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TRE GOCCE D’ACQUA

 

Carissime Annunziatine,

è bello meditare sulle cose piccole e umili: spesso sono preziose e donano grandi insegnamenti. Cosa c’è di più piccolo, di più esiguo di una goccia d’acqua?
Per questo desidero soffermarmi su tre gocce d’acqua. Piccole e simili, ma ci insegnano cose diverse.
Sull’altare solitamente si osserva una sola ampolla con una quantità discreta d’acqua, ma nella Messa usiamo tre volte l’acqua per tre scopi differenti.
Dunque ci sono tre “acque” da considerare, poiché nell’Eucarestia ogni segno e ogni elemento è simbolico e ci insegna qualcosa, oltre che essere funzionali al rito liturgico stesso.
Tre gocce d’acqua: una la consideriamo tra quelle da immettere nel calice; una la prendiamo tra quelle da usare per pulire le mani del celebrante; una la meditiamo tra quelle che si versano per purificare il calice dopo la Comunione.
Poche gocce: sono quelle indispensabili per la Messa, perché versate nel calice e che si fondono, scompaiono nel vino.
Gocce più abbondanti: rovesciate per lavare le mani del celebrante che ormai si appresta a pronunciare la Preghiera Eucaristica.
Tante gocce: quando per la terza volta si versa l’acqua per “purificare” i sacri vasi.

Poche gocce, ma indispensabili

La prima goccia viene infusa nel calice.
Il sacerdote versa nel calice il vino, con un po’ d’acqua, dicendo sottovoce: «L’acqua unita al vino sia segno della nostra unione con la vita divina di Colui che ha voluto assumere la nostra natura umana».
Ne basta poca di acqua, ma senza di questa non possiamo celebrare.
Siamo noi il simbolo di questa acqua, poca e necessaria. Dio è onnipotente, ma “vuole” aver bisogno di noi per il suo immenso amore: è il mistero dell’Incarnazione.
Noi ci lasciamo impressionare dalle cose grandi. Gesù nel Vangelo ci insegna a vedere in modo diverso. Pochi spiccioli della vedova sono più preziosi delle ricchezze superflue degli altri (cfr. Mc 12,42; Lc 21,2); con pochi pani e pochi pesciolini Gesù sfama moltitudini (cfr. Mt 15,34; Mc 8,5.7) ... quante volte chiede solo “la fede” per donare le sue grazie!

Il “molto” lo mette sempre Lui, a noi chiede il “poco”: il nostro poco da unire a Lui che è “il Tutto”.
Oh, se imparassimo la lezione che ci insegna questa piccola goccia d’acqua! Donarsi totalmente, così da non poter essere più disgiunti da Cristo.
Poca cosa è la nostra natura umana di fronte a quella divina (significata nel vino), ma Cristo ha voluto assumerla per offrire un sacrificio gradito a Dio che salva ogni uomo.
Siamo nulla… ma immensamente amati da Dio.

Di più, ma sempre poche

Osserviamo poi una goccia di quelle versate per pulire le mani del sacerdote dopo l’Offertorio. La quantità è maggiore di quelle immesse nel calice. Quest’acqua è meno importante, tuttavia nel rito Romano non si deve tralasciare né il segno né il suo significato.
Il sacerdote si lava le mani in segno di purificazione, dicendo sottovoce: «Lavami, Signore, da ogni colpa, purificami da ogni peccato».
È sempre poca quest’acqua (non mi riferisco a chi usa solo poche gocce come fanno i gatti) se pensiamo alla preghiera recitata: si chiede di togliere ogni colpa ed ogni peccato. Avremmo bisogno di un torrente di acqua, altro che poche gocce, per essere purificati!
Certo questa goccia non è indispensabile come la prima, tuttavia ci insegna che dobbiamo continuamente chiedere a Dio di purificarci. Ne abbiamo sempre bisogno quando ci presentiamo a lui.
Ciò che fa il sacerdote è simbolo, secondo la sua parte, per ciascuno di noi. Anche noi dobbiamo lasciarci purificare e lavare da ogni colpa per accostarci al Signore.
Questa goccia d’acqua ci insegna che siamo già mondi (cfr. Gv 15,3 «Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato»), infatti abbiamo già celebrato la Liturgia della Parola, abbiamo già ricevuto il sacramento del Battesimo. Eppure abbiamo ancora bisogno di essere purificati e lavati, non tanto perché sono da pulire le nostre mani, piuttosto perché grande è il mistero a cui ci accostiamo.
È il cuore che deve essere purificato per essere degno di accostarsi a Dio. Quando ci accostiamo a ricevere il Corpo e il Sangue di Cristo, con che mani, con che labbra e con che cuore ci presentiamo?

Un’acqua di umile rispetto

Osserviamo, infine, la goccia versata nel calice “per purificare” dopo la Comunione.
Mentre pulisce la patena e il calice, il sacerdote dice sottovoce: «Il sacramento ricevuto con la bocca sia accolto con purezza nel nostro spirito, o Signore, e il dono a noi fatto nel tempo ci sia rimedio per la vita eterna».
La terza goccia d’acqua ci insegna che ogni cosa che ci viene da Dio è preziosa, non va dimenticata… neppure una briciola, neppure una goccia!
Una volta saziati si deve avere attenzione anche ai frammenti, anche all’ultima goccia del Sangue di Gesù.
Questa parte della Messa non è solo una funzione “pratica” del rito, indica ancora una volta quanto è prezioso il Corpo e il Sangue di Cristo che, offerto al Padre per la nostra salvezza, viene donato a noi per vivificarci.
Per la terza volta le rubriche indicano che si recita “sottovoce”. Per tre volte l’umile acqua è accompagnata da una preghiera sussurrata. Non è inutile questa preghiera, non è solo per chi sta sul presbiterio.
Questa goccia d’acqua ci insegna come tante cose nella vita sono fatte con umiltà e in silenzio senza che nessuno se ne accorga. Eppure sono utili e preziose, anche quando non sono indispensabili.

Tre gocce

La prima ricorda al nostro cuore di donare a Cristo tutto il nostro “poco” per lasciarci trasformare in Lui. Solo così viene a noi il Corpo di Cristo, solo così può nascere la Chiesa.
La seconda goccia ci ammonisce che sempre dobbiamo “lasciarci purificare” da Dio, per essere degni di accostarci a Lui.
La terza goccia ci insegna a vedere le piccole cose secondo la misura di Dio: l’umiltà ci fa grandi davanti a Dio.
La Vergine Maria, nella sua umiltà, è quest’acqua: mai dimentica nulla di quanto è di Dio, è tutta umiltà nell’accostarsi a Dio, è tutta per Dio e in Dio per sempre.

Don Gino