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LA COMUNICAZIONE NELLA CHIESA
E NELLA FAMIGLIA PAOLINA
(5)

 

Riportiamo la quinta parte dell’intervento del Superiore Generale Don Valdir Josè De Castro del 5 novembre 2016 alle Annunziatine, in occasione del corso sulla Comunicazione. Il testo è una trascrizione dell’audio non rivisto dall’autore.

Il nostro carisma è la comunicazione e il riferimento, ossia ciò che dà colore alla nostra vita, alla nostra spiritualità e al nostro modo di essere dentro la Chiesa e nel mondo, è l’apostolo Paolo. Ora vogliamo vedere cosa significa comunicare secondo Paolo, cosa noi come famiglia Paolina possiamo fare in questo mondo... Guardiamo Paolo che scrive dalla prigione, che comunica. Paolo dava molta importanza alla comunicazione interpersonale, lui scriveva quando non era possibile andare a visitare le comunità.
San Paolo, ha scritto Benedetto XVI, non sapeva parlare molto bene. I risultati apostolici che ha potuto tenere non sono dovuti a una brillante retorica, il successo del suo apostolato è soprattutto nel suo impegno personale di annunziare il Vangelo con totale dedizione a questo abbandono che non temeva pericoli di persecuzioni. Da quando io sono entrato dai Paolini ho sempre immaginato Paolo con il microfono, con una folla davanti… ma studiandolo ho visto che Paolo non era cosi, Paolo non era un grande oratore nel senso che noi intendiamo oggi, era timido. Papa Benedetto XVI ne parla in questo libro che raccoglie le catechesi dell’anno paolino: San Paolo non sapeva parlare molto bene non era un grande oratore, non usava molto la retorica, lui era timido, gli tremavano le gambe talvolta quando stava davanti alla folla… (lo dice nella Lettera ai Corinzi). Però il successo del suo apostolato è soprattutto nel suo impegno personale di annunziare il Vangelo con totale dedizione a Cristo.

E qui abbiamo già qualcosa che ci aiuta a capire Paolo: abbandono che non temeva pericoli di persecuzione. Paolo parla così ai Corinzi: “Anch’io fratelli quando venni tra voi non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola e della sapienza, mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione, la mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza ma sulla manifestazione dello spirito e della sua potenza” (1Cor 2,1-4). Infatti, i Corinzi dicevano che le sue lettere erano dure e forti ma la sua presenza fisica “debole” e la parola “dimessa”. Paolo non era un comunicatore come quei falsi apostoli, di cui parla nelle sue lettere, i falsi apostoli che usavano la retorica, si presentavano bene, volevano in qualche maniera approfittare della comunità. Paolo non era un comunicatore che usava lo spettacolo, che già in quell’epoca si usava, certo non come oggi. Paolo non aveva come obiettivo quello di sedurre le persone con il linguaggio né con la retorica o con segni appariscenti, come facevano i falsi apostoli che cercavano di ingannare il popolo.
Paolo non era un comunicatore di questo tipo… non comunicava facendo spettacolo con i mezzi, né amava stare davanti alle folle… egli era un grande comunicatore in un altro senso. Paolo parla di quei falsi apostoli, questi tali sono falsi lavoratori fraudolenti che si mascherano. Che cos’è la maschera? È spettacolo, nello spettacolo si usa mettere la maschera. In realtà, Paolo sta dicendo ai Corinzi: voi sopportate chi vi rende schiavi, chi vi divora, chi è arrogante chi vi colpisce in faccia; egli attira l’attenzione della comunità che si lascia ingannare da queste persone che si travestono derubandola. Paolo non usa questi metodi, egli è un grande, un grandissimo comunicatore ed è questo un riferimento ai comunicatori di oggi, a noi Paolini, alla Famiglia Paolina e a tutta la Chiesa. L’apostolo Paolo ha saputo radunare persone attorno a sé, al suo progetto missionario e programmare un lavoro articolato ed efficace di propaganda. È stato un ottimo organizzatore e un sapiente pianificatore, leader carismatico di equipe missionarie: è ciò che manca a noi Paolini! Paolo ha creato una vera rete di comunicazione coinvolgendo persone e comunità. Non so se è chiaro: una cosa è un comunicatore “spettacolare”, un’altra cosa è il comunicatore capace di creare comunione. Paolo è un grande comunicatore perché ha cercato in tutta la sua vita di creare comunione.
Guardiamo ora un aspetto molto interessante di Paolo, cioè il suo sforzo di costruire comunità, di costruire fraternità. Come Paolini noi guardiamo poco questo aspetto di Paolo. Talvolta noi parliamo molto – e dobbiamo parlare, è bene – dell’aspetto di Paolo apostolo, ma talvolta parliamo poco di Paolo come il santo della fraternità. Molto prima di San Francesco d’Assisi, Paolo è il santo della fraternità, dopo Gesù è evidente. Se noi guardiamo tutte le sue Lettere dappertutto parla di rapporti umani. Perché? Perché una comunità cristiana deve vivere nella comunione, nella fraternità. Ricordate la seconda Lettera ai Corinzi quando Paolo dice: “Voi dovete essere ministri di riconciliazione”. Io penso ad ogni membro della Famiglia Paolina “come ministro della riconciliazione”, dovremmo essere così nella Chiesa se noi diciamo che siamo Paolini, Paoline… Come membri della Famiglia Paolina cosa abbiamo di Paolo in noi? Io ho lavorato quattro anni in Argentina, Cile e Perù. In quei luoghi c’erano molte Annunziatine che mi chiedevano: ma noi cosa facciamo di paolino, di lavoro, di apostolato paolino? La riflessione che facevo con loro era questa: ma nello Spirito di Paolo quante cose si possono fare? Talvolta pensiamo che possiamo fare solo l’apostolato della comunicazione con i mezzi della comunicazione, ed è vero, la radio, la tv… ma la comunicazione va oltre. L’apostolo Paolo valorizzava molto i rapporti umani, le lettere che scriveva quando era lontano dalla gente, quando non poteva andare o perché non era quello il momento di andare o perché era in prigione, quello che scriveva non si sostituiva alla sua persona… Paolo è una persona soprattutto di rapporti.
Se prendiamo la Lettera ai Romani al capitolo 16, c’è un elenco di una trentina di persone, nomi di uomini e di donne. Paolo creava una rete, la Chiesa è nata come rete, oggi parliamo di reti digitali, ne parliamo tanto ma la Chiesa nasce come rete umana, senza le strade digitali come le abbiamo oggi. C’era la via Appia, e tante altre strade che l’Impero romano aveva costruito… in questo senso Paolo era un grande comunicatore! Il suo modo di comunicare lo aiutava nel suo lavoro pastorale. Leggiamone alcuni aspetti [probabilmente tratti dal libro di Perego-Mazza citato più avanti]. “Alcune caratteristiche paoline: la capacità di ascolto di Paolo che si traduce in un continuo processo d’incarnazione del Vangelo nelle diverse culture, la sua capacità di costruire interazioni cooperative coinvolgendo nell’annuncio uomini e donne che insieme con lui diventino protagonisti nella costruzione delle prime comunità, inaugurazione di uno stile missionario totalmente nuovo, articolato strategicamente mediante una rete di siepi domestiche che dalle grandi città del Mondo mediterraneo si estende in tutto l’Impero, la flessibilità di valorizzare ogni situazione, ogni esperienza e ogni mezzo, trasformandoli in occasione preziosa per comunicare il Vangelo, sono alla base di tutta l’esperienza viva del Cristo crocefisso morto e risorto che Paolo comunica non come un insieme di concetti astratti o di ricordi ricevuti ma come un’esperienza dinamica e coinvolgente che lo inabita”. È questo che rende Paolo il grande comunicatore anche se non lo era in senso spettacolare ma nella semplicità, anche nello scontro che sappiamo può far parte del processo, egli dava i consigli: l’amore, il perdono, la misericordia, l’essere ministri della riconciliazione. Ogni membro deve vivere l’amore di Dio manifestato in Gesù concretamente con i fratelli. E poi se consideriamo la divisione di cui San Paolo parla nella prima Lettera ai Corinzi, dove ribadisce che “Cristo è vivo”, cercando così di unire la Comunità: questa è comunicazione, creare comunione questo sforzo continuo di creare comunione. Queste riflessioni che io facevo stando dall’altra parte dell’Atlantico le ho poi ritrovate nel libro: “Paolo una strategia di annuncio” del nostro Paolino Giacomo Perego e del teologo Giuseppe Mazza. Libro che non avevo letto: ne sono rimasto contento perché erano cose che pensavo e che avrei voluto scrivere. Non è molto recente, è stato pubblicato nel 2009, però ancora molto attuale.

Don Valdir Josè De Castro, ssp