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DUE “SÌ” SILENZIOSI

Carissime Annunziatine,

il mese di marzo ci dona la gioia di celebrare due appuntamenti liturgici molto cari: la solennità di san Giuseppe e quella dell’Annunciazione. È bello vedere, in queste due solennità, due modelli di perfetta adesione alla volontà di Dio. Sono da contemplare, pregare e imitare. Maria nel giorno dell’Annunciazione la contempliamo nel momento del suo “sì” («fiat mihi» / «genoito moi» Lc 1,38), della sua risposta all’eterno disegno della Trinità. Tutta la creazione attendeva quel “sì” che apre l’intera creazione a Cristo e alla Redenzione dell’intero creato (cfr. Rm 8,18-23). È la pienezza dei tempi (cfr. Gal 4,4): nel momento in cui il suo “sì” storico permette nel tempo il “sì” di Gesù che è un eterno “sì” al Padre (cfr. Eb 10,5-10); nel momento in cui il suo “sì” diviene possibilità e modello per la Chiesa tutta e per ogni uomo di rispondere con il proprio “sì”. È un “fiat” nel silenzio. Cioè un “sì” operativo ma nel silenzio: non viene sbandierato, non viene pubblicizzato. Certo l’evangelista Luca ce lo racconta, ma ormai è storia evangelica e non cronaca curiosa. A parte l’Angelo, chi era presente? A chi lo va a raccontare? Neppure a Giuseppe, che deve ugualmente dare il suo libero assenso in piena libertà e autonomia… e nel silenzio. Dobbiamo contemplare questo “sì”, poiché questa adesione permette l’adempirsi della volontà di Dio: come avrebbe la Vergine da sola portato avanti il piano di Dio? Proprio san Giuseppe ha permesso con il suo silenzioso e fattivo “sì” che si compisse il piano eterno di Salvezza. E senza neppure che un Angelo glielo chiedesse!

Nell’ubbidire non perdere tempo

Coloro che discutono sempre e di qualsiasi cosa, è ben raro che siano esempi lodevoli di obbedienza. San Giuseppe è un modello che ci insegna ad agire in ben altro modo. Don Alberione osservava: «Nell’ubbidire non perdeva tempo nemmeno a dir di sì. San Giuseppe si può paragonare alla penna. Quando vogliamo usarla non abbiamo che da prenderla, intingere il pennino nell’inchiostro; e scrivere: non aspettiamo che la penna dice sì. Non le chiediamo il permesso, ma l’adoperiamo

quando ne abbiamo bisogno e nel modo che vogliamo» (Alberione 1937, Pr. in. 78). Il Padre Celeste ha potuto disporre di san Giuseppe in pienezza, si è potuto pienamente fidare di lui. Per questo egli è “giusto” (Mt 1,19), come l’evangelista Matteo ci racconta la nascita di Gesù dalla parte di Giuseppe.
Il Primo Maestro, che non amava chi perde tempo, ce lo presenta come modello da imitare. «San Giuseppe non fece nessuna obiezione, né domandò il perché; neppure, si può dire, rispose il “sì”, ma subito, avanti. Perché non perdere neppure il tempo a dire il sì, ma fare bisogna» (1956, PD 1, 194). Ne consegue che, non dobbiamo solo imitare il “fiat” della Vergine, ma anche il “silenzioso agire” di san Giuseppe. Acconsentire, ma poi rimanere con le mani in mano diventa sterile e inefficace (cfr. la parabola dei due figli in Matteo 21,28-32).

L’obbedienza fattiva Spesso, anche nella Vita

Consacrata (ma anche nelle parrocchie e in famiglia), ci si vanta di fare quanto ci viene chiesto… però solo dopo “avergliele cantate”. Quasi che il protestare aumenti il valore della obbedienza. Non stiamo parlando delle obiezioni, poiché queste sono finalizzate a meglio obbedire, sono funzionali al verificare se abbiamo capito bene quanto ci è chiesto. Dire di sì senza aver capito la richiesta porta a errori o di ignoranza o di presunzione. La Vergine ha domandato e poi si è affidata a Colui per cui “nulla è impossibile”. San Giuseppe ha fatto secondo quanto gli era stato proposto nel sogno (che nel linguaggio biblico significa che viene da Dio), ma riflette bene come farlo e quando agire, cioè vi mette tutta la sua intelligenza perché lo fa con amore. Maria ha vissuto “nel silenzio” perché era ricolma dello Spirito Santo, ma anche San Giuseppe ha fatto del silenzio il suo stile di vita come disponibilità allo Spirito. Il Fondatore ci ricorda che San Giuseppe «è il santo del silenzio; il santo in cui lo Spirito Santo trovò il migliore ambiente per l’effusione delle sue grazie, trovò in lui l’anima eletta cui poté affidare in custodia la sua sposa purissima, Maria vergine, madre» (1940, OO, 2, 342).

Il silenzio amoroso di Giuseppe e Maria

Possiamo contemplare che ambedue hanno praticato un silenzio amoroso. Gesù e Maria sono i due amori di san Giuseppe, egli fa tutto quanto serve per proteggerli, difenderli, per farli stare bene per amore. San Giuseppe non è travolto da un insolito destino, ma agisce per amore e perché si realizzi la Volontà di Dio. Il silenzio amoroso dovrebbe essere il modello anche per la nostra vita, per il nostro pregare. Non si tratta di non parlare mai, non è “afasia” che è incapacità di parlare. Il Fondatore ci ha chiesto di essere missionari, che significa che abbiamo qualcosa da dire al mondo, anzi Qualcuno da donare al mondo, da “editare”, secondo una bella espressione del Primo Maestro. «È San Giuseppe il Santo del silenzio amoroso, operoso! Amava la SS.ma Vergine, amava Gesù e li serviva silenziosamente diligente. Non una sua parola è registrata nel Vangelo. Il silenzio amoroso è molto, molto aiuto nella via della perfezione» (Alberione, 1931, CI. m; cfr. CVV 112). Dovremmo qui farci un buon esame di coscienza se la nostra vita è questo “silenzio amoroso e operoso”, perché solo così è cooperazione all’opera di Redenzione. Maria e Giuseppe tutto hanno fatto per amore di Gesù, e per suo amore continuano ad agire per coloro “che Dio ama”.
Allora anche il nostro sì sarà pieno e continuo. Ogni battito del nostro cuore dovrebbe essere un sì al Signore. Se siamo anime consacrate, tutto è per il Signore, nulla dovrebbe rimane ancora nostro. Dice don Alberione: «La nostra vita è una tela di tanti sì a Dio. Maria SS.ma nell’Annunciazione, disse il suo «fiat» e Gesù nell’orto degli olivi disse «sì» al suo eterno Padre. Non bisogna offrire solo il nostro cuore a Dio, ma la mente, le forze, tutti noi stessi» (1950, BP. 5, 27).

Don Gino