Pare che non ci sia altro criterio in questa scelta se non la preghiera, il dialogo di Gesù con il Padre. A giudicare da come si comporteranno poi quegli uomini, sembrerebbe che la scelta non sia stata delle migliori perché tutti sono fuggiti, lo hanno lasciato da solo prima della Passione; ma è proprio questo, specialmente la presenza di Giuda, il futuro traditore, a dimostrare che quei nomi erano scritti nel disegno di Dio.
Continuamente riaffiora nella vita di Gesù la preghiera in favore dei suoi amici. Gli Apostoli qualche volta diventano per Lui motivo di preoccupazione, ma Gesù, come li ha ricevuti dal Padre, dopo la preghiera, così li porta nel suo cuore, anche nei loro errori, anche nelle loro cadute. In tutto questo scopriamo come Gesù sia stato maestro e amico, sempre disponibile ad attendere con pazienza la conversione del discepolo. Il vertice più alto di questa attesa paziente è la “tela” d’amore che Gesù tesse intorno a Pietro. Nell’Ultima Cena gli dice: «Simone, Simone, Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli» (Lc 22,31-32). Impressiona, nel tempo del cedimento, sapere che in quel momento non cessa l’amore di Gesù, – “Ma padre se io sono in peccato mortale c’è l’amore di Gesù? – Sì – E Gesù continua a pregare per me? – Sì – Ma se io ho fatto delle cose più brutte e tanti peccati, Gesù continua ad amarmi? – Sì”. L’amore e la preghiera di Gesù per ognuno di noi non cessano, anzi si fanno più intensi e noi siamo al centro della sua preghiera! Questo dobbiamo sempre ricordarlo: Gesù prega per me, sta pregando adesso davanti al Padre e gli fa vedere le piaghe che ha portato con sé, per far vedere al Padre il prezzo della nostra salvezza, è l’amore che nutre per noi. Ma in questo momento ognuno di noi pensi: in questo momento Gesù sta pregando per me? Sì. Questa è una sicurezza grande che noi dobbiamo avere.
La preghiera di Gesù ritorna puntuale in un momento cruciale del suo cammino, quello della verifica sulla fede dei discepoli. Ascoltiamo ancora l’evangelista Luca: «Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: “Le folle, chi dicono che io sia?”. Essi risposero: “Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto”. Allora domandò loro: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Pietro rispose a nome di tutti: “Il Cristo di Dio”. Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno» (9,18-21). Le grandi svolte della missione di Gesù sono sempre precedute dalla preghiera ma non così en passant, ma dalla preghiera intensa, prolungata. Sempre in quei momenti c’è la preghiera. Questa verifica della fede sembra un traguardo e invece è un rinnovato punto di partenza per i discepoli, perché, da lì in avanti, è come se Gesù salisse di un tono nella sua missione, parlando loro apertamente della sua passione, morte e risurrezione.
In questa prospettiva, che istintivamente suscita repulsione, sia nei discepoli, sia in noi che leggiamo il Vangelo, la preghiera è la sola fonte di luce e di forza. Occorre pregare più intensamente, ogni volta che la strada imbocca una salita.
E infatti, dopo aver preannunciato ai discepoli ciò che lo attende a Gerusalemme, avviene l’episodio della Trasfigurazione. «Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme» (Lc 9,28-31), cioè la Passione. Dunque, questa manifestazione anticipata della gloria di Gesù è avvenuta nella preghiera, mentre il Figlio era immerso nella comunione con il Padre e acconsentiva pienamente alla sua volontà d’amore, al suo disegno di salvezza. E, da quella preghiera, esce una parola chiara per i tre discepoli coinvolti: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo” (Lc 9,35). Dalla preghiera viene l’invito ad ascoltare Gesù, sempre dalla preghiera.
Da questo veloce percorso attraverso il Vangelo, ricaviamo che Gesù non solo vuole che preghiamo come Lui prega, ma ci assicura che, se anche i nostri tentativi di preghiera fossero del tutto vani e inefficaci, noi possiamo sempre contare sulla sua preghiera. Dobbiamo essere consapevoli: Gesù prega per me. Una volta, un Vescovo bravo mi raccontò che in un momento molto brutto della sua vita e di una prova grande, un momento di buio, guardò in Basilica in alto e vide scritta questa frase: “Io Pietro pregherò per te”. E questo gli ha dato forza e conforto. E questo succede ogni volta che ognuno di noi sa che Gesù prega per lui. Gesù prega per noi. In questo momento, in questo momento. Fate questo esercizio di memoria di ripetere questo. Quando c’è qualche difficoltà, quando siete nell’orbita delle distrazioni: Gesù sta pregando per me. Ma padre questo è vero? È vero, lo ha detto Lui stesso. Non dimentichiamo che quello che sostiene ognuno di noi nella vita è la preghiera di Gesù per ognuno di noi, con nome, cognome, davanti al Padre, facendogli vedere le piaghe che sono il prezzo della nostra salvezza.
Anche se le nostre preghiere fossero solo balbettii, se fossero compromesse da una fede vacillante, non dobbiamo mai smettere di confidare in Lui, io non so pregare ma Lui prega per me. Sorrette dalla preghiera di Gesù, le nostre timide preghiere si appoggiano su ali d’aquila e salgono fino al Cielo. Non dimenticatevi: Gesù sta pregando per me – Adesso? – Adesso. Nel momento della prova, nel momento del peccato, anche in quel momento, Gesù con tanto amore sta pregando per me.
Papa Francesco
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