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Carissime,
il calendario liturgico di Novembre ci porta, come l’autunno inoltrato, una ricchezza di frutti. Per cominciare festeggiamo tutti i Santi e commemoriamo tutti i Fedeli defunti: siamo invitati ad aprire le nostre anime all’eternità e a contemplare nei Cieli aperti la Gloria di Dio (cfr. At 7,56) passando per quella “porta” che san Francesco nel Cantico delle creature indica come “nostra sorella morte corporale”, e per la quale osa sfrontatamente affermare “laudato si’, mì Signore”. Per noi Paolini è anche tempo di festeggiare la nascita al cielo del nostro amato Fondatore il 26 novembre. Siamo poi invitati a celebrare, oltre alla Presentazione della B.V. Maria al Tempio, una serie di “dedicazioni” di Basiliche e Chiese: le basiliche Lateranense, di S. Pietro e di San Paolo (per i Paolini il Tempio di San Paolo in Alba e in Roma il Santuario Regina degli Apostoli, la Chiesa del Divin Maestro). Il ricordare da parte di ogni diocesi, nel declinare dell’anno liturgico, la dedicazione delle Chiese non è una sequenza casuale, è un invito alla piena consacrazione dello spazio, del tempo, della nostra anima a Cristo nostro Signore. Due sono gli elementi su cui invito a meditare. 1) La vita oltre la morte che nella Liturgia e nell’Eucaristia già celebriamo e partecipiamo. 2) “Essere dedicati”, consacrati al Signore sul modello di Maria. Tuttavia questo secondo tema non sarà sviluppato in questa Circolare.
Ogni Mistero, che la Chiesa con materna pedagogia ci sollecita a celebrare lungo l’anno, ha la sua radice e la sua pienezza nella Celebrazione Eucaristica. Nella parte finale di ogni Preghiera Eucaristica c’è il “Memento” (cioè il ricordo) dei fedeli defunti, lì troviamo ogni giorno quello che all’inizio di Novembre celebriamo in modo più manifesto e solenne. La parola “solenne” significa infatti “ciò che si celebra una volta all’anno”. Per semplicità riportiamo solo il testo che il sacerdote prega nella Preghiera Eucaristica II: «Ricordati dei nostri fratelli, che si sono addormentati nella speranza della risurrezione e di tutti i defunti che si affidano alla tua clemenza: ammettili a godere la luce del tuo volto. Di noi tutti abbi misericordia: donaci di aver parte alla vita eterna, insieme con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, con gli apostoli e tutti i santi, che in ogni tempo ti furono graditi: e in Gesù Cristo tuo Figlio canteremo la tua gloria». Il celebrante supplica Dio Padre di “ricordare” due categorie di defunti: i “nostri fratelli” e “tutti i defunti”, e poi continua chiedendo di donare anche a noi la vita eterna con “tutti i santi”. Noi, i defunti e i santi siamo profondamente relazionati, ed è per questo che non |
possiamo vedere come disgiunte le celebrazioni di “Tutti i Santi” e dei “Fedeli defunti”. Nella catechesi pastorale si sottolinea che celebriamo tutti i Santi di cui non si fa una memoria esplicita in un giorno particolare dell’anno, poiché per quelli di cui ricordiamo il nome in modo esplicito ci sono altri giorni. Ma lo stesso vale anche per i defunti, siamo invitati a ricordare quelli di cui non ricordiamo o non conosciamo i nomi, poiché dei nostri cari facciamo particolare memoria nel giorno della loro dipartita da questa terra. Per questo motivo siamo invitati nella carità a pregare per “tutti” i fedeli defunti e non solo per quelli che ci sono cari o che abbiamo conosciuto, esattamente come nella solennità di tutti i santi festeggiamo tutti i Santi (anche quelli che solo Dio conosce per la loro santità), e non solo coloro che festeggiamo perché i loro nomi sono iscritti nel calendario dei Santi.
Tutto questo rispecchia l’Eucarestia nella sua celebrazione, e in quanto Corpo di Cristo. Non possiamo dimenticare che la Chiesa è composta di tre parti: militante, trionfante e purgante. Il “memento” della prece eucaristica non è solo un momento di una preghiera, ma rivela la Chiesa come Corpo mistico che prega, impetra e gioisce con tutti i suoi membri: quelli che sono già nella Gloria di Dio e di cui noi stessi aspiriamo a fare parte per gioire insieme, e per questo li celebriamo e onoriamo; quelli che sono ancora in purificazione e con noi attendono di essere ammessi alla luce del volto di Dio; ed infine noi che qui sulla terra celebriamo questi momenti in comunione con i Santi e gli angeli in Cielo e per questo già partecipiamo della Comunione Eucaristica e chiediamo ai Santi di venire in aiuto delle nostre debolezze e miserie. Nella Preghiera Eucaristica anche noi chiediamo assieme ai fedeli defunti che ancora non sono in cielo di essere purificati, così essere trasformati, cioè “deificati” per poter accedere alla Gloria celeste e, con l’aiuto dei Santi nella Patria celeste. La Chiesa terrena prega per le anime che hanno ancora bisogno della nostra carità nella preghiera. Allo stesso modo avviene anche quando la Chiesa prega per coloro che, in quanto peccatori e ancora sulla terra, non possono partecipare all’Eucarestia fino a quando non siano rimesse le loro colpe.
Queste due Celebrazioni sono anche un esercizio delle virtù teologali, e non potrebbe essere diversamente visto che la vita cristiana è continua pratica di fede speranza e carità. Qualcuno potrebbe dire: ma come può essere, considerato che loro non sono più tra noi? In realtà essi sono ancora tra noi, ma in modo non visibile ai nostri occhi, né sensibile ai nostri sensi. Questo è esercizio di “Fede” nella “comunione dei Santi” e nella “resurrezione della carne” in quanto creduta e testimoniata: quello che diciamo nel “Credo” qui lo celebriamo e lo testimoniamo al mondo. È esercizio di “Speranza” poiché quello che con gli occhi non vediamo, lo speriamo e lo testimoniamo per noi: nella speranza siamo certi di ottenerlo per i nostri cari defunti per il prezioso sangue di Cristo. Nonostante i peccati la speranza sa che la misericordia di Dio è più grande di ogni nostro limite e di ogni nostra macchia. E la “Carità”? Questa deve esserci sempre, anche in cielo. Se i Beati in Paradiso sono oltre la nostra fede e speranza, assieme a noi esercitano la carità nel venire incontro alle nostre preghiere, per questo sono “intercessori”: la carità divina che li infiamma in pienezza li spinge ad aiutare i fratelli che non sono ancora nella Patria eterna.
Per noi la carità si manifesta in modi diversi: in affetto gioioso per i santi in cielo, in carità operosa per i fratelli in Cristo che sono con noi su questa terra, e in carità premurosa e impetrante per quanti sono in stato di purificazione. Pregare per tutte le anime defunte, per le più bisognose e non solo quelle che abbiamo conosciuto o di cui siamo in debito di riconoscenza è esercizio di carità, secondo la potenza della preghiera per il sangue di Cristo e la materna intercessione di Maria e con l’aiuto di tutti i Santi. È carità che si attua nella comunione di tutto il Corpo mistico. Nessuno prega da solo, nessuno ama in solitudine, poiché in Cristo siamo un unico corpo che non si dimentica di nessuna delle sue membra. Senza aggiungere altro sull’argomento vi invito a riflettere sulla devozione alle anime purganti che il Primo Maestro ci ha affidato nel libro delle Preghiere. Ancora una nota sul titolo “tutti i fedeli defunti”. E per quelli che non sono fedeli, per loro non preghiamo? La liturgia qui ci è saggia maestra, perché con precisione ci ricorda qual è l’estensione della Chiesa come corpo di Cristo: è necessario far parte del suo corpo, essere in comunione e partecipare dell’Eucaristia. Il 2 di Novembre, come pure in ogni Celebrazione Eucaristica, la preghiera imprescindibile è per i battezzati in Cristo: solo con il battesimo infatti siamo incorporati in Cristo. In realtà neppure possiamo ricordare nella Preghiera Eucaristica i nomi di coloro che non sono stati battezzati: non possiamo dire che sono nostri fratelli nella fede. E allora per loro non possiamo pregare? Certamente! ma questo va oltre il contenuto che la Chiesa ci invita a celebrare nella fede, cioè di cui siamo certi che la preghiera sarà esaudita. La carità va oltre, come pure la speranza della Chiesa.
Non a caso ho scelto il testo della Seconda Preghiera Eucaristica che così riporta: “e di tutti i defunti che si affidano alla tua clemenza”. Per loro non sappiamo come la grazia divina potrà agire in efficacia, ma ci affidiamo all’infinita misericordia del Padre che opera oltre la storia e il tempo. Su questo argomento verrà il tempo di comprendere qualcosa di più con il dono dato a sr. Ermina Brunetti, fsp, di liberare e catechizzare le anime anche dopo la morte. Per ora osserviamo come la Chiesa nella sua più alta ed intima preghiera al Padre parli di defunti che si affidano alla sua clemenza, senza altre determinazioni. L’unica condizione valida per tutti è abbandonarsi alla misericordia di Dio. Quindi possiamo e dobbiamo pregare per tutti, anche per i defunti che non potremo mai conoscere su questa terra, anche per coloro di cui non sappiamo come potrà raggiungerli la grazia divina perché durante la loro vita non sono stati toccati dalla potenza di Cristo e dal Sangue di Gesù e così divenire partecipi del suo Corpo mistico.
Forse a qualcuno tutto ciò potrà sembrare un esercizio di dottrina, ma pensate se i vostri genitori, i vostri fratelli, o i vostri figli e i vostri amici non fossero battezzati e dunque esclusi dalla salvezza eterna: non vi fareste qualche domanda per la carità che vi lega a loro? E la Chiesa che è sacramento universale di salvezza non dovrebbe preoccuparsi per tutti gli uomini che desiderano o hanno desiderato la salvezza? Qui si esprime la nostra fede e speranza per la risurrezione della carne che professiamo nel “Credo” e a cui misteriosamente allude san Paolo “Se così non fosse, che cosa farebbero quelli che si battezzano per i morti? Se assolutamente i morti non risorgono, perché si fanno battezzare per loro?” (1Cor 15,29).
Don Gino
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