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In questo tempo di conversione, di penitenza, di carità qual è la Quaresima, le riflessioni di chi vive da oltre trent’anni la vita di comunità ci possono essere di grande aiuto nel campo delle relazioni, campo dove si gioca la “prova del nove” del nostro Amore a Dio.
Nel libro edito dalla San Paolo, Pecore pesanti fratelli fluttuanti, Mauro Giuseppe Lepori (Abate Generale dei Cistercensi) condivide con i lettori quello che è l’ascolto dell’esperienza e del carisma di san Benedetto. Egli è il primo patrono d’Europa perché, pur avendo unicamente la preoccupazione di vivere lui stesso e di aiutare i suoi discepoli a vivere nella sequela di Cristo e del Vangelo nell’ambito delle comunità monastiche, ha compenetrato tutta l’Europa dell’umanità nuova che il cristianesimo ha reso possibile. Il tutto prende il via dall’inesauribile meditazione sulla misericordia di Dio. La misericordia di Dio è una luce che illumina tutta la realtà nel bene e nel male, e perché questo accada, la misericordia di Dio deve rimanere sempre accesa. È guardando Gesù, nel cui volto Dio si è fatto visibile, che abbiamo la luce della misericordia per capire la realtà, comunque essa sia, e avere con tutto e con tutti un rapporto giusto, vero come Dio lo vuole. Come risponde Gesù al rifiuto di voler vedere la misericordia? Continua a mostrare, mette più luce, mette ancora più a fuoco quello che la sua Parola e la sua persona stanno mostrando. Non si giustifica ma mostra di più. Per questo, quando il pastore della parabola lascia le 99 pecore nel deserto per andare in cerca dell’unica perduta, questo “abbandono” è in fondo un’opportunità per tutte le pecore del gregge. Tutte imparano la qualità dell’amore del pastore, vedono che se a perdersi fosse stata una di loro, il pastore avrebbe lasciato le altre anche per lei. Nel capitolo 27 della Regola, san Benedetto invita l’abate a prendersi cura del monaco perduto, ribelle, del fratello vacillante (fratrem fluctuantem) consolandolo perché giunga all’umile riparazione, affinché non sia sommerso da eccessiva tristezza. Gesù ci invita a fare della vita e dei rapporti un cammino di riconciliazione, se ce lo chiede è perché questa opportunità ci è offerta, è possibile sceglierla. Non solo perché la società sia più pacifica e umana, ma anche affinché tutti raggiungiamo il nostro destino, che è l’offerta, il dono di tutta la nostra vita al Padre che per primo l’ha donata a noi.
Rosaria G. |