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ANTONIETTA, SERVA DI DIO!

 

Il giorno 8 gennaio presso la Cattedrale di Brindisi ha preso avvio l’inchiesta diocesana sulla vita, le virtù e la fama di santità di Antonia Cosima Guadalupi, detta Antonietta, nata a Brindisi il 22 novembre 1947 e deceduta a Milano il 30 luglio 2001, dove lavorava presso l’Istituto Nazionale dei Tumori come Assistente Sanitaria.
Antonietta entrò giovanissima nell’Istituto “Maria SS. Annunziata”, uno dei dieci rami della Famiglia Paolina fondata dal Beato don Giacomo Alberione, formato da donne che vivono la loro consacrazione a Dio restando nel mondo, con la chiamata ad evangelizzarlo attraverso la propria condizione secolare e con tutti i mezzi di comunicazione sociale che il progresso conia. Alla cerimonia di apertura del processo diocesano erano presenti: mons. Domenico Caliandro, Arcivescovo di Brindisi-Ostuni, don Pietro Tundo, delegato episcopale, don Cosimo Schena, promotore di giustizia, la dott.ssa Antonella Calò, notaio, don Domenico Soliman, sacerdote della Società San Paolo nella veste di postulatore legittimamente costituito, ed, infine, don Claudio Cenacchi, cancelliere arcivescovile. La solennità giuridica del momento, rappresentata dai giuramenti di rito prestati dall’Arcivescovo e dai membri del Tribunale da lui nominati,

ha ben espresso l’importanza dell’attività processuale che andrà a svolgersi a beneficio dell’intero popolo di Dio in cammino verso la santità.
Infatti, come lo stesso mons. Caliandro ha evidenziato, Antonietta nella sua vita ha assecondato l’opera sempre nuova e creatrice dello Spirito, che lì dove trova creature aperte e disponibili alla Grazia, le plasma utilizzando – ed in tal modo impreziosendo – la loro povertà, rendendole sempre più somiglianti a Cristo Sposo.
Dagli scritti di Antonietta emerge questa ferma volontà di lasciarsi assimilare a Gesù per vivere lo spirito del carisma paolino fino a poter dire: «Non son più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). Quel Cristo che lei ha riconosciuto, servito e accolto nei malati tumorali, nei loro parenti e in tutti coloro con i quali condivideva i suoi spazi vitali, spendendosi illimitatamente per loro, contribuendo anche materialmente alle loro necessità e provvedendo, laddove le circostanze lo richiedessero, anche ad accoglierli in casa sua.
Tuttavia, il motore della sua generosità e donazione incondizionata era la sua unione con il Cristo.
A questo proposito il postulatore, don Soliman, ha condiviso con l’assemblea quanto Antonietta ebbe a scrivere in occasione del suo venticinquesimo di consacrazione. Così si raccontava: «Stavo fantasticando mentre lavavo le stoviglie e, giovane d’età, l’aspirazione massima era quella di sposare un bravo giovane e di avere molti figli. Questo era il filo del mio pensiero in quel momento. E Gesù venne… Bussò al mio cuore e io l’apersi a Lui. Mi disse in modo dolcissimo: “E perché non sposi me?”. Il mio cuore era ancora spalancato e Lui dal di dentro lo possedeva tutto. Come un uomo che ha appena dichiarato il suo amore alla donna amata, aspettava una risposta, aspettava trepidante il sospirato “sì”». Da questa relazione con Gesù è derivata la sua missione, punto di convergenza della sua continua tensione a Dio e del suo amore per il prossimo.
Suggestivo e di grande comunione il clima che si è creato in Cattedrale e successivamente nel momento di “agape” che è seguito. Una “santa letizia” ha invaso gli animi aprendoli a quel silenzio che è ricerca di una presenza e disponibilità all’ascolto. Alla cerimonia, infatti, erano presenti i familiari di Antonietta, amici, rappresentanti dei diversi rami della Famiglia Paolina provenienti da quasi tutte le regioni d’Italia, dal Piemonte alla Sicilia, per condividere la gioia di un’appartenenza che, se vissuta pienamente, lascia il segno. È proprio vero che la santità affascina, trascina e contagia, non è sterile isolamento, ma pane spezzato che nella condivisione trova il suo moltiplicatore; seme gettato che dal buio della terra rinasce arbusto, i cui rami diventano rifugio per i tanti uccelli che si librano nel cielo. Questa è la testimonianza che Antonietta ha lasciato nei racconti di chi ha avuto il dono di conoscerla personalmente: si è lasciata attraversare dalla Luce perché essa si irradiasse senza ostacoli e lasciasse le orme dell’Amore nei tanti terreni solcati dalle lacrime che la sua esistenza ha percorso.

C.P.