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TABERNACOLI AMBULANTI

 


Carissime Annunziatine,

la Liturgia Romana è fortemente incentrata sul Natale, per questo la teologia latina è così legata all’Incarnazione del Verbo. Non a caso l’Adorazione Eucaristica, che respira di questa Liturgia e riflessione teologica, si è sviluppata più nell’Occidente. Don Alberione, per sua sensibilità personale, per la formazione teologica e liturgica è molto legato alla Liturgia di Natale e al culto Eucaristico, ha infuso nella spiritualità paolina non solo la centralità della Messa (“fons e culmen” secondo la Lumen Gentium) ma anche dell’Adorazione e del culto delle Specie Eucaristiche, cioé l’Adorazione e l’incontro personale con Gesù presente nell’Eucarestia.
Quante volte il Primo Maestro ha detto che bisogna partire “dal presepe”, così come ha fatto Gesù. Che la prima adorazione l’ha fatta Maria con Gesù Bambino adagiato nella mangiatoia. Dunque, andiamo da Gesù, nella culla o in braccio a sua Madre, e con fiducia chiediamo grazie, facciamoci anche noi bambini, impariamo da Lui e affidiamo con fiducia nelle sue manine tutta la nostra vita.

“Et habitavit in nobis”

L’evangelista Giovanni dice nel suo Prologo che «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria» (Gv 1,14). Dunque, per prima cosa dobbiamo contemplarLo: riconoscere la sua Divinità, che quel Bimbo è il Verbo incarnato, e che dunque dobbiamo adorarlo. Non è solo questione di esegesi, ma di vita liturgica e spirituale: nell’Eucaristia adoriamo quello che riceviamo e nella Comunione ci lasciamo unificare dalla potenza del corpo di Cristo. Se viene meno questa adorazione, significa che non l’abbiamo veramente accolto, che non riconosciamo che Lui è l’Unico che ci può salvare … anche quando si presenta a noi nella sua debolezza, … quando con infinita tenerezza ci chiede semplicemente di amarlo, come Dio e come uomo. Nel testo greco le parole “venne ad abitare in mezzo a noi” sono indicate con l’espressione «eskénosen en emin», che alla lettera significa «pose la sua tenda in noi» (la “Vulgata” traduce «et abitavit in nobis»). Certo, il senso primo è che il Verbo del Padre si è incarnato ed è vissuto tra di noi.

Ma il Vangelo è molto più profondo di una osservazione storica. “Abitò in noi” o “pose la sua tenda in noi” indica che ancora oggi vuole trovare posto nel nostro cuore e nella nostra anima. Gesù non ama stare fermo! Nei Vangeli lo troviamo sempre in movimento: solo con la morte è fermo, là sulla croce e nel sepolcro …ma per poco e scappa presto! “Pose la tenda” richiama il tempo dell’Esodo – quando nasceva il popolo di Israele – quando sperimentava di essere con Dio, e che il Signore dava i tempi del cammino. Anche il nuovo popolo di Dio deve fare lo stesso, stare presso la tenda di Dio… “Tenda” corrisponde alla parola “tabernacolo”. È presso il Tabernacolo che anche noi impariamo dove andare e cosa fare. Ma l’Evangelista dice “in noi”, che è da intendersi “in noi” come singoli ma anche “tra noi” come popolo di Dio, come comunione di Cristiani: è in noi che vuole trovare posto. Noi dobbiamo essere la sua tenda, in noi vuole abitare. Siamo noi il tabernacolo in cui vuole abitare. Che rischio vuole correre… quanto facilmente rischia lo sfratto! Quanto facilmente lo mandiamo via col peccato, quanto spesso non lasciamo posto per lui!

Una tenda non sta ferma

Dobbiamo accoglierlo e lasciarci portare da lui: dobbiamo essere “tabernacoli ambulanti”. Tabernacoli perché dobbiamo fare spazio a Gesù Bambino nel nostro cuore. Sempre in cammino perché il Cristo è sempre in cammino, è un Maestro che va seguito passo dopo passo … sino alla croce! A chi vuole seguirlo Gesù dice: «Il Figlio dell’uomo non ha dove porre il capo» (Mt 8,20; Lc 9,58). Dunque i suoi discepoli devono fare lo stesso se vogliono rispondere al suo “Seguimi!”. Perché il suo Regno non è di questo mondo. Siamo in cammino, siamo “ambulanti”, pellegrini verso la Patria eterna. Gesù è nostro Maestro quando lo seguiamo. L'esempio migliore ce lo da Maria. E' in lei che Dio ha trovato dove porre la sua tenda, lei stessa è diventata la “sua tenda”. Vergine e Madre, Maria è il Paradiso della Trinità e il luogo in cui lo Spirito di Dio può riposare, perchè dal suo Cuore immacolato non è mai stato allontanato: dal "si" a Nazareth fino a quando è giunta in cielo.
Dopo quel "si" Maria è stata sempre missionaria sempre in movimento. Perché lo Spirito è Vita e la vita non si ferma mai. Appena l’angelo parte, si affretta ad andare da Elisabetta: ecco il tabernacolo ambulante, porta Cristo nel mondo, anche se gli altri non se ne accorgono. Solo chi ha il dono dello Spirito riconosce quel mistero d’amore infinito: solo Elisabetta e il bimbo che “danza nel suo grembo” come Davide presso l’arca in cammino verso Gerusalemme.

In cammino, cioè portando Gesù

So che molte Annunziatine portano l’Eucaristia a malati ed anziani nelle loro parrocchie. Ebbene, non siete forse anche voi tabernacoli ambulanti! Cristo deve stare sempre nel nostro cuore, in questo modo lo portiamo agli altri: come Maria. Gesù vuole arrivare alle anime ed ha bisogno di chi lo porta. Ma occorre che impariamo da Maria, Gesù non deve mai allontanarsi dal nostro cuore, e dobbiamo “riconoscere la sua gloria” sempre adorarlo, cioè riconoscere che siamo nulla eppure il Verbo del Padre vuole farsi portare da noi. Tuttavia l’invito ad essere tabernacoli ambulanti lo rivolgo ad ogni annunziatina. Maria non ha potuto seguire Gesù nei suoi viaggi durante la vita pubblica, ma non si è mai staccata da Lui. La sua anima è sempre stata unità a quella di Gesù. Maria è stata il primo tabernacolo, la prima che ha adorato Dio sulla terra, e colei che lo ha sempre tenuto nel cuore. Impariamo da lei come accogliere Gesù, come adorare il Verbo Divino, come seguire l’unico Maestro, come portare Cristo alle anime… e a non lasciarci mai separare da Lui.

Don Gino