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CE LA FARO',
PERCHE' TU MI DARAI LA FORZA
«Cercate e ascoltate le voci che spingono a guardare avanti» così Papa Francesco ha incoraggiato i giovani detenuti nel carcere di “Las Garzas de Pacora” a Panama, in occasione della XXXIV Giornata mondiale della Gioventù. «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro» (Lc 15,2), abbiamo appena ascoltato nel Vangelo. È ciò che mormoravano alcuni farisei, scribi, dottori della legge, piuttosto scandalizzati, piuttosto infastiditi dal modo in cui Gesù si comportava. Con questa espressione cercavano di squalificarlo, screditarlo davanti a tutti, ma non fecero che evidenziare uno degli atteggiamenti di Gesù più comuni, più distintivi, più belli: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». E tutti siamo peccatori, tutti, e per questo Gesù ci accoglie con affetto, tutti noi che siamo qui; e se qualcuno non si sente peccatore, tra tutti noi che siamo qui, sappia che Gesù non lo riceverà, si perderà il meglio. Gesù non ha paura di avvicinarsi a coloro che, per mille ragioni, portavano il peso dell’odio sociale, come nel caso dei pubblicani – ricordiamo che i pubblicani si arricchivano derubando il loro stesso popolo; essi suscitavano molta, molta indignazione –, oppure portavano l’odio sociale perché avevano fatto alcuni errori nella loro vita, degli errori e degli sbagli, qualche colpa, e così li chiamavano peccatori. Gesù lo fa perché sa che nel Cielo si fa più |
festa per un solo di quelli che sbagliano, dei peccatori convertiti, che per novantanove giusti che continuano bene (cfr Lc15,7). E mentre queste persone si limitavano a mormorare o a sdegnarsi, perché Gesù si incontrava con le persone segnate da qualche errore sociale, da qualche peccato, e chiudevano le porte della conversione, del dialogo con Gesù, Gesù si avvicina e si compromette, Gesù mette in gioco la sua reputazione e invita sempre a guardare un orizzonte capace di rinnovare la vita, di rinnovare la storia. Tutti, tutti abbiamo un orizzonte. Tutti. Qualcuno può dire: “Io non ce l’ho”. Apri la finestra, e lo troverai. Apri la finestra del tuo cuore, apri la finestra dell’amore che è Gesù, e lo troverai. Tutti abbiamo un orizzonte. Sono due sguardi ben diversi che si contrappongono: quello di Gesù e quello di questi dottori della legge. Uno sguardo sterile e infecondo – quello della mormorazione e del pettegolezzo, che sempre parla male degli altri e si sente giusto –, e un altro, che è quello del Signore, che chiama alla trasformazione e alla conversione, a una vita nuova (…). Lo sguardo della mormorazione e del pettegolezzo E questo non vale solo per quei tempi, vale anche per oggi! Molti non sopportano e non amano questa scelta di Gesù, anzi, prima a mezza voce e alla fine gridando manifestano il loro disappunto cercando di screditare questo comportamento di Gesù e di tutti coloro che stanno con Lui. Non accettano, rifiutano questa scelta di stare vicino e di offrire nuove opportunità. Questa gente condanna una volta per tutte, scredita una volta per tutte e si dimentica che agli occhi di Dio loro stessi sono screditati e hanno bisogno di tenerezza, hanno bisogno di amore e di comprensione, ma non vogliono accettare. Non l’accettano. Con la vita della gente sembra più facile dare titoli e etichette che congelano e stigmatizzano non solo il passato ma anche il presente e il futuro delle persone. Mettiamo etichette alle persone: questo è così, quello ha fatto questo e ormai c’è e deve portarlo per il resto dei suoi giorni. Così è questa gente che mormora, i pettegoli, sono così. Etichette che, alla fine, non fanno altro che dividere: di qua i buoni, di là i cattivi; di qua i giusti, di là i peccatori. E questo, Gesù non lo accetta. Questa è la cultura dell’aggettivo: ci piace tanto “aggettivare” la gente, ci piace tanto. “Tu, come ti chiami?” – “Mi chiamo buono” – “No, questo è un aggettivo. Come ti chiami?”. Andare al nome della persona: chi sei, cosa fai, quali sogni hai, cosa sente il tuo cuore… Ai pettegoli questo non interessa; cercano subito un’etichetta per toglierseli di mezzo. La cultura dell’aggettivo che scredita la persona. Lo sguardo della conversione: l’altro sguardo Invece, tutto il Vangelo è segnato da quest’altro sguardo che nasce né più né meno che dal cuore di Dio. Dio non ti abbandona mai. Dio non abbandona nessuno. Dio ti dice: “Vieni”. Dio ti aspetta e ti abbraccia, e se non sai la strada viene a cercarti, come ha fatto il pastore con le pecore. Invece, l’altro sguardo rifiuta. Il Signore vuole fare festa quando vede i suoi figli che ritornano a casa (cfr Lc 15,11-32). Così ha testimoniato Gesù manifestando fino all’estremo l’amore misericordioso del Padre. Abbiamo un Padre. Lo hai detto tu: mi è piaciuta questa tua confessione: abbiamo un Padre. Io ho un Padre che mi ama. È una cosa bella. Un amore, quello di Gesù, che non ha tempo per mormorare, ma cerca di rompere il cerchio della critica inutile e indifferente, neutra e asettica. “Ti ringrazio, Signore – diceva quel dottore della legge –, perché non sono come quello”. Non sono come quello. Questi che pensano di avere l’anima purificata dieci volte in un’illusione di vita asettica che non serve a niente. Una volta ho sentito un contadino che diceva una cosa che mi ha colpito: “L’acqua più pulita qual è? Sì, l’acqua distillata – diceva –. Lei sa, padre, che quando la bevo non sa di niente”. Così è la vita di quelli che criticano e spettegolano e si separano dagli altri: si sentono tanto puliti, tanto asettici che non sanno di niente, sono incapaci di invitare qualcuno, vivono curandosi di sé stessi, per farsi la chirurgia estetica nell’anima e non per tendere la mano agli altri e aiutarli a crescere. Che è quello che fa Gesù, che accetta la complessità della vita e di ogni situazione; l’amore di Gesù, l’amore di Dio, l’amore di Dio Padre – come hai detto tu – è un amore che inaugura una dinamica capace di inventare strade, offrire opportunità di integrazione e trasformazione, opportunità di guarigione, di perdono, di salvezza. Papa Francesco
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