CON CRISTO
NEL MISTERO DELLA PASSIONE
In questo tempo di Quaresima il Beato Giacomo Alberione ci invita a guardare il Crocifisso, a meditare il mistero della Passione per “capire come Gesù ci amò senza misura” (Alle Figlie di San Paolo, 1946, pp. 283-288). Introduzione […] Meditiamo volentieri la passione di Gesù Cristo. Passano i giorni della vita; occorre ancora progredire nei meriti, nell’amor di Dio, nelle virtù: grande mezzo per far questo è la meditazione dei dolori di Gesù crocifisso. Quando S. Filippo Benizi [1233-1285, medico fiorentino, entrò come fratello laico nell’Ordine dei Servi di Santa Maria] si trovava sul letto di morte, oramai stremato di forze, con un filo di voce, diceva ai suoi religiosi: «Portatemi il mio libro». I frati si guardavano l’un l’altro; e chi gli portò il Breviario, chi il Messale, chi un libro di meditazioni. Ma egli faceva cenno di no col capo. Un religioso gli presentò un Crocifisso; ed egli se lo accostò con tenerezza alle labbra, lo baciò con trasporto: «Ecco il mio libro: il Crocifisso». Libro, dice un autore, stampato millenovecento anni fa in Gerusalemme; non sopra la carta, ma sulle carni vive dell’immacolato agnello Gesù. Libro stampato, non con caratteri metallici, ma coi chiodi, i flagelli, la lancia. L’inchiostro è il vivo sangue di Gesù. E che cosa si legge in questo libro? Si leggono tante parole molto utili per noi: “Vedi quanto ti ho amato!”. Vi si legge la gran parola: Amore! Troppo poco, troppo poco riamiamo! Altra gran parola: Dolore! Chi ha ridotto Gesù tutto in una piaga? I carnefici furono gli esecutori, ma chi ha dato la sentenza, furono i peccati mortali e veniali. |
Terza parola: Confidenza. Abbiamo pochi meriti: ma Gesù, nostro capo, ne ha fatti tanti. Se voi foste tanto povere, ma chi sta a capo fosse molto ricca, voi potreste dire ugualmente di possedere tesori. I denari del padre sono denari dei figli. Gesù è il capo: i meriti infiniti del Salvatore sono nostri. Basta avere la fiducia per prenderli. Vi è chi ha fiducia solo nei suoi sacrifici, nelle sue opere. Occorre aver fiducia di salvarci per i meriti di Cristo. È la fede unita alle opere che salva. Effetti La meditazione del Crocifisso produce specialmente tre effetti: Gesù Vita nella Passione e nell’Eucaristia Ma Gesù Cristo è anche Vita, specialmente nella sua passione di cui ci ha lasciato un memoriale nella SS. Eucarestia. Ora è giusto che impieghiamo un po’ di tempo a meditare questo argomento. Essa è la gran preghiera perché è il gran sacrificio. E questo sacrificio non è un fatto storico soltanto, ma un fatto che continua e perdura nei secoli e nello spazio. La sua passione e il suo sangue versato, i suoi dolori e la sua morte, sono la gran preghiera. Egli ci ha ottenuto la grazia di amarlo e di seguirlo: «cum lacrimis et clamore valido» (Eb 5,7: «... con forti grida e lacrime»). Questo argomento dovrebbe essere desiderato, perché è facile e pieno di attrattive per le anime consacrate a lui. Di che cosa si interessa una sposa, se non delle sofferenze dello sposo? Di che cosa si deve interessare una sposa del Signore? Ogni notizia delle pene dello sposo Gesù, ogni dolore del suo corpo o del suo spirito, dovrebbe eccitare una passione di amore per lui. In questo abbiamo gli esempi dei santi. S. Francesco d’Assisi ricevette da Dio la somiglianza, anche all’esterno, col Cristo crocifisso, per mezzo delle sacre stimmate. I suoi occhi si erano quasi spenti dal gran piangere sui dolori di Cristo e dei propri peccati. Se la sposa non assomiglia allo Sposo anche nei suoi dolori, si può dire che abbia per lui, un vero amore? Maria si portò sulla via del Calvario per accompagnare Gesù in quelle estreme, dolorosissime ore. Lo assistette nell’agonia e nella morte; lo abbracciò deposto dalla croce: Maria, per prima, baciò le sue piaghe. Baciatelo anche voi coi sentimenti di amore e di compassione che ebbe la Madre sua addolorata. Come dobbiamo meditare la passione del Signore Forse la sentiamo narrare o la leggiamo alla sfuggita, come cosa che non ci interessa? Ma sono i dolori dello Sposo, del Padre, dell’Amico! Fermatevi: «Attendite et videte si est dolor sicut dolor meus» (Lam 1,12: «Considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio dolore»). Tre pensieri devono dominarci: Chi è che soffre? Per chi soffre? Quanto soffre? Chi è colui che patisce? Il Figlio di Dio, l’innocente, il santo; non un colpevole. Patisce per me; anche per gli altri, è vero, ma pure tutto per me: «Dilexit me et tradidit semetipsum pro me» (Gal 2,20: «Mi ha amato e ha dato se stesso per me»). Quanto soffre! Le anime stentano a capire le ambasce e le angosce dello spirito di Gesù. Versò tutto il suo sangue per noi, nonostante vedesse come i peccatori si sarebbero ugualmente dannati: «Quae utilitas in sanguine meo?» (Sal 30,10: «Quale vantaggio dalla mia morte?»). Ma Gesù vedeva pure tante anime che lo avrebbero amato, si sarebbero salvate; morì per esse, per tutti, per ciascuno di noi. Egli allora ci aveva tutti presenti. Per ogni nostro peccato Gesù sofferse una speciale pena. Cerchiamo di ricavare frutti salutari: sentimenti di amore, atti di carità espressi con baci caldi e affetuosi al Crocifisso, propositi fermi per una vita santa. Beato Giacomo Alberione |