devo forse cercarti una sistemazione, perché tu sia felice?».
Conoscendo le usanze dei lavoratori dei campi che dormivano vicino ai loro covoni, le consiglia di lavarsi, profumarsi, indossare il mantello e di andare a riposare vicino a Booz, dopo avergli scoperto i piedi. In tal modo lo sprona ad esercitare il diritto di riscatto su di lei, senza farsi vedere da occhi indiscreti e pettegoli.
Rut segue il consiglio di Noemi e nel suo comportamento non ci sono parole, né azioni invadenti, ma solo il gesto di chi con umiltà si mette ai piedi dell’altro per ricevere protezione per sempre.
L’uomo svegliatosi nel pieno della notte, forse a causa del freddo avendo i piedi scoperti, rimane sorpreso e domandò: «“Chi sei?”. “Sono Rut, tua serva. Stendi il lembo del tuo mantello sulla tua serva, perché tu hai il diritto di riscatto”» (3,9).
Booz, interpreta l’azione di Rut come ricerca di una soluzione onesta, secondo la legge del levirato e le dice: «Sii benedetta dal Signore, figlia mia! Questo tuo secondo atto di bontà è ancora migliore del primo, perché non sei andata in cerca di uomini giovani, poveri o ricchi che fossero. Ora, figlia mia, non temere! Farò per te tutto quanto chiedi, perché tutti i miei concittadini sanno che sei una donna di valore» (3,10-11).
Rut, la straniera, è riconosciuta “figlia mia”, prima da Noemi e ora da Booz! L’estraneità, grazie alla solidarietà, si converte in familiarità.
Verso la soluzione
L’espressione “stendere le ali” (o il lembo del mantello) richiama l’agire salvifico di Dio che si prende cura del suo popolo (Es 19,4; Dt 32,11-12).
Booz aveva già detto a Rut che andando a spigolare nel suo campo, meritava la ricompensa dal Signore, sotto le cui ali era andata a rifugiarsi (cfr. 2,12). Senza esserne cosciente, aveva affermato che la protezione di Dio le giungeva grazie al suo intervento generoso e onesto. Da uomo saggio e leale, capisce la complicità delle due donne e le loro intenzioni e cerca di risolvere la situazione, onestamente, rispettando la legge del levirato. «È vero: io ho il diritto di riscatto, ma c’è un altro che è parente più stretto di me» (3,12).
Booz protegge la donna da eventuali chiacchiere, mandandola a casa con un dono di sei misure d’orzo perché non doveva tornare a casa con le mani vuote.
Booz va alle porte della città dove alla presenza di testimoni si svolgevano le cause giuridiche.
Quando arriva il parente più prossimo di Elimelech, gli domanda se intenda esercitare il suo diritto/dovere di acquisire l’eredità di Elimèlech e comprende un campo e anche Rut, la vedova del figlio del parente defunto. Solo così Elimelech avrebbe avuto la discendenza, secondo la legge (cfr. Dt 25,5-10).
L’anonimo parente, piuttosto che sposare Rut ai cui figli sarebbe andato il campo, preferisce rifiutare: «Io non posso esercitare il diritto di riscatto, altrimenti danneggerei la mia stessa eredità. Subentra tu nel mio diritto. Io non posso davvero esercitare questo diritto di riscatto» (4,6). In questa frase i pronomi di prima persona “io”, “mio”, “me” testimoniano la chiusura di quest’uomo in se stesso!
Questa persona rimane senza nome quasi che il testo insinui che a causa del suo egoismo quell’uomo non merita di essere identificato e ricordato! Nella scena del sandalo (vv. 7-8), l’anonimo parente consegna a Booz il diritto di riscatto che lo autorizza a sposare Rut.
Le nozze mostrano che la moabita non è più soltanto una donna straniera che risiede in Israele e, secondo la legge ha il diritto di spigolare, ma è degna di entrare a pieno titolo nella storia del popolo ebraico.
Gli anziani che approvano il matrimonio benedicono Rut e la pongono a livello di Rachele e di Lia, le due moglie di Giacobbe, e poi benedicono Booz che agisce non per interesse ma mosso soltanto dall’amore solidale (4,11-12). Insieme alle mogli di Giacobbe viene ricordata anche Tamar e suo figlio Perez.
In tal modo questi testi della Genesi sono interpretati in una nuova luce universale. A differenza delle donne citate, Rut non usò trucchi per ottenere l’amore di Booz e non usò le armi della seduzione, ma soltanto l’amore fedele e gratuito (hesed) che divenne arte della custodia delle persone anziane e sole, con le modalità adatte: coraggio dinanzi alle paure e alla rassegnazione e fedeltà a tutta prova.
Rut, bisnonna di Davide, antenata di Gesù
Ed ecco entrare in scena Noemi, verso la quale le donne si rivolgono per benedire Dio: «Benedetto il Signore, il quale oggi non ti ha fatto mancare uno che esercitasse il diritto di riscatto. Il suo nome sarà ricordato in Israele! Egli sarà il tuo consolatore e il sostegno della tua vecchiaia, perché lo ha partorito tua nuora, che ti ama e che vale per te più di sette figli» (vv. 13-17).
Come Miriam e Debora anche in questo libro, le donne interpretano gli eventi della storia come salvezza donata da Dio e la loro bocca si scioglie nella lode a Lui soltanto. Dio ha dato a Rut un figlio che per Noemi sarà il riscattatore e questo bimbo mentre riscatta il passato è promessa per il futuro.
Noemi, donna “amara” e “infelice”, grazie a Rut, torna a vivere. Rut nella lode non è nominata ma, di fatto, le donne esaltano l’amore che ha per Noemi, definendola “colei che ti ama”.
Il dono del figlio rivela che Dio era realmente presente nella storia di questa famiglia e si era preso cura di essa. Anche i membri di questa famiglia avendone fatto esperienza si prenderanno cura l’uno dell’altro. Noemi si prende cura del bimbo che nel futuro si prenderà cura di lei.
Il nome Obed dato al bambino dalle donne dichiara questa realtà: «È nato un figlio a Noemi! E lo chiamarono Obed. Egli fu il padre di Iesse, padre di Davide» (cfr. v. 17).
Il fatto che il nome sia stato dato, eccezionalmente, dalle vicine rivela che questo fanciullo appartiene alla storia del popolo e sarà un anello importante nella genealogia israelitica.
Obed, che significa “colui che serve”, attesta che quel fanciullo da grande continuerà a comportarsi come la madre che si prese cura della nonna Noemi. Il nome indica pure la missione di David, figlio di suo figlio Iesse, chiamato da Dio a servire e a prendersi cura come re e pastore di tutto Israele.
La storia narrata giunge a lieto fine perché i tre protagonisti principali permettono a Dio di realizzare la sua solidarietà attraverso le loro persone: come Rut si fa carico di Noemi e per lei si fa straniera, come Noemi si fa carico di Rut che accoglie come amica e figlia e si rende responsabile del suo futuro, come Booz che assume la situazione di bisogno di queste donne e facendosi garante dei loro diritti risolve la situazione.
Questa catena di solidarietà, mostra che Dio ai poveri dona pane e discendenza, cioè vita e futuro!
Questo tema apre il libro: Noemi aveva sentito dire che il Signore aveva visitato il suo popolo, dandogli (in ebraico natan) pane (1,6) e lo chiude così: Il Signore le accordò (in ebraico natan) di concepire: ella partorì un figlio (4,13).
Nella genealogia di Gesù
Il primo Vangelo, nella genealogia di Gesù, con Rut cita altre donne “irregolari” secondo la logica umana in quanto straniere o peccatrici. Si tratta di Tamar, che si veste da prostituta per ottenere dal suocero Giuda i suoi giusti diritti e assicurare la discendenza al defunto marito (Gen 38); Racab, la prostituta straniera che salva gli esploratori (Gs 2); Betsabea, moglie di un Ittita, che commette l’adulterio con Davide.
La presenza di donne straniere e peccatrici rivela che l’albero genealogico di Gesù è aperto all’universalità e la sua salvezza è per tutti: stranieri, giusti e peccatori.
La comunità dei credenti in Gesù, nata dal battesimo, ha nel suo DNA l’apertura a tutti i popoli.
Per la riflessione personale
1) Nota il ruolo attribuito alle donne nella benedizione del matrimonio di Booz e Rut: «Il Signore renda la donna, che entra in casa tua, come Rachele e Lia, le due donne che fondarono la casa d’Israele…! La tua casa sia come la casa di Perez, che Tamar partorì a Giuda, grazie alla posterità che il Signore ti darà da questa giovane!» (4,11-12). Israele sembra essere fondato non da Giacobbe ma dalle sue due mogli Rachele e Lia e la tribù di Giuda da Tamar. Che tipo di responsabilità provoca in te il fatto che a queste donne è attribuito un ruolo fondazionale del popolo d’Israele?
2) Tratteggia le caratteristiche della solidarietà di Rut verso Noemi, di questa verso Rut e di Booz verso le due donne. In che senso questo comportamento trasmette l’arte del prendersi cura degli altri? Quali valori la rendono possibile? Vedi un richiamo nella visita di Maria a Elisabetta e nella preoccupazione di Maria a Cana quando viene a mancare il vino?
3) Il nome Rut significa “l’amica” ma l’intreccio narrativo enfatizza la solidarietà. Come
testimoniare oggi che la vera amicizia non coincide con le lunghe liste di amici virtuali come in Facebook? Come far capire che l’amicizia si fonda sulla solidarietà che fa uscire da se stessi, fa superare le differenze di cultura e di età, abilita alla vicinanza reale che si trasforma in ricerca creativa del bene per l’altro fino a realizzarlo?
Suor Filippa Castronovo, fsp
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