Poiché viviamo nel tempo della fede e non ancora della visione piena, nel tempo della prova e non ancora quello del premio, nel tempo del desiderio che cresce poiché non ancora esaudito e non ancora quello della gioia celeste.
È il mistero dell’Incarnazione. Nel velo di fragile carne contempliamo con i nostri occhi il mistero di Dio. Questo “velo” non impedisce la visione; sulla terra senza quel “velo” non ci è possibile contemplare la presenza del Mistero.
Anche nell’Eucarestia contempliamo la presenza reale del corpo di Gesù, ma nelle “specie” del pane e del vino. Dio si nasconde per farsi trovare! Si è fatto piccolo perché lo potessimo accogliere in noi, si è fatto nostro cibo per poterci trasformare e unificare nel suo corpo mistico.
In ogni Sacramento la potenza della grazia spirituale ci è data nascosta e velata nei poveri segni che sono percepibili ai nostri sensi. Nell’acqua del Battesimo come nell’olio della Cresima, nelle parole e nei segni della Penitenza, nella preghiera e nell’unzione del Sacramento degli Infermi.
Anche nel Matrimonio e nell’Ordinazione Sacerdotale, ci è data la grazia nascosta e velata nella nostra povera carne. Guai a noi se lasciamo spegnere lo Spirito che ci è stato donato! Negli sposi cristiani, nei sacerdoti, nei consacrati e in ogni battezzato la luce divina è come nascosta in un “fragile coccio” (cfr. 2Cor 4,7).
Il tempo degli Esercizi dovrebbe essere quello in cui, con stupore, meglio ci rendiamo conto di tutta questa grazia che già ci è stata donata, per poi “sforzarsi” di corrispondere e cooperare alla soave azione divina in noi.
Grazia invisibile… ma efficace
Non dobbiamo troppo lamentarci che il Mistero rimane velato ai nostri occhi. Sappiamo, con gli occhi della fede, che è velato ma vicino, nascosto ma efficace, ostacolato dal mondo ma offerto a tutti coloro che desiderano accoglierlo (Gv 1,12ss).
Con Paolo dobbiamo continuare a testimoniare: siamo come prigionieri e tuttavia “la Parola di Dio non è incatenata” (cfr. 2Tim 2,9b).
La necessaria tensione verso la santità che ogni battezzato deve avere – per non parlare di quella dei consacrati che dovrebbe essere almeno “ardente” – altro non è che togliere ogni impedimento allo Spirito così da poter portare in noi quei frutti per cui è stato inviato (cfr. Is 55,11). Da parte nostra dobbiamo fare spazio alla Grazia perché in noi porti frutto secondo la misericordia di Dio.
Allora questo tempo, segnato da mascherine sanitarie e “velature” varie, deve diventare un’occasione per togliere da noi quanto ostacola la grazia, per divenire trasparenti di Dio.
Dovremmo essere come alabastro, esso è una pietra estratta dalle cave neppure tanto preziosa, ma che si lascia attraversare dalla luce. Una pietra che diventa luminosa quando è illuminata. Allora nelle nostre fragilità terrene la Grazia dello Spirito potrà creare cose meravigliose.
Don Gino
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