Home| Chi siamo| Cosa facciamo| Perchè siamo nate | Spiritualità| La nostra storia | Libreria| Fondatore|Famiglia Paolina| Preghiere |Archivio | Links | Scrivici | Area Riservata |Webmail | Mappa del sito

 

SARA: LA PRIMA MADRE

 




Un inizio incerto

La famiglia di Abramo e Sara, originari di Ur in Caldea (Gn 11,29) da dove erano usciti per cercare un futuro migliore, ha un inizio problematico: “Sara era sterile” (Gn 11,30). In un tempo e cultura in cui il futuro era assicurato dai figli, la loro mancanza segnava un destino crudele. In un tempo in cui la fede nella risurrezione non era ancora evidente, non avere figli significava scomparire dalla storia per sempre. A Carran, il luogo dove si erano fermati lungo il viaggio, muore Terach, padre di Abramo e il fratello Nacor. Su questo sfondo di morte, Dio ad Abramo promette terra e discendenza, invitandolo a uscire, con la sua famiglia, da Carran (Gn 12,1): Abramo ubbidisce.

A quel tempo aveva 75 anni e Sara 65. Giungono a Canaan, ma la terra è già abitata e vi è la carestia. Si recano in Egitto. Abramo per paura di venire ucciso a causa della bellezza di Sara, sua moglie, la fa passare per sua sorella, permettendo al Faraone di impadronirsene! (Gn 12,10-20). Il rischio corso da Abramo è alto: se Sara fosse divenuta proprietà del Faraone la promessa del figlio si sarebbe annullata! Da parte di Sara nessuna reazione. Il narratore lascia intendere che Sara è vittima di un marito egoista che si preoccupa soltanto di se stesso. L’episodio nel libro della Genesi è narrato tre volte: due volte per Abramo e Sara (Gn 12,10-20 e Gn 20,1-14) e una volta per il figlio Isacco e la moglie Rebecca (Gn 26,1- 11). Con questo fatto discutibile, il testo biblico mostra l’impegno di Dio, che, nonostante gli errori umani, rimane fedele alla sua promessa. Dio restituisce Sara ad Abramo e veglia su di loro.

Donna intraprendente e gelosa

Il figlio promesso non arriva e lei, che non si rassegna alla morte, cerca di risolvere il problema secondo i costumi che conosce. In questa decisione impegna Abramo al quale offre la propria schiava come concubina: «“Ecco, il Signore mi ha impedito di aver prole; unisciti alla mia schiava: forse da lei potrò avere figli”. Abram ascoltò Sara» (Gn 16,2).
Questo “ecco” esprime il dolore e l’amarezza per tale decisione. Dio le aveva chiuso il seno. È Dio, infatti, che rende sterili o feconde, ricorderà Rachele! (cfr. Gn 30,2). “Forse da lei potrò avere figli”! cioè: forse potrò divenire madre per mezzo suo. L’iniziativa di Sara scatena la rottura dei rapporti con la schiava, costretta a fuggire due volte, a causa della reciproca gelosia. Può sorprendere la debolezza morale di Sara e quella di Abramo. Queste fragilità non eliminano, però, la loro grandezza: la parola di Dio mostra chei padri e le madri nella fede sono tali perché, nonostante i loro errori e le loro fragilità, hanno accolto la correzione di Dio e continuando a peregrinare nella fede sulla sua parola, hanno raggiunto la maturità di fede. Questo cammino li rende modelli per i posteri.

Sara, come Abramo, è benedetta da Dio

All’età di 99 anni, Dio rinnova ad Abramo la promessa. Abramo, come farà Sara, ride: “Io ho 100 anni e Sara 90!”. Dio gli conferma la promessa del figlio e benedice Sara “Io la benedirò e anche lei ti darà un figlio; la benedirò e diventerà nazioni e re e popoli nasceranno da lei e chiamerai il figlio Isacco” (cfr. Gn 17,16-19). Un giorno a Mamre mentre “sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda” (Gn 18,1), tre misteriosi personaggi fanno loro visita. Abramo li accoglie a cuore aperto, coinvolgendo Sara che prepara da mangiare. I tre annunciano la nascita del figlio. Sara che origlia da dietro la porta, ride pensando in cuor suo, che ormai è impossibile (Gn 18,12).
È una donna intelligente per credere che dal suo seno morto possa nascere la vita: oltre che sterile è pure avvizzita! Il suo sorriso amaro, di fatto, è un pianto. I tre personaggi con una domanda graffiante gettano il dubbio sulla sua certezza: “C’è forse qualcosa di impossibile a Dio?” (Gn 18,14). Sara, scossa da quelle parole, nega: “Non ho riso!”. “Sì, hai proprio riso”, le rispondono. Il riso di Sara mostra la sua fatica a fidarsi dell’onnipotenza di Dio. A questo suo riso scettico si oppone il riso efficace e creatore di Dio che ride delle nostre paure e piano piano ci porta a ridere di noi, che dubitiamo di Lui.

Dalla incredulità allo stupore che loda Dio

Allo scadere del termine indicato “Sara partorì e rise di nuovo”. È il riso di gioia e di presa in giro di se stessa dura nel credere nel dono possibile di Dio. Il nome Isacco, come spiegato da Sara, significa: “Motivo di lieto riso mi ha dato Dio!”. Sara è la prima tra le donne della Bibbia che innalza, come una poesia, la sua lode a Dio. Nei momenti salienti della storia della salvezza, spesso, i protagonisti diventano poeti! Il canto di Sara scioglie le paure e i dubbi che avevano riempito il cuore di questa prima coppia e li rende testimoni di fede in Dio “che dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che non esistono” (cfr. Rm 4,17). Il suo canto è il primo magnificat a Dio che rende feconde le sterili: “Motivo di lieto riso mi ha dato Dio: chiunque lo saprà sorriderà di me! Chi avrebbe mai detto ad Abramo: Sara deve allattare figli? Eppure gli ho partorito un figlio nella sua vecchiaia” (Gn 21,6-7).
Ciò che Dio ha realizzato in lei sarà motivo di letizia o di riso per tutti coloro che ne verranno a conoscenza. E lei sarà per sempre testimone vivente di Dio fedele alla sua parola.

Una domanda senza risposta

Al racconto della nascita di Isacco segue quella del suo sacrificio (Gn 22). Dov’era Sara quando Abramo conduce il loro figlio sul monte Moria per essere sacrificato? Perché in questo dramma la madre, che per questo figlio aveva impegnato tutta se stessa, è assente? Non è facile rispondere. I rabbini hanno percepito questo silenzio come un affronto a Sara e notando che il capitolo 23 narra la sua morte spiegano che Ella è morta per il dolore, per l’amore deluso. Anche se Abramo riporta il figlio, la ferita causata dalla loro inspiegabile scomparsa, provocano un dolore tale da portarla alla morte.
Quest’interpretazione è senz’altro discutibile, ma fa pensare… Rimane che Sara è degna compagna di Abramo, solidale con lui in tutto e, forse, più coraggiosa di lui nell’osare dinanzi a Dio, più determinata di lui ad avere un figlio, esemplare per la sua capacità di ragionare davanti a Dio e di lasciarsi disarmare nelle sue ragioni, capace di soffrire fino a morire. Sara per il suo radicale cammino di fede nella prova è madre del popolo: “Guardate ad Abramo vostro Padre. A Sara che vi ha generati” (Is 52,1; cfr. Eb 11,11-12). Sara morì a 127 anni e Abramo comprò dagli ittiti una grotta e un campo, dove seppellirla. La seppellì “nella caverna del campo di Macpela di fronte a Mamre, cioè Ebron, nella terra di Canaan” (Gn 23,19). Il primo pezzo di terra che Abramo possiede è la tomba di Sara, pegno della terra promessa che i suoi figli avrebbero ricevuto da Dio. Così anche la sua tomba invita a fidarsi e sperare.

L’eredità di Sara

La Bibbia tratteggia Sara con molto realismo da farcela sentire una di noi. La sua fede è una scelta, una conquista, un abbandono raggiunto passando da delusione e errori. La prima madre testimonia che l’agire di Dio, per quanto incomprensibile, è carico di sorprese gioiose. Dio visita i suoi fedeli accorciando le distanze; è la Vita che regala fecondità; è la comunione che abbatte le solitudini. Sara, divenuta madre della numerosa discendenza, proclama che Dio realizza l’impossibile in coloro che si fidano di Lui. A tutti i suoi figli e figlie nella fede, fino alla fine della storia, Sara rivolge la domanda che scosse la sua esistenza: “C’è forse qualcosa di impossibile a Dio?” (Gn 18,14). Così anche loro possono intonare il Magnificat a Dio che non smette di sorprendere.

PER LA RIFLESSIONE PERSONALE:

1. “C’è forse qualcosa di impossibile a Dio?” (Gn 18,14). Questa domanda nella storia di salvezza diviene certezza: “Nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,37). Maria dinanzi a questa certezza pronuncia il suo sì fiducioso. Al contrario del dubbio di Sara, la fede di Maria è certezza contro l’evidenza. Maria, che medita la Parola, quando pronunciò il suo sì totale avrà ricordato le parole di Dio a Sara? Con quale effetto?

2. Nella presentazione di Sara il riso ha un rilievo notevole: vi è quello incredulo e amaro di Abramo e Sara; quello disarmante di Dio che ride sulle loro incredulità e, infine, quello di gioia che apre gli occhi del cuore allo stupore e, nel mostrare la stoltezza dell’incredulità, rende poeti alle meraviglie di Dio. Nel tuo cammino di fede Dio quale forma di riso hai sperimentato maggiormente?

3. Sara come Abramo, nelle fragilità ed errori, ha saputo riprendere il cammino sulle vie di Dio. Questa è l’esperienza dei santi! Il nostro Fondatore in Abundantes Divitiae n.45 ricorda che i difetti, gli errori, le insufficienze, i dubbi fanno parte di noi. Con essi si convive. L’importante è “rimettere tutto nelle mani della Divina Provvidenza e lasciarsi guidare”.

Suor Filippa Castronovo, fsp