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VOCAZIONE,
MISSIONE, RIPARAZIONE

 

Carissime Annunziatine,

ormai è finito il tempo estivo, che spero sia stato un momento di riposo per riprendere tutto con rinnovato entusiasmo. Con gioia abbiamo partecipato agli Esercizi Spirituali, e con voi spero che portino i frutti di quanto il Signore ha seminato nei nostri cuori. Con la Chiesa tutta sentiamoci particolarmente partecipi delle richieste del Sinodo dei Vescovi sui giovani e sulla vocazione che si celebra in questo mese di Ottobre. Per questo motivo ho ritenuto opportuno che riflettiamo insieme sulla stretta relazione tra vocazione, missione e riparazione. Che ci sia una crisi vocazionale è sotto gli occhi di tutti, sia per numero che per qualità, ma si deve anche osservare che questa crisi è stata preceduta dalla crisi della missione. Come ha detto papa Francesco, la Chiesa non è una ONG, il cristianesimo non è andare a fare missioni umanitarie nei paesi poveri per qualche anno. “Missione” significa preoccuparsi del bene spirituale degli uomini per l’eternità. Quando viene a mancare un vero ardore missionario, quello che viene dallo zelo di salvare le anime – che è partecipazione della missione di Gesù – anche le vocazioni illanguidiscono e vengono meno nel numero, oltre che nella qualità. A cosa servono vocazioni numerose se poi non sono sante?

Pregare e riparare per le vocazioni

La Chiesa da sempre è “santa” e “peccatrice”. Ci sono i peccatori, ma ci sono tanti santi nascosti che sorreggono la Chiesa, che continuano a impetrare continuamente la misericordia di Dio e attirano grazie su questa povera umanità, così bisognosa di Dio ma così ignorante di Dio. Per questo ogni anima consacrata, e quindi ciascuna Annunziatina, deve continuamente pregare per chiedere vocazioni “sante”, ed insieme, senza mai dimenticarlo, supplicare Dio Padre di santificare le vocazioni che già ci sono (a partire da noi ovviamente!). Questo secondo impegno è strettamente legato all’apostolato della “riparazione”, anche se oggi è considerato fuori moda e sorpassato. La radice profonda della “riparazione” sta nella certezza che nessun peccatore è dimenticato dalla misericordia di Dio: Gesù è venuto per salvare i malati e non i sani. Ma come fare per correggere il male commesso, per sanare le ferite che ormai sono state inferte? Bisogna riparare. Per tutte le ferite inferte, e oggi più che mai amplificate con i mass media, per gli scandali che sciupano la veste “inconsutile” che Cristo ci ha lasciato, bisogna pregare, riparare ed impetrare perdono. Dio nella sua misericordia infinita perdona senza misura, ma vuole la nostra partecipazione. L’arte della missione riparatrice è nascosta e da sempre trova pochi cultori…

Ma è il segno dello zelo ardente per la salvezza delle anime. Il Primo Maestro ha affidato questo apostolato in modo particolare ai Discepoli del Divin Maestro e alle Pie Discepole, perché più connaturale alla loro vita umile e nascosta. Ma nessun paolino e nessuna paolina può dimenticarlo.

Vocazione per la Missione

Don Alberione voleva vocazioni perché nel mondo intero fosse annunciato il Vangelo di Gesù, perché ogni uomo creda in Gesù e sia battezzato, e così raggiunga la salvezza eterna. A che serve annunciare il Vangelo senza raggiungere il Paradiso? A che serve stampare vangeli e bibbie in tutte le lingue del mondo, se poi nessuno giungerà a fare la Comunione Eucaristica? L’evangelizzazione arriva al suo compimento quando gli uomini arrivano nella Chiesa a nutrirsi della Comunione Sacramentale. Per questo bisogna pregare davanti a Gesù Eucaristico per avere le grazie per l’apostolato. Perché le anime per cui preghiamo devono giungere all’Eucarestia. Don Alberione voleva vocazioni perché bruciava di ardore missionario: salvare gli uomini di oggi con i mezzi di oggi. Per questa missione servivano e servono ancora oggi cuori generosi e spiriti forti che sentano vivo nel cuore l’invito del Maestro Divino ad andare e fare discepole tutte le genti. Se non sentiamo nel cuore l’urgenza di salvare le anime, la sete di anime, anche la nostra vocazione diventa fredda e fiacca. Don Alberione valutava i progetti apostolici non in funzione delle forze, ma delle necessità. Contava quanti erano gli uomini che ancora non erano cristiani, quanti rischiavano la perdizione e su quello faceva progetti che ancora adesso ci fanno tremare. Anche oggi salvare le anime deve essere come un fuoco che infiamma e tocca i nostri pensieri, i nostri desideri, i nostri studi… Il Primo Maestro invitava ad avere davanti il mappamondo per la preghiera. Oggi probabilmente dobbiamo aggiungere un altro continente: quello digitale. Questo dimostra quanto attuale ed importante sia l’intuizione apostolica del Fondatore. Si deve andare a predicare lì dove sono gli uomini e le donne. Se oggi c’è il mondo dei “social”, allora è lì che dobbiamo andare a predicare.

Il fuoco si accende con il fuoco

Le vocazioni fioriscono dove l’amore per Dio arde ed infiamma i cuori di un incendio d’amore per la salvezza delle anime. Guai però ai fuochi di paglia. La vocazione si vede quando è messa alla prova. Quando non è più alimentata dalla preghiera e dal sacrificio, dall’unione con Dio, quello zelo rischia di raffreddarsi. Allora diventa incapace di ridonare ad altri quel fuoco interiore. Quanti paolini e paoline si sono lasciati infiammare dallo zelo missionario che traboccava dal Primo Maestro. Sono quei Paolini e Paoline che per tutta la vita hanno continuato a bruciare di zelo per la missione paolina e per tutta la vita hanno mantenuto viva quella fiamma. Sono quelle anime che sono liete di aver ricevuto la vocazione paolina e ripeterebbero tutto, per nulla pentite della scelta fatta e dimentiche delle fatiche, delle sofferenze che lungo gli anni hanno costellato la loro esistenza. Per questo sono capaci di infiammare altri per continuare e rinnovare la missione che il Signore ha affidato alla Famiglia Paolina. Questo è l’augurio che faccio a ciascuna Annunziatina: bruciare di zelo per Dio e per le anime, da infiammare anche chi incontra nel suo cammino.

Don Gino