Ci sono giorni che lasciano il segno e, per il nostro Istituto, fra questi si annoverano senz’altro i primi tre weekend del mese di febbraio in cui, a Casa Annunziatine, si riuniscono le sorelle in formazione e, per ultime, anche le formatrici hanno il loro incontro. Sono giornate per crescere e conoscersi di più ma, soprattutto, in maniera unica per ciascuna, sono dei weekend di grazia. Quest’anno le professe temporanee sono state le prime a riunirsi e, da subito, ecco la gioia! Gioia di essere a Casa, di essere insieme e insieme con Gesù. Ho visto le sorelle, che vengono da lontano, entrare nella nostra cappellina con un volto radioso e la luce negli occhi, non solo per la presenza del Signore, ma proprio per essere finalmente a Casa Annunziatine. In qualche momento di confidenza tra noi abbiamo voluto dichiararci quasi con stupore questa gioia di essere lì e, si sa, la gioia condivisa è sempre raddoppiata! E così è cominciato il nostro weekend. La castità è stato il tema trattato: l’argomento è noto, ma è sempre utile parlarne di tanto in tanto, perché è un tema inesauribile. Don Gino lo ha svolto in riferimento alla Parola di Dio e allo Statuto.
In sintesi riporto una sola riflessione, emersa durante la condivisione, non potendo scrivere tutta la ricchezza di contenuti che ci sono stati offerti. La castità è una esclusività d’amore; l’amore ha sete di presenza e coinvolge tutto l’essere della persona fino a realizzare una comunione profonda con Dio. Allora chi trascura la preghiera non vive la castità, meglio definita nella sua essenza come verginità, perché non ne vive il significato vero che è la comunione con Dio. In questo contesto di relazione intima con Dio va compresa e cercata la solitudine, intesa non come isolamento, ma come esperienza in cui si vive e si impara ad amare Dio per amore di Dio, senza altra motivazione, e perciò è avventura di grazia, è beatitudine. Nella serata di venerdì abbiamo visto alcuni spezzoni del film “Bakhita”, che racconta la storia della santa africana. Commovente e piena di fede la lettura che lei stessa fa della sua vita di schiava, che l’ha portata infine a conoscere e amare Gesù. Sabato 2 febbraio abbiamo ricordato la festa della Vita Consacrata scambiandoci gli auguri, idealmente estesi a tutte le sorelle dell’Istituto ed anche a tutti i consacrati nella Chiesa. Nel pomeriggio ci siamo recate in pellegrinaggio al Santuario Regina degli Apostoli e, tra l’altro, abbiamo potuto vedere (e toccare!) il piccolo altare, sotto il grande mosaico, ora in disuso, dove spesso don Alberione celebrava la S. Messa alle 4,30 del mattino.
Abbiamo poi visitato l’archivio delle Figlie di San Paolo, accolti da una vivacissima suor Mercedes che coi suoi 93 anni ha potuto raccontarci diversi episodi di vita paolina. Ho particolarmente presente un fatto di per sé non tra i più significativi, ma che contiene comunque un insegnamento. In un momento di crisi, Mercedes, che ancora non era suora, scrisse al Fondatore una lettera di otto pagine. Don Alberione rispose in due righe. Lì per lì lei ci rimase un po’ male, però la breve risposta del Primo Maestro rivela che quanto più si progredisce nella santità, tanto più ci si semplifica, si diventa essenziali ed efficaci. Domenica abbiamo ascoltato le esperienze delle animatrici. Anna Maria ci ha raccontato che, durante un corso di esercizi di tanti anni fa, meditando sul Vangelo dell’Annunciazione ha intuito come nelle parole della Madonna ci siano i tre voti: “Eccomi”: il voto di castità; “sono la serva del Signore”: la povertà; “si faccia di me secondo la tua Parola”: il “fiat” di Maria, cioè l’obbedienza. Maria Teresa ci ha invece offerto alcuni esempi pratici di come custodire la castità in mezzo alle provocazioni della vita quotidiana: atteggiamenti che richiedono vigilanza e delicatezza.
Per concludere, torno alla sera di sabato. Ci è stato presentato un canto visualizzato intitolato I.N.R.I., acronimo che ben conosciamo ma che qui era interpretato come “Io Non Ritorno Indietro”. Facendolo preceder da un “se” e dal nostro I.M.S.A., letto anch’esso diversamente, il tutto diventa: “Se Io Mi Sento Amata, Io Non Ritorno Indietro”, cioè: se l’Istituto – I.M.S.A. – è per me il luogo dell’amore di Dio, io non lo lascio, non ritorno indietro, accettando a priori tutta la dimensione di croce – I.N.R.I. – che questa scelta, come ogni scelta autentica e piena, inevitabilmente a volte comporta.
Bruna P. |