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FEDELTA' ALLA VOLONTA' DI DIO

 

Carissime Annunziatine,

buon Anno a tutte voi, che sia ricco di grazie, fecondo di frutti di santità. Il Maestro Divino ci accompagna, giorno dopo giorno, per donarci abbondanti occasioni di grazia, e con divina sapienza le intreccia nella nostra esperienza quotidiana. Quando la nostra vita si fa una con la volontà di Dio anche le nostre croci, le nostre sofferenze, le nostre fatiche si uniscono alla Croce di Gesù, il solo che in pienezza ha realizzato la Volontà del Padre. Facendo ciò le anime consacrate realizzano la loro esistenza, cioè unificando la loro vita con quella di Gesù per compiere la Volontà del Padre: a) in modo comune, b) secondo le indicazioni del loro fondatore, c) approvate dalla Chiesa.

Vivendo in modo individuale non formerebbero un unico corpo e non sarebbero a immagine della Chiesa che è l’unico Corpo di Cristo. Vivendo diversamente dalla via indicata dal fondatore praticherebbero un carisma differente. Volendo vivere senza rispettare l’approvazione della Chiesa si finirebbe per mettersi fuori dalla comunione ecclesiale.

Lo Statuto nello spirito del Fondatore

Quest’anno il tema di riflessione proposto alle Annunziatine è “Lo Statuto”. Perché riflettere sullo Statuto? Semplice: per lasciarsi meglio santificare.
La parola “Statuto” indica le regole che abbiamo accolto e scelto nella Professione. Lo Statuto che regola la vita delle Annunziatine, non può essere vissuto in modo vitale senza considerare lo spirito del Vangelo così com’è stato proposto dal Fondatore. Per don Alberione, che spesso si esprime in modo estremamente sintetico, lo spirito dell’Istituto “si riduce in fondo a questo: vivere integralmente il Vangelo di Gesù Cristo Via, Verità e Vita, come interpretato da S. Paolo, sotto lo sguardo di Maria, Madre Maestra e Regina” (UPS, p. 61).

Noi siamo piccoli, perciò abbiamo sempre bisogno di nuove parole, di altre precisazioni. Non possiamo fare a meno di sempre nuove spiegazioni e approfondimenti per meglio comprendere e vivere questo. Ecco perché è utile riflettere e approfondire lo Statuto: per rinfrescare il nostro spirito, il modo di vivere come Annunziatine oggi. Ma soprattutto è utile per realizzare la nostra unione con la volontà Gesù: i Suoi desideri devono essere i nostri desideri, la Sua volontà deve diventare la nostra volontà, il Suo amore deve diventare il nostro amore uno con il Suo.

Le Regole

Si dirà: ma per questo basta la nostra buona volontà a vivere i precetti evangelici, perché c’è bisogno di altre regole? Questa è la storia della vita religiosa: le regole nascono per farlo in modo comune. Gli eremiti non hanno bisogno di regole perche vivono da soli, cercano solo Dio, vivono solo per Dio. Questo è un ideale molto bello, ma rimangono fuori due aspetti: la vita comune e l’attività apostolica. Per questi due aspetti abiamo bisogno di fare le cose in modo ordinato e concordato: per questo servono delle regole che siano semplici utili e pratiche. Sant’Agostino, in modo assai sintetico, affermava che per il Cristiano bastava una semplice regola: “Ama e fa ciò che vuoi”. Tuttavia per coloro che desideravano servire Dio in modo più pieno scrisse la “Regula ad servos Dei”. I suoi precetti sono pochi ed essenziali. La sua originalità sta nell’aver interpretato il monachesimo non come “solitudine” (la parola “monaco” viene da “monos”, cioè “solo”) ma come perfetta unione dei fratelli, in riferimento al dettato apostolico del “un solo cuore e un’anima sola” (At 4,32). Ben presto, però, per i monaci che seguivano questa regola le norme iniziarono ad aumentare per risolvere i problemi che man mano sorgevano. Questa è la sorte di tutte le Regole, gli Statuti, le Costituzione, etc. È una dinamica inevitabile che crescendo i regolamenti diventino sempre più precisi e dettagliati. Non dobbiamo preoccuparci di questo svilupparsi di normative, ciò che conta è di non dimenticare mai l’amore per Cristo, per noi, il desiderio di unione con Gesù e la carità verso i fratelli.

Aggiornamento

Appena costruita la Casa degli Esercizi di Ariccia, il Fondatore volle che nel 1960 si facesse, per i paolini più maturi, un corso di esercizi di una mese per rinnovare la conoscenza delle Costituzioni e dello spirito paolino. Ne abbiamo memoria nei volumi di “Ut perfectus sit homo Dei” (“Affinché sia perfetto l’uomo di Dio”, 2Tm 3,17). Don Alberione, negli anni immediatamente successivi, volle che anche le Figlie di San Paolo e le Pie Discepole facessero la medesima esperienza. Nel San Paolo del febbraio 1959, il Primo Maestro scriveva che si sarebbe trattato di «giorni di preghiera e di aggiornamento, allo scopo di vivere lo spirito genuino paolino». Nelle stesse pagine don Alberione annotava una precisazione che rimane utile anche oggi per noi: «Non è da aggiornare l’Istituto ai tempi, perché piuttosto li precede; ma da aggiornare noi stessi all’Istituto, in conoscenza, amore, vita, apostolato». Da quando sono in San Paolo mi sono sentito raccontare tante volte che don Alberione consigliava a chi andava ad iniziare altre Case Paoline nei vari paesi del mondo “di fare come si faceva ad Alba”, nel senso di mantenere lo stesso spirito degli inizi. Spesso lo si diceva per notare chi era rimasto sempre così, ma non sempre era un commento positivo. Talvolta si rischia di rimanere indietro, con un senso di mal compresa fedeltà, per fare le stesse cose in modo ripetitivo, ma senza intelligenza. Anche oggi siamo invitati ad aggiornare noi all’Istituto, allo Spirito Paolino e non il contrario. Onestamente è difficile desiderare riflettere e approfondire le normative perché il loro linguaggio la sinteticità ce li rendono ostiche, e spesso passato il Noviziato, tranne qualche raro caso, li lasciano riposare in pace. Risulta difficile considerare le regole o le normative come un testo spirituale. Spesso le norme le consideriamo come aride e tristi, tuttavia senza regole lo spirito di un Istituto si affievolisce. Del resto lo stesso Fondatore nel 1960 ad Ariccia osserva che «i canoni e gli articoli sono freddi come il marmo; ma ad essi si è data la vita spirituale» (cfr. UPS I, 311). Quest’anno ritornando a studiare e a meditare sullo Statuto, non si vuole fare una lettura continua e sistematica del testo che ci è stato affidato il giorno della Professione, quanto piuttosto cogliere quelle ricchezze spirituali che vi sono come imprigionate. Ci sono espressioni che nascondono e rimandano a ricchezze insospettate: queste devono essere meditate e fatte fruttare. Ovviamente ci sono anche normative che hanno solo un senso pratico e vanno semplicemente considerate come un modo di semplificare la vita dell’Istituto, oppure perché si rifanno alla normativa canonica della Chiesa Cattolica. Non sempre da queste occorre vedervi significati spirituali nascosti, basta praticarle con semplicità quando servono.

don Gino