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VEN. FR. ANDREA BORELLO
Non credevo fosse così facile farsi santo

 

Modello ai laici consacrati all’apostolato della comunicazione

Riccardo nasce a Mango, presso Alba (Cuneo), l’8 marzo 1916 da Giuseppe Stanislao Borello e Margherita Paolina Rivella. A poche settimane dalla nascita è già orfano di padre, caduto in combattimento nel corso della prima guerra mondiale. A nove anni segue la mamma, risposatasi con un contadino di Castagnole Lanze. All’inizio del 1933, nel giro di una settimana, perde il patrigno e la mamma ed è adottato dalla famiglia Perrone. Trascorre la giovinezza nella preghiera, nel lavoro accettato e offerto sull’esempio di san Giuseppe, come mezzo di santificazione propria e di redenzione dell’umanità. Milita con entusiasmo tra le file dell’Azione cattolica. A vent’anni, l’8 luglio 1936, assecondando la chiamata del Signore, entra nella Società San Paolo come aspirante Discepolo del Divin Maestro. «Leggendo la vita di Maggiorino Vigolungo – confida Riccardo – mi sono sentito attratto a farmi religioso paolino». Infatti, dopo un ritiro nella Casa della Società San Paolo, perviene alla conclusione che Dio lo chiama alla vita consacrata. Così la vita di Riccardo trova la direzione definitiva, inconsciamente cercata sin dall’infanzia e favorita da quanti gli sono vicini, a cominciare dalla mamma fino ai buoni contadini Perrone. Fin dal primo contatto, Riccardo lascia nei compagni impressioni indelebili. Uno di essi ricorda: «Pur avendo qualche anno in più di noi, ci salutò con molta cordialità e con incantevoli sorrisi. In brevissimo tempo ci conquistò tutti». Nel desiderio di rendere con la sua vita il massimo di gloria a Dio e di bene agli uomini si consacra totalmente all’apostolato delle edizioni. Nella Società San Paolo tutti i giovani, sin dal loro ingresso, sono avviati al lavoro. Riccardo avrebbe desiderato essere subito introdotto nell’attività allora specifica dei paolini: la stampa. Ma non lo dice e accetta invece di andare provvisoriamente a lavorare nell’orto della comunità. Ciò che importa per lui è il fatto di lavorare ormai nel “campo del Signore”, come operaio nella sua messe. Dopo il breve periodo nell’orto e poi nella cartiera, il superiore don Giaccardo gli chiede di cambiare lavoro, passando alla calzoleria. Pregando, Borello comprende che non esiste lavoro estraneo all’apostolato della evangelizzazione; Gesù stesso lavorò per vent’anni da falegname e lavorarono anche san Giuseppe, Maria e san Paolo. E così fa il calzolaio per tutta la vita, mai considerando il lavoro come un peso; abituato più a dare che a ricevere, qualunque lavoro è per

lui “fare apostolato” per la gloria di Dio e per il bene delle anime, collaborando con i sacerdoti paolini all’opera di evangelizzazione con i mezzi della comunicazione sociale, anche nei modi più umili. Il 7 aprile 1938 don Giacomo Alberione accoglie la prima professione religiosa di Riccardo, che da quel momento prende il nome di Andrea Maria. Nel vivace ambiente di quel tempo il giovane che passa dalla preghiera al lavoro, dallo studio alla distensione, con una compostezza e uno stile di vita davvero edificanti per tutti, attira l’attenzione di tutti. Ogni settimana egli consulta il suo direttore spirituale sul cammino di fede da percorrere.
Il suo distacco dalle cose è pari alla purezza del suo rapporto con le persone: sereno, trasparente, generoso, capace di totale dedizione, e allo stesso tempo prudente e serio. Inflessibile sulle norme di rispetto per le persone, Andrea è sempre attento ai bisogni degli altri e ha un tatto squisito e un dono speciale nel far presente ai fratelli gli inconvenienti da evitare o i comportamenti da rettificare, ponendosi di fronte a ciascuno con un’umiltà disarmante. D’altra parte, sapendo di avere un temperamento forte, è sempre disposto a lasciarsi correggere umilmente. La sua pazienza è contagiosa, capace di rimettere in piedi l’umore dei fratelli, restituendo loro fiducia in se stessi e negli altri. Nel suo grande amore alla vocazione e alla Congregazione, ottenuto il consenso del suo direttore spirituale, fa speciale offerta della propria vita in sacrificio a Dio per la perseveranza delle anime consacrate, perché tutti i chiamati siano fedeli alla grazia della loro vocazione. «Nel marzo 1948 si disse la parola definitiva – afferma il suo direttore spirituale, don Giovanni Battista Roatta – e, col mio consenso, Fratel Borello fece l’offerta eroica della sua vita.
Poiché in quel periodo la sua salute era invariabilmente buona io non pensai che Dio avrebbe accettato con tanta premura l’offerta semplice e totale del suo discepolo». Invece Gesù Maestro accoglie l’offerta del suo Discepolo buono e fedele. All’alba di sabato 4 settembre 1948, il suono della campana nella casa sanatoriale di Sanfrè fa sobbalzare dal sonno la comunità. In quel medesimo istante rende l’anima a Dio fratel Andrea Borello. «Questa morte – dice il medico che lo ha in cura – costituisce per me una grande meraviglia: qui si muore sorridendo». Infatti, fratel Andrea muore con un sorriso sulle labbra e con gli occhi spalancati, fissando il quadro della Madonna che pende di fronte al letto, e… nessuno ha il coraggio di guastare questo atteggiamento. Umili natali, orfano a pochi mesi dalla nascita, una adolescenza travagliata, scarsissima cultura profana, una catena di lutti e di traslochi; poi una scelta delle più impegnative in un clima di fondazione gravido di lavoro e di sacrifici: dov’è la grandezza di fratel Borello? Nella condotta esemplare. Andrea Borello è meraviglioso nelle piccole cose. E il fondatore stesso dichiarava: «Per giudizio unanime, Fratel Andrea Maria Borello merita di essere glorificato e proposto come esempio a tutti coloro che si consacrano all’apostolato dei mezzi della comunicazione sociale, ma in modo particolare ai fratelli Discepoli della Pia Società San Paolo, che sono come la spina dorsale della congregazione e che hanno una parte importante nell’apostolato delle edizioni».

Attualità

Un giovane di 32 anni consacrato a Dio, che lascia questa vita affetto da un male allora incurabile, fissando con amore un’immagine di Maria, oggi non farebbe notizia. Come pure non farebbe notizia un religioso che dedica umilmente la sua vita al servizio di Dio prima in una cartiera, poi esercitando il lavoro di calzolaio. Ma che cosa ha mosso fratel Andrea Borello in tutta la sua vita? Senz’altro il desiderio profondo di donazione a Dio e di bene per le anime. Tra i tratti che caratterizzano l’attualità e la santità paolina di fratel Andrea M. Borello, si possono ricordare i seguenti. Umanità, vicinanza, amicizia. Fratel Borello è stato un uomo di comunione, capace di amicizia vera, di donazione per l’altro, di obbedienza pronta e sincera. Queste sono cose d’altri tempi per chi ama l’individualismo e l’indipendenza a tutti i costi, ma non lo sono per chi decide di seguire il Signore portando la croce con umiltà e mitezza di cuore. Papa Francesco esorta i cristiani, specie i giovani, ad andare controcorrente, a non lasciarsi rubare la speranza e a percorrere le strade fino alle estreme periferie in compagnia di Cristo povero. In questo senso la vita donata di fratel Borello è attuale e sfidante: contemplativo in ogni situazione, desideroso di autentica santità per sé e per tutti, non teme il dolore e la morte purché Cristo sia predicato. Vita umile e nascosta. Egli ha sempre desiderato di lavorare in prima linea alla diffusione del vangelo mediante l’apostolato diretto della buona stampa, e invece deve rimanere nelle “retrovie”, impiegato nei servizi più umili e pesanti: orto, cartiera, calzoleria… Silenzioso e pronto a organizzare giochi e sport. Amante della preghiera e grande lavoratore. Proveniente da una famiglia umile e testimone diretto delle sofferenze che la vita può riservare, impara presto a fidarsi di Dio, a seguire la via tracciata da Gesù Cristo e a benedire il Signore in ogni circostanza fino all’ultimo giorno della sua esistenza. La ricerca dell’umiltà e del timore del Signore lo ascrivono tra i saggi e gli amici di Dio.
Piena consegna alla missione. Dedica tutte le proprie energie e tutto il proprio tempo al lavoro che gli è assegnato, anche se “un po’ pesante”, egli ammette. Pur non incontrando mai i destinatari del suo apostolato, fratel Borello predica a molti con la testimonianza di una vita nascosta con Cristo in Dio e con il profondo desiderio e l’umile collaborazione personale perché molti conoscano Gesù Cristo Maestro di Verità e di Vita. Convinto di contribuire con il suo lavoro alla missione della Chiesa universale per la salvezza del mondo, vi s’impegna con tutte le forze fino all’offerta della vita per i chiamati e per la loro perseveranza; un’offerta eroica che il Signore accetta. Una vita da fratello consacrato. Andrea vive la consapevolezza di condividere da consacrato, fianco a fianco con i sacerdoti, la missione dell’evangelizzazione con un apostolato largo, moderno, aperto su tutte le vie del mondo, impiegando tutti i mezzi delle moderne tecnologie affinché il Cristo diventi realmente il Maestro da tutti conosciuto, seguito e amato.
Egli non fa in tempo a vedere con i propri occhi gli sviluppi delle tecniche di comunicazione, che apriranno orizzonti inimmaginabili alla predicazione del messaggio evangelico e alla promozione umana, né può vedere quali alte funzioni svolgeranno i suoi fratelli Discepoli del Divin Maestro nelle opere apostoliche della Congregazione. Nonostante l’apparente modestia del suo contributo nei lavori più umili, egli è sempre convinto – e a ragione – che sta servendo all’evangelizzazione del mondo non diversamente dai suoi fratelli impegnati in primo piano, sotto i riflettori dell’opinione pubblica, sui pulpiti più alti della pubblicistica e del magistero. Così egli rimane per tutti un punto di riferimento e un invito a considerare le prospettive aperte oggi alla missione dei laici consacrati.
Santità accessibile
a tutti. Soprattutto, Riccardo Andrea Borello indica alla gente del nostro tempo una “via” di santità accessibile a tutti. Egli infatti è una persona “comune”, d’intelligenza media. Non è un teologo, né un laureato, né un artista o un intellettuale. È una persona di cultura scolastica elementare, ma di alta sapienza soprannaturale. Ha capito che basta poco per diventare grande agli occhi del Signore e santo di fronte al suo popolo: basta credere davvero nel vangelo, seguire fedelmente il cammino di Gesù, consistente nel praticare le virtù umane e cristiane, amando Dio in ogni cosa e sopra ogni cosa, e cercando il bene del prossimo nel quotidiano. È il modello vivente di quella santità proposta più volte da papa Francesco, che chiede che “la nostra luminosità non provenga da trucchi o effetti speciali, ma dal nostro farci prossimo di chi incontriamo ferito lungo il cammino, con amore, con tenerezza”.

Alcune sue frasi

«Ho cercato di conservarmi sempre buono: ora, per lavorare solo per il Signore e farmi più buono, desidero farmi religioso nella Società San Paolo». «L’obbedienza fu il segreto della mia vita! ». «Non credevo fosse così facile farsi santo». «Ho solo una cosa che mi addolora molto: è il fatto che alcuni non sono fedeli alla loro vocazione». «Se non siamo solleciti a impiegare bene il tempo, viene il demonio, se lo ruba lui e, tra l’altro, manchiamo pure di povertà... Scusami, sai, ma i Superiori bisogna ascoltarli e amarli, perché sono i veri rappresentanti di Dio. E bisogna pregare per loro. Se si è con i Superiori, si è sicuri di fare la volontà di Dio... Sì, il lavoro che stiamo facendo (in cartiera) è un po’ pesante, ma ogni badilata di pasta che solleviamo è un foglio di carta su cui verrà stampata la Parola di Dio e portata alle anime». Sul letto di morte: «Mi aiuti a morire da santo. Non ho coscienza di aver perduto tempo nella mia vita. Rinnovo l’offerta della mia vita per la fedeltà di tutti i chiamati».

Hanno detto di lui

Beato Giacomo Alberione: «Nella luce di san Giuseppe, Fratel Andrea Maria Borello si fece premura di informare tutta la sua vita di una intensa pietà riparatrice, di un abituale raccoglimento e silenziosità, di una serena docilità nella partecipazione generosa all’apostolato mediante la tecnica e la propaganda, di una costante tensione verso la perfezione paolina». «L’umiltà e la carità hanno caratterizzata, con la pietà, la sua vita che egli offrì al Signore per le vocazioni. Dal Tabernacolo ebbe particolare luce sull’apostolato delle Edizioni, al quale consacrò tutte le forze. Dalla morte il suo ricordo fu sempre più largo e più sentito, insieme alla fama di santità con l’invocazione fiduciosa, in tante necessità». Su una immaginetta: «Eccovi un Discepolo Paolino modello: modello di pietà, modello di obbedienza, modello di apostolato, modello di osservanza, modello per lo spirito paolino. “Chi si umilia sarà esaltato”».

La causa di canonizzazione

Morto a Sanfrè il 4 settembre 1948, la salma di fratel Borello venne traslata dal cimitero locale alla cappella dell’Istituto nel cimitero di Alba il 4 novembre 1959, e successivamente nel tempio di San Paolo della città, dove riposa attualmente. La Causa di beatificazione e canonizzazione fu promossa da don Giacomo Alberione in occasione del 50° di fondazione della Congregazione. Il Processo ordinario ebbe inizio ad Alba il 31 maggio 1964 e venne chiuso il 23 giugno 1969. I cambiamenti della procedura introdotti dalla Congregazione delle cause dei santi comportarono per la causa un consistente rinvio e un processo aggiuntivo, dal 14 febbraio al 6 luglio 1984, per arricchire le testimonianze. La Congregazione dichiarò la validità del processo il 27 marzo 1987, e il 9 giugno 1989 il Congresso peculiare dei consultori teologi espresse il voto favorevole sulle virtù eroiche del servo di Dio. Superato l’esame della Sessione ordinaria dei cardinali e vescovi, Andrea M. Borello venne dichiarato “venerabile” il 3 marzo 1990 con la solenne firma del decreto da parte di Giovanni Paolo II. Ora è necessario un miracolo riconosciuto e approvato dalla Chiesa, attribuito alla sua intercessione, per arrivare alla beatificazione.

Pèrez Antonio José, ssp

 

Preghiera

Padre, che per comunicare il tuo amore
hai mandato Gesù Cristo Maestro, Via, Verità
e Vita, per l’intercessione del venerabile Andrea
Borello, fa’ che i mezzi della comunicazione
sociale promuovano la tua gloria e il bene
della società.

Per l’offerta della sua giovane vita da Discepolo del Divin Maestro sull’esempio di san Giuseppe, moltiplica i consacrati impegnati nell’evangelizzazione e suscita tra i credenti una viva collaborazione affinché il messaggio del Vangelo plasmi l’attuale cultura della comunicazione. Glorifica nella Chiesa questo tuo fedele discepolo, e per sua intercessione concedimi la grazia che ti chiedo …
Gloria al Padre…

Per comunicare grazie ottenute e chiedere
informazione e ricordi: Postulatore Generale della
Famiglia Paolina – Via Alessandro Severo 58
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