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UNA RUOTA NECESSARIA

 

Carissime Annunziatine,

quest’anno negli incontri mensili cercheremo di riflettere sulla quarta ruota del carro paolino: la povertà. Nei prossimi anni ci soffermeremo sulle altre tre ruote: studio, apostolato, pietà. Ci aiuterà anche la meditazione della lettera sullo stesso tema del Superiore Generale, pubblicata sul “Siate Perfetti” di agosto-settembre 2019. L’esempio del carro ci ricorda che se si procede in modo armonico in tutte le parti si procede più velocemente e proficuamente. Il Primo Maestro ammoniva: «Chi volesse nel carro far camminare solo una ruota, andrebbe alla rovina. Far camminare tutte le ruote assieme» (1957, PD, 2, 196). Nella riflessione e nelle meditazioni bisogna procedere con un elemento alla volta, per cui quest’anno iniziamo con la ruota della povertà paolina che, come ci ricorda don Alberione, nella formazione sta a indicare la parte “umana, cristiana e religiosa”. Ovviamente va attualizzata oggi e secondo il colore paolino. Una cosa è la povertà voluta da san Francesco, un’altra è quella intesa secondo la regola di san Benedetto, e così via… Per noi è da intendere e vivere come ci ha insegnato il Primo Maestro: «La povertà paolina ha cinque funzioni: rinuncia, produce, conserva, provvede, edifica» (UPS 1,467). Don Alberione, scrivendo a don Costa nel 1934, ricorda che «è solo la quarta ruota del carro… ma pur necessaria». Non è il primo dei Voti, è l’ultima ruota del carro… ma senza di essa non iniziamo a camminare sulla via di Cristo e non si porta alcun frutto. Inoltre, la povertà è anche «la prima beatitudine e quasi un gradino per tutte le altre» (Donec formetur, 87).

Partire dalla Bibbia

I profeti più antichi, come Amos, ne fanno un rimprovero sociale a Israele: Dio non ascolta le preghiere di chi chiude il cuore ai poveri. Cresce nell’Antico Testamento la coscienza che Dio ascolta prima i poveri: davanti a Dio tutti siamo indigenti. Nei Vangeli sorprende lo spirito delle Beatitudini riguardo ai poveri «… perché di essi è il regno dei cieli». E la Buona Novella annunciata ai poveri è il

segno che il Regno di Dio è tra noi (cfr. Mt 5,11). Paolo insegna: «Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2Cor 8,9). Dunque non si intende la povertà come la intendono gli economisti, ma è quella “di Cristo”. I nostri pensieri e il nostro agire devono essere modellati su Cristo: la povertà che ci interessa non è la miseria umana, cioè l’indigenza, ma agire come ha fatto il Figlio di Dio che incarnandosi si è spogliato di tutto per la nostra salvezza. La povertà che ci rende distaccati dai beni e generosi nella carità, è anche la prova del nove della nostra vita cristiana. Non a caso l’apostolo Giacomo ci ricorda che «la fede senza le opere è morta» (Gc 2,26) e lo si vede se preferiamo i poveri, come ci ha insegnato Gesù.

I Santi testimoni della povertà

Nel meditare questo tema si proporrà ogni mese anche la figura di un santo, che ci insegni in concreto, con la sua vita oltre che con le sue parole, cosa significa vivere la povertà.
Viene spontaneo pensare a san Francesco († 03-10-1226): è esemplare nel suo abbracciare la povertà per imitare Cristo. Questo santo colpì tanto i suoi contemporanei perché, in momento di notevole crescita economica e sociale in Occidente, ha ribadito la povertà di Cristo come sempre attuale, una povertà oggettiva di privazione, ma per Dio.
Altrettanto importante è considerare san Domenico († 06-09-1221). Nella lotta contro l’eresia catara nel Sud della Francia, si rese conto che non si poteva essere efficaci testimoni del vangelo di Cristo vestiti riccamente. Così volle fondare un Ordine di “predicatori” che testimoniassero con la vita quello che insegnavano con le parole.
è interessante vedere cosa dice Dante nella Divina Commedia, appena un secolo dopo, come rimprovera francescani e domenicani di non seguire l’esempio dei loro fondatori (Paradiso, canti 12-13). Non basta avere degli esempi, bisogna anche metterli in pratica.
Anche oggi è valida questa osservazione: come possiamo testimoniare Cristo ricoperti di tutte le nostre comodità? Senza dimenticare, che aiutare i poveri nelle cose materiali e poi non pensare minimamente alla salvezza eterna dell’anima, è una sciocchezza: la vera ricchezza è raggiungere il Paradiso!

La povertà si declina in tanti modi

Non è un caso che un grande santo della carità come san Vincenzo de’ Paoli († 27-09-1660), abbia operato «per il servizio dei poveri e per la formazione dei ministri» (cfr. Colletta di s. Vincenzo) cioè abbia unito alla cura per i bisogni materiali dei poveri, l’attenzione di provvedere anche ai beni spirituali dell’uomo. La carità che non sia servizio per i poveri non è a misura di Cristo. Essa considera come sua unica ricompensa il Regno dei Cieli.
Una “opzione per i poveri” che dimentichi la salvezza eterna delle anime, o i bisogni spirituali dell’uomo di oggi, sarebbe falsa e sicuramente non cristiana. La Chiesa non è una ONG, come ci ammonisce Papa Francesco.
Quindi la povertà esterna è importante (tanto alla nostra morte non ci portiamo dietro nulla), ma senza donare la vera ricchezza spirituale, che è la vita eterna, è inutile.
Povertà significa anche provvidenza, poiché Dio provvede sempre ai suoi figli che si fidano totalmente in Lui. Ne fa fede la vita e l’istituzione di san Giuseppe Cottolengo († 30-04-1842) come anche di Madre Teresa di Calcutta († 05-09-1997).

La povertà più difficile

L’esercizio della povertà cristiana fiorisce in carità verso il prossimo, in fiducia totale verso Dio e in distacco della nostra anima da tutto quanto non è Dio.
Questa è sempre la cosa più difficile. Chi ha Dio nel cuore, non ha nulla che lo attiri o lo trattenga. Si è spogliato di tutto, ed è la più grande libertà.
Qui possiamo imparare molto dalla Vergine Maria. Ha lasciato tutto per il Tutto, anche la sua volontà è una con quella di Dio.
Questa è la povertà più difficile da esercitare, spogliarsi di noi stessi e vivere solo di Dio. Spogliarsi della propria volontà, che significa abbandonare ogni orgoglio e ogni desiderio che non sia secondo Dio.
Confidiamo con l’aiuto di Maria di imparare di quest’arte che attira ogni grazia dalla misericordia infinita del Padre.

Don Gino